
La Cassazione condanna l'ex governatore della Lombardia a 5 anni e 10 mesi. Vista l'entità della pena, il politico andrà in prigione. Prescrizione per il San Raffaele.Cinque anni e 10 mesi di carcere: è arrivata la condanna definitiva per Roberto Formigoni. La Cassazione ieri ha respinto i ricorsi contro la sentenza di secondo grado e l'ex presidente della Lombardia dovrà andare in carcere. Solo una riduzione di pena, rispetto alla condanna in appello (e la prescrizione per il caso San Raffaele). Il Celeste si era affidato alla Madonna, ma San Vittore ha avuto la meglio: per l'ex presidente della Lombardia si apriranno le porte del penitenziario. La Sesta sezione penale della Corte di Cassazione, dopo 5 ore di camera di consiglio, ha confermato, solo riducendo la pena, il verdetto emesso il 19 settembre 2018 dalla Corte d'appello di Milano, che aveva condannato Formigoni a 7 anni e 6 mesi di reclusione oltre all'interdizione perpetua dai pubblici uffici, per corruzione nell'inchiesta sui fondi neri della Fondazione Maugeri e dell'ospedale San Raffaele di Milano. Due anni prima, in primo grado, Formigoni era stato condannato a 6 anni. La vicenda è quella del gigantesco giro di corruzione che ha visto come protagonisti l'allora presidente della Lombardia e due strutture di punta della sanità lombarda: l'ospedale San Raffaele di Milano e la Fondazione Maugeri, eccellenza del settore delle terapie riabilitative. Secondo quanto stabilito dai giudici, Formigoni, tra il 2007 e il 2011, quando era al Pirellone, ha favorito illecitamente la Fondazione Maugeri, per quel che riguarda in particolare circa 300 milioni di euro di rimborsi non dovuti da parte della Regione, in cambio di «utilità» di un valore di 8 milioni di euro, tra soldi in contanti, viaggi e cene in ristoranti di lusso, oltre la piena disponibilità di tre yacht. Nel corso delle indagini, i pm di Milano sequestrarono oltre 60 milioni in soldi e beni, che sarebbero stati sottratti alla Fondazione, tra cui circa 1.000 bottiglie di vino presso il ristorante milanese Sadler, dove Formigoni e i suoi amici cenavano spesso, e lo yacht «America». In appello, per quella vicenda sono stati condannati anche l'ex direttore amministrativo della Fondazione Maugeri, Costantino Passerino, a 7 anni e 7 mesi, e l'imprenditore Carlo Farina a 3 anni e 4 mesi. L'uomo d'affari Pierangelo Daccò, accusato di aver gestito i conti correnti dove venivano versati i fondi sottratti dal San Raffaele e dalla Maugeri, e l'ex assessore alla Sanità lombardo Antonio Simone, avevano patteggiato prima della fine del processo.Nelle ore precedenti la sentenza, alcuni attivisti di Comunione e Liberazione, vicini a Formigoni, hanno organizzato un momento di preghiera per la salvezza del «Celeste», presso il santuario di Caravaggio. Formigoni non ha partecipato: c'erano invece i suoi familiari. Sono scoppiate le polemiche, e il prorettore del Santuario, don Cesare Nisoli, è stato costretto a precisare di non essere a conoscenza dell'iniziativa. Secondo i circa 100 partecipanti, la preghiera doveva servire a illuminare le menti dei giudici. Gli stessi fedelissimi di Formigoni, al quale sono stati sequestrati tutti i beni, hanno provveduto a pagare la parcella del difensore dell'ex governatore lombardo, il principe del foto Franco Coppi.
Francesco Filini (Ansa)
Parla il deputato che guida il centro studi di Fdi ed è considerato l’ideologo del partito: «Macché, sono solo un militante e il potere mi fa paura. Da Ranucci accuse gravi e infondate. La sinistra aveva militarizzato la Rai».
Francesco Filini, deputato di Fratelli d’Italia, la danno in strepitosa ascesa.
«Faccio politica da oltre trent’anni. Non sono né in ascesa né in discesa. Contribuisco alla causa».
Tra le altre cose, è responsabile del programma di Fratelli d’Italia.
«Giorgia Meloni ha iniziato questa legislatura con un motto: “Non disturbare chi vuole fare”. Il nostro obiettivo era quello di liberare le energie produttive».
Al centro Joseph Shaw
Il filosofo britannico: «Gli islamici vengono usati per silenziare i cristiani nella sfera pubblica, ma non sono loro a chiederlo».
Joseph Shaw è un filosofo cattolico britannico, presidente della Latin Mass Society, realtà nata per tramandare la liturgia della messa tradizionale (pre Vaticano II) in Inghilterra e Galles.
Dottor Shaw, nel Regno Unito alcune persone sono state arrestate per aver pregato fuori dalle cliniche abortive. Crede che stiate diventando un Paese anticristiano?
«Senza dubbio negli ultimi decenni c’è stato un tentativo concertato di escludere le espressioni del cristianesimo dalla sfera pubblica. Un esempio è l’attacco alla vita dei non nati, ma anche il tentativo di soffocare qualsiasi risposta cristiana a tale fenomeno. Questi arresti quasi mai sono legalmente giustificati: in genere le persone vengono rilasciate senza accuse. La polizia va oltre la legge, anche se la stessa legge è già piuttosto draconiana e ingiusta. In realtà, preferiscono evitare che questi temi emergano in un’aula giudiziaria pubblica, e questo è interessante. Ovviamente non si tratta di singoli agenti: la polizia è guidata da varie istituzioni, che forniscono linee guida e altro. Ora siamo nel pieno di un dibattito in Parlamento sull’eutanasia. I sostenitori dicono esplicitamente: “L’opposizione viene tutta dai cristiani, quindi dovrebbe essere ignorata”, come se i cristiani non avessero diritto di parola nel processo democratico. In tutto il Paese c’è la percezione che il cristianesimo sia qualcosa di negativo, da spazzare via. Certo, è solo una parte dell’opinione pubblica, non la maggioranza. Ma è qualcosa che si nota nella classe politica, non universalmente, tra gli attori importanti».
Stephen Miran (Ansa)
L’uomo di Trump alla Fed: «I dazi abbassano il deficit. Se in futuro dovessero incidere sui prezzi, la variazione sarebbe una tantum».
È l’uomo di Donald Trump alla Fed. Lo scorso agosto, il presidente americano lo ha infatti designato come membro del Board of Governors della banca centrale statunitense in sostituzione della dimissionaria Adriana Kugler: una nomina che è stata confermata dal Senato a settembre. Quello di Stephen Miran è d’altronde un nome noto. Fino all’incarico attuale, era stato presidente del Council of Economic Advisors della Casa Bianca e, in tale veste, era stato uno dei principali architetti della politica dei dazi, promossa da Trump.
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