2019-03-26
Francesco difende la famiglia naturale. I vescovi invece pensano allo ius soli
Il Papa a Loreto: «Il legame fra uomo e donna è essenziale e insostituibile». Allora perché i prelati non se ne occupano?Nei prossimi giorni i numerosi esegeti progressisti del pensiero di papa Francesco dovranno rimboccarsi le maniche e cimentarsi nel difficile sport dell'arrampicata sugli specchi. Ai vari sacerdoti «di sinistra» e teologi militanti toccherà misurarsi con il discorso che il Pontefice ha pronunciato a Loreto, nella basilica della Santa Casa. Uno dei luoghi più santi della cristianità, fondato sulle mura antiche che - si dice - ospitarono la madre di Dio. Già: quelle pareti pesanti sarebbero le stesse che, a Nazaret, costituivano l'abitazione della Vergine. «La Casa di Maria è anche la casa della famiglia», ha detto Francesco. E poi ha aggiunto: «Nella delicata situazione del mondo odierno, la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna assume un'importanza e una missione essenziali. È necessario riscoprire il disegno tracciato da Dio per la famiglia, per ribadirne la grandezza e l'insostituibilità a servizio della vita e della società». Più chiaro di così non poteva essere: la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna è insostituibile e va difesa. Il Papa non ha parlato di «famiglie», non si è esibito in capziose distinzioni, ma ha ribadito il valore della famiglia naturale. Che l'abbia fatto a pochi giorni dall'inizio del Congresso mondiale delle famiglie a Verona, per altro, è un segnale da non sottovalutare, come ha giustamente notato ieri Massimo Gandolfini, presidente del Family day. Del resto, sull'argomento Francesco non è mai stato ambiguo. Ha sempre rimarcato l'importanza del legame e della differenza tra uomo e donna, si è espresso con decisione contro la cultura del neutro e contro le derive dell'ideologia Lgbt. A sorprendere, dunque, non è il fatto che il Pontefice affronti questi argomenti. Ma, piuttosto, l'idea che altri esponenti del mondo cattolico li stiano evitando da parecchio tempo. Mentre Francesco riafferma il valore della famiglia naturale, che cosa fanno i vescovi italiani? Si occupano di questioni (ai loro occhi) più importanti. Ad esempio lo ius soli. Ieri monsignor Vincenzo Paglia ha rilasciato una lunga intervista a Repubblica spiegando che la legge sulla cittadinanza facile è «urgente», anzi «necessaria». Secondo il prelato, l'attuale governo deve «spiccare il volo per volare più alto», insomma ha l'obbligo di far passare lo ius soli: «Chi vuole il bene del Paese ha il dovere di farlo», sentenzia il monsignore. Curioso, vero? Il Partito democratico ha ripescato la battaglia sulla cittadinanza giusto pochi giorni fa, ed ecco che un altissimo rappresentante della Chiesa si precipita a sostenerla. Riguardo alla famiglia, invece, le gerarchie ecclesiastiche (a partire dalla Cei) hanno mostrato molta più cautela. Non si sono esposte, anzi spesso e volentieri hanno preso le distanze dal Congresso veronese. Nell'intervista a Repubblica, Paglia ha scandito un concetto interessante: «Se c'è una continuità in questi sei anni di pontificato, un filo che tiene insieme tutto», ha detto, «è senz'altro l'insistenza sul dovere dell'accoglienza, ovviamente non ingenua». Piccolo problema: Francesco non ha mai parlato esplicitamente di ius soli. Però ha parlato tantissimo di famiglia, e si è espresso a ripetizione sulle teorie gender. E allora perché, se il Papa parla di migranti, tutti i vescovi corrono e citarlo, ma se tira in ballo i temi arcobaleno se ne restano zitti?C'è poi un altro particolare che merita di essere notato. Paglia ricopre due incarichi importantissimi: è presidente della Pontificia Accademia per la vita e gran cancelliere del Pontificio istituto Giovanni Paolo II per le scienze del matrimonio e della famiglia. Però, guarda un po', si occupa di ius soli e non di famiglia. Strano, non trovate? Se ha trovato il tempo per propagandare l'accoglienza, forse il monsignore poteva trovare anche un momentino per rilasciare un'intervista sulla triptorelina, il farmaco blocca pubertà che verrà somministrato gratuitamente agli adolescenti italiani intenzionati a cambiare sesso. Bergoglio, dicevamo, ha condannato duramente la manipolazione del sesso e del corpo, ma dalla Pontificia accademia solo una voce si è levata a proposito di triptorelina. Quella di Laura Palazzani, vicepresidente del Comitato nazionale per la bioetica e membro corrispondente dell'istituzione fondata da Giovanni Paolo II. Sapete che cosa ha detto la Palazzani? Che il farmaco trans va usato «solo in casi molto circoscritti, con prudenza, con una valutazione caso per caso». Ecco, questo è il massimo che la Pontificia accademia ha saputo fare. Sui migranti, invece, fiumi strabordanti di parole. È una tendenza, questa, che accomuna tanti settori del mondo cattolico. Schieratissimi sull'accoglienza, tiepidini sulla difesa della vita e della famiglia. Leggere per credere ciò che ha scritto sul Corriere della Sera Mauro Magatti, professore dell'Università cattolica del Sacro Cuore: «La famiglia non è un modello statico, ma una realtà viva, capace di adattamento alle diverse situazioni storiche. Perché rendere la famiglia oggetto di difesa invece che di proposta?». Beh, Francesco gli ha risposto: perché la famiglia fondata sul legame e sulla differenza fra uomo e donna è insostituibile, e va protetta dalle forze potenti che cercano di smantellarla. Purtroppo, però, pare proprio che troppi vescovi, troppi giornali e troppi intellettuali cattolici abbiano abdicato al compito. Preferiscono discettare di ius soli e di accoglienza. E sono felicissimi di condannarsi all'irrilevanza che precede l'estinzione.
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