2020-05-30
Fofò prepara la finta riforma del Csm. Ma lo scandalo scompare dai media
Nella legge cui lavora il governo per cambiare il parlamentino non ci sono misure idonee a impedire l'osmosi tra toghe e politica. Matteo Salvini ringrazia il Colle per l'intervento: «Chi attaccava me e la Lega deve dimettersi».Il commissario post sisma in Centro Italia non ha mantenuto le promesse, ha assunto solo dirigenti e indispettito i professionisti. E il cratere rischia di rimanere senza fondi.Lo speciale contiene due articoliCi vuole coraggio, da parte dei mainstream media, per cancellare quasi totalmente la possibilità di conoscere lo scandalo delle chat di magistrati e membri del Csm portato alla luce dalla Verità, o per derubricare la questione (copyright di Michele Serra) a «intercettazioni non tutte di pregnante rilevanza». Gli stessi giornali che da anni pubblicano paginate di intercettazioni pure su fatti privati e privi di rilevanza penale, ora, improvvisamente, davanti a un evento di enorme e oggettivo rilievo pubblico, tentano di attenuare, scansare, insabbiare. Ancora ieri, Repubblica si limitava a evocare ipotesi sulla riforma del Csm; il Corriere della Sera sbatteva la faccenda a pagina 30; sulla Stampa, nulla. A proposito della riforma del Csm, domenica scorsa, il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede si era limitato a vergare un vago post su Facebook per preannunciare che avrebbe portato «all'attenzione della maggioranza» un suo progetto: riforma del sistema elettorale del Csm, nomine basate sul merito, no alle «porte girevoli» tra magistratura e politica. Ma siamo ancora a titoli e parole. Dopo alcune riunioni di maggioranza, il Guardasigilli avrebbe pronto uno schema di disegno di legge governativo che andrebbe in discussione la prossima settimana in Cdm, in vista del deposito in Parlamento e di un lungo iter alle Camere.Le novità sarebbero queste. Primo: chi entra in politica non può rientrare in magistratura per un certo periodo di tempo (con limitazioni anche per chi si candidi e non venga eletto). Secondo: una fase di pausa per i magistrati collocati fuori ruolo, che non potranno immediatamente assumere incarichi come procuratore capo o aggiunto. Terzo: limiti temporali per gli ex membri del Csm, prima di poter assumere incarichi direttivi. Quarto: sistema elettorale del Csm a doppio turno, includendo la parità di genere nelle preferenze. Quinto: modifiche di dettaglio sul funzionamento della commissione del Csm che si occupa di provvedimenti disciplinari (aumento dei membri e nuovo assetto organizzativo). Sesto: riduzione del numero di volte (da quattro a due) in cui un magistrato può chiedere di passare da pm a giudice, o da giudice a pm. Siamo agli slogan, tipo le quote rosa acchiappa titolo di giornale, e a un po' di pannicelli caldi. Per capirci, anche con queste novità, ciò che si è letto nelle chat portate alla luce dalla Verità potrebbe purtroppo proseguire allegramente. Infatti, rimangono fuori dal progetto di Bonafede i quattro interventi che potrebbero risultare davvero decisivi: separazione delle carriere tra magistrati inquirenti e giudicanti; separazione anche tra due distinti Csm (uno per la pubblica accusa e uno per i giudici); abrogazione delle norme che consentono il distacco dei magistrati presso i vari ministeri, a partire da quello della Giustizia; riconduzione del Csm al suo alveo costituzionale, evitando una deriva da «terza Camera», con pretesa di sovrapporsi a Parlamento e governo. Intanto, Maurizio Gasparri (Fi) propone un'indagine parlamentare: «Intendo presentare una proposta in tal senso. Palamara è soltanto la punta dell'iceberg. Leggiamo delle telefonate e dei messaggi di Giovanni Legnini. Leggiamo il ruolo svolto da importanti procuratori come Giuseppe Pignatone. Bisogna che agisca il Parlamento perché purtroppo sarà difficile che la stessa magistratura faccia tempestivamente luce. Silvio Berlusconi è stata la più importante e vittima di clamorose ingiustizie. I governi di centrodestra sono stati stroncati da manovre tese a deviare il corso della democrazia. Oggi nel mirino sono finiti Matteo Salvini ed altri». Ieri, infine, dopo un lungo silenzio, è arrivata una nota abbastanza pilatesca dell'ufficio stampa del capo dello Stato, che elenca tutto ciò che - ad avviso del Colle - il Quirinale non potrebbe fare. La nota ricorda che Sergio Mattarella ha «espresso a suo tempo, con fermezza, nella sede propria - il Csm - grave sconcerto e riprovazione», e ha «sollecitato modifiche normative». E qui il Quirinale butta la palla nel campo di Parlamento e governo: «Se partiti e gruppi parlamentari sono favorevoli a un Csm formato in base a criteri nuovi e diversi, è necessario che approvino una legge: questo compito non è affidato dalla Costituzione al Presidente della Repubblica ma a Governo e Parlamento». Il Quirinale esclude una sua possibilità di scioglimento del Csm, limitando l'eventualità al solo venir meno del numero legale dei suoi componenti (parere diverso era stato espresso pochi giorni fa dall'ex vicepresidente Michele Vietti); esclude un messaggio alle Camere («risulterebbe improprio per sollecitare iniziative legislative annunciate come imminenti»); esclude un suo intervento pubblico sulle affermazioni dei magistrati visto che «sono in corso un procedimento penale e procedimenti disciplinari». La nota del Colle è stata comunque accolta positivamente da Salvini, che in mattinata aveva invocato il sostegno di Mattarella, ma aveva anche chiesto di sciogliere il Csm, procedendo per sorteggio. «Bene» l'intervento del Quirinale, ha detto il leader del Carroccio, ma «chiediamo che si dimettano dagli incarichi (giudiziari o politici) tutte le persone conivolte nello scandalo, da cui emergono vergognosi attacchi a me e alla Lega».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/fofo-prepara-la-finta-riforma-del-csm-ma-lo-scandalo-scompare-dai-media-2646126936.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="con-legnini-la-ricostruzione-e-al-palo" data-post-id="2646126936" data-published-at="1590776936" data-use-pagination="False"> Con Legnini la ricostruzione è al palo Gira una battuta tra i cantieri del terremoto del 2016 riaperti da poco e pochi dopo lo stop causa Covid: «A Roma vedono la pagliuzza nell'occhio di Salvini, ma non i Legnini in quello del Pd». Giovanni Legnini è un «riciclato» di lusso: dopo essere stato trombato alle regionali del 2019 in Abruzzo lo hanno piazzato a fare il Commissario straordinario per la ricostruzione - si fa molto per dire - del terremoto. E come primo atto ha pensato bene di dividere in due categorie i Comuni colpiti e nonostante il 68% dei danni sia nelle Marche per l'Abruzzo qualcosa c'è. Ma ora rischia di andargli tutto «a trojan» per via di quelle intercettazioni - pubblicate dalla Verità - che lo descrivono in larghe intese con Luca Palamara. In scadenza dalla carica di vicepresidente del Csm - ci è arrivato dopo esser diventato fedele di Matteo Renzi, lui avvocato di lungo corso comunista - cercava di usare gli attacchi a Matteo Salvini per inaugurare la sua campagna elettorale per scalare l'Abruzzo. Deve aver pensato due più due fa Diciotti: infilzo Matteo Salvini sulla nave dei migranti ed entro nel porto della Regione con il consenso delle masse. Gli è andata buca e allora eccolo oggi a occuparsi di chi è più terremotato di lui. Anche in questa fase sta esercitando il metodo Csm: larghe intese e accordi con tutti senza in realtà offrire nulla. Ma comincia ad avere dei problemi. Glieli hanno creati i coordinatori della Lega di Marche, Abruzzo, Umbria e Lazio le regioni del cratere che vogliono che si dimetta da commissario straordinario. Quelle intercettazioni anti Salvini, dicono i leghisti, sono incompatibili con l'incarico di commissario del Governo. Durissimo il coordinatore marchigiano Riccardo Marchetti, durissimo anche l'onorevole Francesco Acquaroli di Fratelli d'Italia, candidato (forse, visto che l'intesa nel centrodestra è saltata) alla Regione Marche, che parla di decreto liquidità Covid che ha terremotato di nuovo le Marche e di una inadeguatezza delle mosse del commissario, che però viene difeso dal sindaco di Camerino, Sandro Sborgi, ex comandante dei Nas di Ancona: «Nessuno tocchi Legnini», dice, «non c'è nulla di penale in quello che ha fatto a noi serve la ricostruzione». Eh già, è il metodo Csm. Perché Legnini va promettendo tutto a tutti. Ha firmato un'ordinanza, la numero 100, per la semplificazione. Ma finora ha fatto solo nuove assunzioni, comprese quattro nuove dirigenti, salvo scaricare tutte le responsabilità sui professionisti privati: architetti e ingegneri. Tant'è che quando gli hanno chiesto: applichiamo lo schema del ponte Morandi, lui ha risposto picche. E allora che semplificazione è? «È una complicazione che rischia di bloccare tutta la ricostruzione privata.» A dirlo è Ferdinando De Santis presidente di Inarsind (riunisce i tecnici delle quattro Regioni) che dice: così non si ricostruisce nulla. Ma a Legnini dei privati non importa. Tant'è che i 6.000 ancora sfollati hanno rischiato di essere buttati fuori dalle casette di cartongesso costate un 'occhio della testa perché nessuno si è preoccupato delle scadenze. Salvo quelle delle bollette, che sono arrivate a tutti e con gli importi maggiorati; s'è rischiata la sommossa popolare. Ci ha messo una pezza all'ultimo il capo della Protezione civile, Angelo Borrelli. Ma il disastro terremoto è ancora interamente lì. Non si sono costruite le scuole, sono solo 25 i progetti pubblici approvati, le strade sono disastrate. Gli agricoltori e i pastori sono esattamente nelle stesse condizioni di quattro anni fa, le poche attività che cercavano di riaprire sono state azzerate di nuovo da Covid, a Norcia la basilica di San Benedetto è ancora un cumulo di macerie. Perché il commissario che si preoccupava tanto dei profughi della Diciotti per ora ha prodotto tanta carta e nessun cantiere. Ma il 31 dicembre l'emergenza sisma finisce e soldi non se ne vedono.