2020-07-12
Finta ritirata di Atlantia in rotta per l’estero
Pronto l'inciucio col governo: la holding veneta farà un passo di lato in Aspi accontentando Giuseppe Conte sulla riduzione delle tariffe e preparandosi a spostare il suo centro oltre confine. Sulla revoca martedì ci sarà resa dei conti M5s-Pd in consiglio dei ministri.Snack e succhi di frutta in regalo a chi è rimasto intrappolato nel traffico in Liguria.Lo speciale contiene due articoli.I Benetton hanno pronto l'inciucio: sono disposti a cedere il controllo di Autostrade ma non a uscire dal capitale azzerando la quota. Spacciandolo per un sacrificio cui si aggiunge la proposta di tagliare del 5% i pedaggi e la promessa di investire almeno 3 miliardi in manutenzione. È questa l'alternativa alla revoca della concessione messa sul tavolo del ministero dei Trasporti, ultima puntata della telenovela che ruota attorno al futuro di Autostrade per l'Italia (Aspi) e alla gestione di 3.000 chilometri di autostrade in Italia. Una partita nella quale anche il fondo australiano Macquarie, particolarmente attivo nel nostro Paese nell'ultimo periodo (guarda anche alla quota di Enel di Openfiber) sarebbe interessato a giocare un ruolo, anche di primo piano. Nei giorni scorsi il governo Conte ha lanciato l'ultimatum alla società per portare l'offerta all'esame del Consiglio dei ministri in settimana, probabilmente martedì. «O arriva in extremis una proposta cui il governo non potrà dire di no, perché particolarmente vantaggiosa per la parte pubblica, oppure alla fine termina con una revoca», ha detto il presidente del Consiglio nel giorno della verifica del Mose a Venezia. Ieri mattina si è così riunito il cda di Autostrade per l'Italia che ha approvato una nuova offerta messa a punto dall'ad Roberto Tomasi e l'ha poi inviata al ministro delle Infrastrutture e trasporti, Paola De Micheli, che la vaglierà con i tecnici del Mit per poi portarla lunedì sulla scrivania di Conte a Palazzo Chigi. Le carte calate dai Benetton sarebbero due. Sulla questione della concessione in sé (sistema tariffario, manutenzione e investimenti) andare incontro al governo che vuole un taglio delle tariffe pari almeno al 5%, maggiori controlli sulla rete, una accelerazione sugli investimenti. Il tutto per una cifra pari a circa 3,4 miliardi (a inizio giugno Aspi aveva offerto 2,8 miliardi) da aggiungere ai 7,5 miliardi di investimenti del piano presentato da Tomasi a gennaio.Poi c'è il tema della governance, ossia quale dovrà essere la nuova struttura societaria di Autostrade. Insomma, le poltrone. Roma chiede ai Benetton di fare un passo indietro sul controllo della società (oggi Atlantia ha l'88%) e la holding sembra essere disposta a scendere sotto il 50% (si parla del 30%) non più attraverso una cessione tout court ma con un aumento di capitale pari a circa 3 miliardi per fare entrare nell'azionariato della «nuova» Autostrade Cdp (che potrebbe fare un'operazione di conversione del debito), F2i, Poste Vita e alcune casse previdenziali. Tutelando comunque le minoranze, ovvero il socio cinese Silk Road e i franco-tedeschi di Appia e in prospettiva la stessa Atlantia. Alla fine però la nuova Autostrade dovrà nascere da un aumento di capitale. I soldi, quindi, ce li metteranno F2i o altri e per tutta la società, dove i Benetton ci saranno ancora, seppure non da padroni. Con meno onori, dunque, ma anche meno oneri. Sul fronte politico, a pochi giorni dalla sentenza della Consulta che ha dichiarato non illegittimo estromettere Aspi dalla ricostruzione del ponte Morandi, crollato a Genova due anni fa, sono ancora le divisioni tra Pd e 5 Stelle ad agitare le acque. Per il Pd la gestione del nuovo ponte è cosa diversa dall'eventuale revoca della concessione ad Aspi, che non ha escluso ma nemmeno accelerato. E i dem spingono per un accordo, anche senza azzeramento della famiglia veneta nel capitale. Per il Movimento, invece, la partita è dirimente anche se le posizioni interne sono frastagliate. La resa dei conti si avrà dunque nel consiglio dei ministri di martedì. Nel frattempo, ieri, si sono espresse le opposizioni: «Riteniamo che la soluzione migliore potrebbe essere quella di rinnovare con condizioni assolutamente diverse la concessione e avviare strumenti per verificare attentamente che le regole vengano rispettate e che la sicurezza dei trasporti sia tutelata», ha detto Antonio Tajani, vicepresidente di Forza Italia. Per Giulio Centemero, capogruppo della Lega in commissione Finanze della Camera, «premier e governo hanno combinato un pasticcio, perché, a prescindere dal risultato finale, sui mercati conta soprattutto quello che circonda il risultato stesso, nel senso che il buon governo si fa magari tenendo la bocca chiusa per una settimana o un mese o anche un anno, ma non alimentando l'idea che qui in Italia la certezza del diritto non valga». Intanto, sul fronte finanziario, se davvero la cassaforte dei Benetton cederà la maggioranza, la galassia di Ponzano è destinata a cambiare spostando il centro di gravità ancora di più oltreconfine. Come spiega bene un articolo apparso ieri sul settimanale Milano Finanza, già nel bilancio 2019 su un totale di 11,6 miliardi di ricavi il singolo maggiore contributo (per oltre 5 miliardi) derivava dalla spagnola Abertis, mentre le attività autostradali italiane si piazzavano seconde con poco più di 4 miliardi. Quanto alla redditività, nel 2019 le autostrade italiane hanno registrato una contrazione fino a 710 milioni (contro i quasi 2 miliardi del 2018) in conseguenza al crollo del ponte di Genova che ha portato all'accantonamento di 1,5 miliardi. Il calo è stato però più che compensato proprio dal gruppo spagnolo, che ha concessioni anche in Francia, Sudamerica e India e che lo scorso anno ha portato in cascina quasi 4 miliardi di ebitda. Cui si devono aggiungere i 500 milioni delle altre attività autostradali fuori confine, non detenute tramite Abertis, e i 122 milioni di margine operativo lordo derivanti dagli aeroporti della Costa Azzurra. Insomma, su 5,7 miliardi di ebitda 4,3 miliardi già oggi arrivano dall'estero, con l'Italia a quota 1,35 miliardi.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/finta-ritirata-di-atlantia-in-rotta-per-lestero-2646392355.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="lazienda-fa-mea-culpa-e-distribuisce-i-kit-di-sopravvivenza-anti-ingorghi" data-post-id="2646392355" data-published-at="1594512941" data-use-pagination="False"> L’azienda fa mea culpa e distribuisce i kit di sopravvivenza anti ingorghi Una scena quasi fantozziana, e non solo per l'ambientazione genovese che sarebbe risultata cara al ligure Paolo Villaggio. Il «cestino di scuse» - anche se qualcuno l'ha ribattezzato kit di sopravvivenza - che Aspi (Autostrade per l'Italia) ha iniziato a consegnare, negli autogrill, agli stupiti automobilisti vittime di code chilometriche e ritardi «apocalittici», assomiglia a un maldestro tentativo di captatio benevolentiae che, dal punto di vista della comunicazione, più che aggiungere punti ne toglie, e parecchi. Il motivo dell'atto di contrizione da parte della società, che fa capo alla famiglia Benetton, è ben noto a chi è costretto a impugnare il volante per tornare a casa o andare al lavoro a quelle latitudini: ore e ore incolonnati nel traffico a causa dei cantieri e dei lavori di manutenzione che di fatto hanno paralizzato la circolazione. Basta una bustina con qualche genere alimentare di conforto (patatine, biscotti, succo di frutta e poco altro) per far dimenticare ai disgraziati di turno il tempo bruciato sotto il sole cocente in attesa di avanzare di qualche decina di metri? Sicuramente no. Anche perché non si tratta del disservizio di un giorno o di una settimana dovuti a una emergenza impossibile da prevedere e da gestire. Il dramma traffico in Liguria va avanti da tempo. Troppo tempo. Per dire: dopo le chiusure notturne di ampli tratti su A10, in entrambe le direzioni, da venerdì sera, il tratto compreso tra Arenzano e Voltri, direzione Genova, è rimasto sbarrato, e così sarà per cinque notti consecutive, dalle 21 alle 7 (con possibili ritardi in riapertura). Mentre, ieri e oggi, con i medesimi orari, è rimasto off limits l'accesso tra Voltri e Varazze, direzione Ventimiglia. E questo senza considerare l'incognita A26, che sempre oggi sarà sicuramente chiusa al traffico dalla mattina in entrambe le direzioni per la rimozione dell'ordigno bellico trovato a Campo Ligure: le operazioni imporranno anche la chiusura della viabilità ordinaria, rendendo di fatto «inagibile» la provinciale del Turchino. Torniamo al punto di partenza: davvero basta una busta di patatine per far dimenticare tutto questo? «C'era un piano di intervento nelle nostre gallerie e nei nostri viadotti: ovviamente dopo 30 anni di colpevolissima incuria e ancor più a 2 anni dal ponte Morandi, francamente che ci si sia ridotti nel 2020 ad intervenire è già di per sé uno scandalo nazionale», ha attaccato non a caso il governatore Giovanni Toti. Per sistemare le gallerie, accusa ancora il presidente della Regione Liguria, «non si può consentire che le persone restino ostaggio del traffico, si perdano posti di lavoro, che si rischino incidenti gravi che abbiamo visto già accadere». E ancora: «Trent'anni non si recuperano in 2 giorni, qualcuno si deve mettere lì e fare una classifica del rischio come si fa sempre», è stato il suo affondo finale. Eppure, c'è chi non la pensa così. Come Placido Migliorino, ispettore del Mit (ministero delle Infrastrutture e dei trasporti), che, in un'intervista concessa a Il Secolo XIX, scende pesantemente sulla difensiva: «Cinquanta gallerie rischiavano crolli e avevano problemi seri di sicurezza. Ora ne abbiamo sistemate una quarantina e ne restano ancora dieci». Salvo poi aggiungere: «Meglio i disagi che i crolli. E conto di poter concludere i lavori più ingombranti entro il 20 luglio. Ovviamente tutto questo se non troveremo altre sorprese». Migliorino parla di una situazione di incuria totale di cui, forse, i liguri non riescono a rendersi conto. »Le volte delle gallerie potevano venire giù da un momento all'altro e cadere sulle auto in transito. Quello che è successo nella “Bertè" sulla A26 alla fine di dicembre poteva ripetersi tranquillamente in tanti altri tunnel della Liguria».
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