In Francia il tema della sostituzione di popolo incendia le presidenziali

Dopo Eric Zemmour e Marine Le Pen, anche la moderata Valérie Pécresse cita il «grand remplacement», ovvero la colonizzazione di popolo tramite l’immigrazione di massa. I media insorgono e spingono Macron. Ma anche lui, in privato, pare sia ossessionato dall’espressione.
Galeotto fu il «grand remplacement». I commentatori politici francesi sono angosciati: nella campagna elettorale per le presidenziali di aprile non si parla d'altro che della «grande sostituzione». L'ultima a farvi accenno è stata la candidata della destra moderata, Valérie Pécresse, che alla sua prima grande uscita pubblica, qualche giorno fa allo Zénith di Parigi, ha così arringato la folla: «Tra dieci anni saremo ancora la settima potenza del mondo? Saremo ancora una nazione sovrana o degli ausiliari degli Stati Uniti, delle succursali della Cina? Saremo ancora una nazione unita o una nazione deflagrata? Di fronte a queste questioni vitali, nessuna fatalità. Né di fronte al grande declassamento, né di fronte alla grande sostituzione». Apriti cielo. Persino il New York Times ha titolato: « In Francia, una teoria del complotto razzista fa il suo ingresso nel mainstream». Parlare dell'immigrazione in termini di sostituzione di popolo, infatti, viene considerato dai commentatori francesi e internazionali né più e né meno che un espressione di nazismo esplicito. Eppure, in questa campagna elettorale, tre candidati su quattro ne fanno uso (gli altri, quelli a sinistra di Macron, non hanno praticamente speranze di contare qualcosa). Della Pécresse abbiamo appena detto. Eric Zemmour ne fa un pilastro della propria narrazione ed è sicuramente il candidato che sposa più fortemente lo slogan e la relativa ideologia. Marine Le Pen ha con questo concetto un rapporto più sfumato: nel 2014 disse che l'espressione le ricordava una teoria del complotto e per questo non la faceva sua, preferendo puntare più su argomenti economici. Il Rassemblement national, tuttavia, resta fortemente critico nei confronti dell'immigrazione e, anche sulla spinta della concorrenza di Zemmour, è tornato a cavalcare l'argomento per non farsi superare a destra. Resta Emmanuel Macron, che ovviamente ha buon gioco nel recitare la parte del candidato responsabile contro gli xenofobi alle porte della Repubblica. Eppure, almeno a sentire Marc Endeweld, giornalista e autore del libro inchiesta sul presidente francese, Le grand manipulateur: Les réseaux secrets de Macron, l’inquilino dell’Eliseo non solo userebbe l’espressione in privato, ma ne sarebbe addirittura «ossessionato». Facciamo allora un passo indietro: che cos’è e dove nasce la teoria della grande sostituzione? La Wikipedia francese non aiuta, dandone una definizione del tutto faziosa: «La grande sostituzione è una teoria del complotto di estrema destra introdotta nel 2010 dallo scrittore francese Renaud Camus e che, basandosi su principi xenofobi e razzisti, afferma che esisterebbe in francia un processo di sostituzione della popolazione francese ed europea da parte di una popolazione non europea, originaria in primo luogo dell’Africa subsahariana e del Maghreb». Nella Wikipedia italiana la voce non esiste, ma in compenso ne parla la Treccani, anche qui accumulando luoghi comuni e imprecisioni: «Teoria complottista secondo cui l’immigrazione di massa in Europa non è frutto di un moto spontaneo, ma risponde a un deliberato piano di sostituzione delle popolazioni europee bianche e di fede cristiana con quelle provenienti da altri continenti, prevalentemente di fede musulmana». Una delle poche informazioni esatte ricavabili da tali definizioni riguarda l’autore: l’autore dell’espressione «grand remplacement» è in effetti lo scrittore Renaud Camus, che non ha peraltro alcun pedigree di estrema destra. A suo tempo, anzi, quando raccontava con prosa ruvida dei suoi incontri gay occasionali, era celebrato dall’intellighenzia: la sua unica opera tradotta in italiano è tuttora Tricks, basata esattamente su quel tipo di esperienze, e reca l’autorevole prefazione di Roland Barthes. Contrariamente a quanto si legge, inoltre, la grande sostituzione non è una «teoria del complotto nazista». Non solo perché Camus rifiuta i termini di «teoria» («è un fatto!») e di «nazista» («è la sostituzione di popolo che è una pratica nazi»), ma anche perché lo scrittore non adotta affatto lo schema complottista. Uno dei suoi tweet recenti, per esempio, recita: «La grande sostituzione è il prodotto della macchina, della rivoluzione industriale, del taylorismo generalizzato, del fordismo, della Tecnica, della Macchinazione dell’uomo, del Dispositivo – nessuno lo vuole, tutti vi concorrono». Nessun grande vecchio, quindi. Nessun sinedrio che trama nell’ombra. Solo un fatto, in pieno corso, alla luce del sole.





