2024-12-22
Franceschini, l’uomo da seguire per sapere chi perderà
Dario Franceschini (Ansa)
L’ex ministro del Pd ha il dono di combattere battaglie segnate: elezioni, iniziative alla Cultura e perfino le lotte per la segreteria democratica. Però è campione in una cosa: fare scelte dannose per il partito ma sempre profittevoli per i suoi interessi personali.Com’è che il famigerato Superbonus del 2020 - un black hole da 160 miliardi di euro per le casse dello Stato (220 con gli altri analoghi incentivi) - è associato immediatamente al nome di Giuseppe Conte, all’epoca capo del governo giallo-rotto Pd-M5s, e il Bonus facciate 2019 sembra invece figlio di nessuno?Semplice: perché il suo ideatore è Dario Franceschini, che pure se ne intestò il merito con un tweet, il 16 ottobre 2019, quand’era ministro della Cultura: «Nella legge di bilancio una norma coraggiosa che renderà più belle le città italiane. Un credito fiscale del 90% per chi rifà nel 2020 la facciata di casa o del condominio».Una pacchia: quasi l’intero investimento a carico dello Stato e senza limiti di spesa. Risultato? La Destra è maldestra, in quel dicastero ha faticato a nominare il capo di gabinetto, mentre per Il Foglio del 26 ottobre 2024 Franceschini, zitto e Bonus, «nel gabinetto ci ha gettato 26 miliardi».Ma è riuscito a far dimenticare le sue impronte «digitali», con la consueta abilità sciamanica nello smarcamento.Che gli ha consentito, negli ultimi 10 anni, di regnare come padre-padrone su quel ministero per un settennato: quattro anni, 2014-2018, nei governi di Matteo Renzi e Paolo Gentiloni, e poi altri tre, 2019-2022, con Conte e Mario Draghi. Uno, nessuno, Franceschini. Avvocato, parlamentare, scrittore, segretario del Pd (per soli 9 mesi nel 2009: un record, ma al contrario), ministro.In occasione dell’uscita del suo primo romanzo Nelle vene quell’acqua d’argento, 2006, confessò: «Se potessi scegliere cosa fare nella vita, il politico o lo scrittore, credo sarei pronto al salto». Ma siccome rischiava lo zompo nel buio, si è tenuto stretta la poltrona.Continuando tuttavia a coltivare, come il suo mentore Walter Veltroni (che lo volle suo vice alle prime primarie del Pd, 2007, quando era capogruppo dei deputati dell’Ulivo), l’amore per la scrittura. L’ultimo romanzo, Aqua e tera, amore tra due donne al tempo del Duce, consumato nelle brumose atmosfere ferraresi, è stato recensito manco l’avesse scritto un redivivo Giorgio Bassani. E dire che Ciriaco De Mita l’aveva messo in guardia, riferendosi, pare, proprio a Walter-ego: «Chi scrive romanzi non sarà mai un gran politico». Franceschini, fellone, evitò di dirgli di averne già scritti due. Se il vecchio Dc Vincenzo Scotti era «Tarzan», perché usava le correnti come liane, negli anni Franceschini si è rivelato un derviscio rotante, un avatar di Zelig, Franceschelig: dai giovani Dc al partito popolare, dalla Margherita al Pd, dove è stato veltroniano, bersaniano, lettiano, renziano, gentiloniano, zingarettiano, schleiniano, sponsor di tutti i vincitori delle primarie. Le uniche che ha perso è quando si è presentato lui, confermando di essere il numero uno dei numeri due, un leader(ino) per tutte le - mezze - stagioni.Tomo tomo cacchio cacchio, è sempre lì. Un misirizzi politicamente anaffettivo.Quando s’insediò l’esecutivo Draghi, era quello con già all’attivo più incarichi di governo, sei, il doppio del secondo (Andrea Orlando, tre). Per la cronaca: sottosegretario alla presidenza del Consiglio tra il 1999 e il 2001, prima con Massimo D’Alema premier, poi - con l’abituale destrezza nel sopravvivere alle cadute (altrui) - con Giuliano Amato. Ministro per i Rapporti con il Parlamento con Enrico Letta presidente del Consiglio, quindi - oplà - ministro della Cultura nel governo Renzi e, ça va sans dire, a seguire in quello di Gentiloni, fino al Conte 2.Impermeabile e refratDario alle alte temperature del dibattito pubblico, è in grado di attraversare il fuoco con un ghiacciolo in mano, come canta Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti.Che nel 2009 lo votò alle primarie Pd - vinte da Pier Luigi Bersani, supportato da Gene Gnocchi, tiè. E nel 2011 raccontò di un Franceschini, incredibile auditu, «veramente schizzato» nelle loro conversazioni private, in cui il cattolicone Franceschini - come lui stesso ammise - con Jova si lasciava andare a osservazioni, per dir così, disinvolte. La sua levantina maestria nel rimanere a galla resta il suo tratto distintivo in tutto il globo terracqueo. Così, per Concita De Gregorio (Repubblica, 13 novembre 2022) «il fatto che Franceschini voglia Elly Schlein alla guida del Pd, basterebbe da solo a indicare il male che affligge il partito: l’opportunismo, il calcolo di quel che conviene di ora in ora pur di restare in sella». Con Maria Teresa Meli, che gli segnalava (Corriere della Sera, 28 dicembre 2022) il rischio di picconare - schierandosi per Schlein, e non per Stefano Bonaccini, alla segreteria del Pd - il mito della sua attitudine a saltare sul carro del vincitore, Franceschini ghignò: «Questa volta è diverso. Sono sul carro della vincitrice». E difatti. Renzi - uno che di simulazioni e dissimulazioni se ne intende - ci aveva avvertito: «Se volete capire chi vincerà, guardate con chi sta Franceschini». Non solo. Quando Ignazio La Russa fu eletto presidente del Senato, Renzi con il Messaggero negò di aver dato un aiutino al centrodestra: «Non siamo stati noi, in queste cose è bravo Franceschini».Non è che però Franceschelig le azzecchi proprio tutte. Scudiero di Veltroni al Nazareno, s’impegnò per le politiche del 2008. Che riportarono Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi. Lui però era convinto che il partito, alla fine, non ne sarebbe uscito male. Lo sappiamo grazie allo «spiffero» rivelato - con perfidia tutta barbaricina - da Arturo Parisi: «Conservo un indimenticabile sms di Franceschini il giorno del voto: “Ce la stiamo facendo”».Possibile che dietro l’aspetto civile e mansueto di Franceschini si nasconda un coniglio mannaro, come il boss Dc Arnaldo Forlani fu appellato da Giampaolo Pansa? Sì, ha sentenziato proprio Pansa, dedicando al leggenDario - nel libro Tipi sinistri del 2012 - un capitolo di 10 pagine: «Il Trinariciuto Bianco venne scaricato nell’ottobre 2009 lasciando di sé un ricordo tetro. Era quanto aveva previsto Renzi: “Se Veltroni è stato un disastro, adesso al suo posto hanno eletto il vicedisastro”». Pansa va giù con il machete: «Mise in mostra difetti caratteriali che pochi conoscevano. Si rivelò un politico rozzo, sbrigativo, sprezzante. Un signore astioso, pronto al litigio e alla battuta sgradevole, facile a diventare isterico». Però. Volendo scartavetrarlo fino in fondo, Pansa chiuse con un ultimo calcio negli stinchi: «Alla fine del luglio 2011 il suo romanzo più recente, Daccapo, pubblicato da Bompiani, era in classifica generale. Sul fondo. Per l’esattezza al posto numero 842». Non è che Franceschini ci abbia perso il sonno.La sua bravura consiste nel chiamarsi fuori da situazioni e responsabilità, come uno che non c’era, e se c’era dormiva, per ricomparire in scena al momento giusto, «più bello e più superbo che pria». Prendete i suoi sette anni in via del Collegio Romano, sede del ministero della Cultura. All’esperienza ha dedicato il saggio Con la cultura non si mangia?.Di certo, lui con la cultura ha testimoniato di saper sopravvivere benissimo. Un cursus honorum in cui tuttavia, per re Franceschiniello, non sono mancati scivoloni e insuccessi, sagacemente occultati. ItsArt, piattaforma per lo streaming a pagamento di eventi e spettacoli teatrali, la strombazzatissima Netflix della cultura, è stato un bagno di sangue economico (10 milioni)? ItsArt it’s flop? Sì, vabbè, ma lui che c’entra?Very bello, piattaforma per i turisti in occasione di Expo 2015, «cos’è, il nome di un detersivo? Di un preservativo?» per ArtTribune, risultava «very lento e very poco usabile» per il sito Finestre sull’Arte? Sì, vabbè, ma lui che c’entra?Italia.it, il portale che doveva promuovere l’immagine all’estero del nostro Paese, ha continuato a ciucciare soldi pubblici senza un vero perché? Sì, vabbè, ma lui che c’entra?La 18app, bonus con cui gli studenti compravano sì libri, barattandoli poi con qualsiasi cosa, non è servita esattamente allo scopo, e andava in tilt (La Stampa, 2 aprile 2021: «Non funziona, è caos»)? Sì, vabbè, ma lui che c’entra?La consorte Michela De Biase - «Sono stanca di sentirmi chiamare Lady Franceschini: faccio politica da 16 anni, e ho sempre preso i voti», e la tonaca del Pd - viene candidata per la prima volta a Montecitorio nel 2022? Sì, vabbè, ma lui che c’entra?Tanto più che alcuni spergiurano: l’appoggio a Schlein gli era stato caldeggiato proprio dalla moglie. Che poi dal marito ha raccolto il testimone per la guida di AreaDem (con Dario Nardella: Dario lui, Dario l’altro, nel Pd è subito «corrente D’ario»). Per caso, naturalmente, perché il familismo è «ben altro», certo.Rimane da chiedersi: che farà Franceschini da grande?Non è che coltivi il miraggio dell’upgrade, dal Parlamento al Colle più alto? LapiDario: «Non è vero niente. È una specie di gioco di società: si buttano nel calderone i nomi, si costruiscono scenari, complotti. Ma al Quirinale non si ambisce, per definizione».Quindi è garantito al limone che l’obiettivo l’abbia già messo in calenDario. Auguri.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.