2025-07-05
La Fornero tramuta i suoi singhiozzi in un manifesto contro il patriarcato
A 14 anni dalle lacrime sulle pensioni, l’ex ministro commenta (con perfidia) quelle della collega Rachel Reeves in Uk. Oggi come allora, degli esodati non le importa, ma si lamenta del ruolo non riconosciuto di eroina femminista.Se non ci fosse, Elsa Fornero bisognerebbe inventarla. La professoressa che tutti gli italiani ricordano per il pasticcio degli esodati, ieri ha scritto una lettera al Foglio. Ufficialmente per esprimere solidarietà alla cancelliera dello Scacchiere, ovvero al ministra del Tesoro inglese che, nell’aula di Westminster, è stata immortalata con le lacrime agli occhi. In realtà, per sottolineare la differenza tra il suo pianto e quello di Rachel Reeves. Con sottile perfidia, l’ex ministro del Lavoro ai tempi di Mario Monti ha, infatti, fatto notare che l’esponente laburista in Parlamento ha singhiozzato per ciò che non è riuscita a fare, ovvero la riforma del Welfare. Mentre lei, nella famosa conferenza stampa con cui 14 anni fa annunciò il taglio delle pensioni, piangeva per ciò che era riuscita a fare, cioè ritardare di sette e anche dieci anni l’uscita dal lavoro di milioni di italiani.Non è chiaro, a questo punto, se le sue fossero lacrime di gioia per aver raggiunto l’obiettivo che le era stato affidato, oppure se fosse in una situazione di forte «difficoltà emotiva» per aver dovuto stangare a fin di bene - lei, di sinistra - i lavoratori. Nel dubbio Fornero, nella sua lettera al Foglio, aggiunge alcune considerazioni contro il patriarcato, colpevole di aver ironizzato sui singhiozzi della ministra britannica.«Vorrei dire basta!», scrive puntuta. E, dal tono, si capisce che la professoressa vibra di indignazione come nemmeno le capitò di fronte a donne e uomini rimasti per colpa sua senza lavoro e senza pensione. «Basta con queste derisioni da parte di maschi arroganti, incapaci di versare anche solo due lacrime ma trattati da eroi quando, pur raramente, lo fanno. Basta con questi atteggiamenti che riflettono nostalgia per un passato di predominio sulle donne». Da ciò si deduce che Fornero nel 2011, quando varò con la voce rotta il taglio delle pensioni, soffrì molto. Non per aver aumentato l’età pensionabile, costringendo milioni di persone a rinviare il trattamento di quiescenza, ma per non essere stata riconosciuta per ciò che era, ovvero un’eroina pronta a sacrificare i propri ideali e a immolarsi contro i propri protetti (i lavoratori), a loro insaputa, per il loro futuro.Ma come? Lei, a differenza di Reeves, la riforma delle pensioni l’ha fatta e, annunciandola, si è messa a piangere per esserci riuscita. E l’opinione pubblica, invece di comprendere la sofferenza del successo a fin di bene, ha cominciato a detestarla.Cose che capitano solo in Italia. In un altro Paese, Fornero sarebbe stata insignita del premio Nobel per il coraggio e per le lacrime. Intervistata dal Corriere della Sera a seguito della sua lettera al Foglio, la professoressa ha rincarato la dose, trasformando i singhiozzi in un manifesto femminista. «Il punto non sono le lacrime», ma i commenti «sgradevoli, ingiusti e sessisti, frutto di un maschilismo che si sfoga nella prepotenza». E al giornalista che le fa notare come il pianto di Rachel Reeves a Westminster abbia fatto schizzare lo spread dei titoli di Stato inglesi, mandando al tappeto la sterlina, l’ex ministro replica che i mercati non si fanno impressionare da chi frigna, ma - con la stessa perfidia di cui sopra - dal fallimento di una riforma che avrebbe dovuto tranquillizzare gli investitori e che la Reeves non è riuscita a far approvare.Nella campagna in difesa del pianto femminile (ma solo di quello delle donne in posizioni di responsabilità), Fornero accusa stampa e tv di doppiopesismo. «Le lacrime degli uomini sono sempre segno di grandezza, quelle delle donne di fragilità: è una rappresentazione sbagliata e inaccettabile». Non so da dove la professoressa tragga tale certezza. Immagino che le provenga dalla stessa determinazione che la portò a creare centinaia di migliaia di esodati i quali, in egual misura, alla notizia che per sette o otto anni lo Stato non avrebbe pagato loro la pensione e l’azienda presso cui lavoravano non avrebbe corrisposto loro lo stipendio, piansero lacrime di rabbia. E quei singhiozzi non furono segno di grandezza, ma di disperazione. Una disperazione certamente più difficile da sopportare di quella di madame Fornero.Alla quale ricordo che, quando il povero ministro Gennaro Sangiuliano incappò in Maria Rosaria Boccia, durante un’intervista con il direttore del Tg1 si fece scappare due lacrime. E per quella «difficoltà emotiva», come la chiama la professoressa, i compagni della Fornero lo impiccarono al pennone più alto del ridicolo, pretendendone le dimissioni. Cose che, nonostante i singhiozzi, non capitarono all’aspirante premio Nobel.
Elly Schlein con Eugenio Giani (Ansa)
(Ansa)
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