2018-11-23
Fisioterapisti a casa per dare aiuto ai malati di Parkinson
Parte da Verona la nuova sfida che punta a sopperire alle carenze riabilitative ospedaliere. Il via nel marzo 2019. Proposto dal professor Michele Tinazzi, del dipartimento di scienze neurologiche, biomediche e del movimento dell'Università di Verona, dal 2000 responsabile dell'unico Centro Parkinson regionale specializzato del Veneto, sarà finanziato dalla Fondazione Cariverona che garantirà per due anni 260.000 euro.Fisioterapisti a domicilio capaci di intervenire sulle complicanze motorie del Parkinson, che possono essere altamente invalidanti. Un coordinamento del servizio nel Veronese per garantire al paziente assistenza specialistica senza doversi muovere da casa, senza costi e con più qualità di vita. È la grande sfida del progetto Azioni formative di riabilitazione neuromotoria per pazienti con malattia di Parkinson e familiari, che partirà a marzo 2019. Proposto dal professor Michele Tinazzi, del dipartimento di scienze neurologiche, biomediche e del movimento dell'Università di Verona, dal 2000 responsabile dell'unico Centro Parkinson regionale specializzato del Veneto, sarà finanziato dalla Fondazione Cariverona che garantirà per due anni 260.000 euro. «Grazie alla diagnosi precoce e alla terapia farmacologia che ha fatto passi da gigante, questa malattia viene gestita molto bene dai neurologi e il paziente rimane per lo più in casa», spiega lo specialista. «Rimane carente l'assistenza riabilitativa, che permette di migliorare la postura, camminare e svolgere attività quotidiane evitando il rischio di cadute». Patologia cronico progressiva degenerativa, la più frequente dopo l'Alzheimer, la malattia è dovuta a una degenerazione dei nuclei cerebrali che hanno come prevalente trasmettitore la dopamina. In Italia circa 300.000 persone ne sono colpite, manifestando tremori, rigidità, difficoltà di orientamento e, nelle fasi più avanzate, ansietà, apatia, disturbi cognitivi e del sonno. La diagnosi precoce permette di riconoscere subito i sintomi motori che la manifestano, soprattutto il tremore a riposo, che scompare con l'azione e la cosiddetta bradicinesia, ovvero lentezza, difficoltà nei movimenti cui si associa una rigidità. Negli ultimi dieci anni sono stati classificati altri sintomi che la rivelano, quali dolore muscolare, ansia, depressione, altri disturbi umorali, cognitivi o gastroenterici come stipsi e dispepsia. Oggi il Parkinson viene trattato con farmaci che spesso allungano la vita media del paziente e riescono a rallentare l'evoluzione verso forme più severe, ma fin dall'esordio della malattia bisogna prevenire e ritardare le complicanze motorie. «Disturbi del cammino come il “freezing", quando per un blocco motorio improvviso sembra che i piedi si incollino al pavimento e vengono trascinati, instabilità posturale e deformità della postura troppa flessa in avanti o lateralmente, espongono il paziente a frequenti cadute, a traumi ortopedici e neurologici. Aumenta il rischio di ospedalizzazione, con sofferenze personali e inevitabili costi sociosanitari», ricorda Tinazzi. In un censimento del 2013, il ricercatore aveva verificato che tutte le 27 unità operative di neurologia del Veneto sono provviste di un centro dedicato alla malattia di Parkinson, con 18.000 soggetti in cura sul territorio regionale. «C'è una cultura neurologica del Parkinson diffusa, capillare. Solo la metà di questi centri, però, ha un servizio di riabilitazione e quando è presente, è prevalentemente ortopedica. Se neurologica, interviene dopo un ictus, non sulla patologia cronica progressiva. Pochi fisioterapisti sono formati per seguire pazienti parkinsoniani», commenta il professore, che nel suo centro mette a disposizione un team formato da neurologi, neurochirurghi, neuroradiologi, psichiatri e fisiatri.Le linee guida per la diagnosi e il trattamento della malattia di Parkinson aggiornate lo scorso aprile in Italia, seguendo le indicazioni del National institute for health and care excellence, sottolineano la necessità di coinvolgere paziente e familiari nelle decisioni terapeutiche e nella gestione delle complicanze motorie, di cui spesso non sono a conoscenza. L'impegno assistenziale è gravoso e fuori dai pochi centri ospedalieri la riabilitazione non si effettua nemmeno nelle strutture semiresidenziali. Ecco perché Tinazzi ha pensato a percorsi formativi per fisiatri e terapisti, capaci poi di muoversi sul territorio in stretta collaborazione con gli ospedali e con i medici di base. «Offriranno gratuitamente assistenza riabilitativa neuromotoria domiciliare, con monitoraggio dello status clinico dei pazienti e del benessere dei familiari che li assistono», dice. Il suo progetto, supportato dal professor Nicola Smania, ordinario di medicina fisica e riabilitativa dell'Università di Verona, ha partecipato al bando Programmi riabilitativi 2018 della Fondazione Cariverona. «Non si può guarire», ricorda Tinazzi, «ma quando a un malato di Parkinson di 62 anni, età media d'insorgenza della patologia, si gestiscono bene le terapie farmacologiche e si consigliano attività motoria e riabilitativa quotidiane, se non sopraggiungono disturbi cognitivi - come capita nel 15% dei casi, per i quali non c'è terapia -, il paziente può condurre una vita quasi normale».