2022-07-30
Finisce l’era dei chierichetti del Papa, ma lo scandalo resta senza colpevoli
Dopo lo sfratto dal Vaticano di un anno fa, la diocesi di Como chiude il Preseminario. Genitori delusi: «Traditi gli impegni: i nostri figli non hanno finito gli studi». Sui presunti abusi del passato per ora soltanto assoluzioni.Un conto è «la Chiesa in uscita» predicata da Francesco, un altro è quando la Chiesa all’uscita ti ci accompagna. È questa la storia, o meglio, la fine della storia dei chierichetti del Papa che circa un anno fa, con una pacca sulla spalla, sono stati invitati a «proseguire» il loro «apprezzato servizio liturgico, in un luogo conveniente». E, una volta fuori dalle Mura vaticane, sono stati sciolti senza che i ragazzi avessero terminato gli studi.Il Preseminario San Pio X - l’istituto di orientamento vocazionale fondato nel 1956 per volontà di Pio XII e del venerabile don Giovanni Folci - è stato infatti soppresso un mese fa, nel silenzio generale. Una decisione arrivata a riflettori e a turiboli spenti, che ha colto di sorpresa gli iscritti e le loro famiglie. Stiamo parlando di una realtà simile a un collegio, che per quasi 70 anni ha accolto centinaia di adolescenti da tutte le diocesi d’Italia e del mondo e che ha generato diverse vocazioni al sacerdozio. Attraverso la condivisione della vita, dello studio e del servizio liturgico in Basilica, a stretto contatto con il Pontefice.allontanamentoChe quello deciso un anno fa non fosse un semplice trasloco era facilmente intuibile. Tanto è vero che il 21 maggio 2021 La Verità lo aveva scritto nero su bianco, dando la notizia dello sfratto dei ragazzi dai locali di Palazzo San Carlo, l’edificio noto ai più per le polemiche sul «super attico» del cardinal Tarcisio Bertone, a due passi dal Cupolone e da Santa Marta (residenza papale dall’inizio del pontificato di Bergoglio, nel 2013). E segnalando che la presa di distanza fisica della Santa Sede da una realtà che era stata macchiata dall’ombra degli abusi lasciava immaginare decisioni più drastiche. Anche se i chierichetti del Papa di oggi - educatori compresi - anche per banali ragioni temporali, non c’entrano nulla con i fatti di cui parleremo più avanti. Quattro giorni dopo, un comunicato della Santa Sede confermava l’indiscrezione, senza citare la fonte, dando la notizia di un «trasferimento [...] all’esterno della Città del Vaticano» e parlando di «una nuova tappa della vita e dell’attività del Preseminario». Omettendo però di dire che si trattava dell’ultima.Dopo un mese - siamo a giugno dell’anno scorso - i ragazzi hanno la possibilità di incontrare il Santo Padre e i genitori informano papa Francesco del fatto che le due soluzioni alternative proposte dal Vaticano - Sant’Apollinare e la sede della Schola puerorum Cappella musicale Sistina - presentano una serie di problemi (dalle resistenze di chi avrebbe dovuto condividere gli spazi, alle spese di ristrutturazione). La risposta di Bergoglio però è spiazzante: «Roma è tanto grande…». Le famiglie non si danno per vinte, soprattutto per permettere ai propri figli di completare gli studi senza cambiare scuola e città e riescono a trovare una sistemazione dalle Suore di San Giuseppe dell’Apparizione, non lontano da San Pietro. L’edificio è in ristrutturazione e non può essere pronto per l’inizio dell’anno scolastico, ma il Vaticano non concede deroghe allo sfratto - pardon, al «trasferimento» - e i ragazzi sono costretti all’ennesima dose di Didattica a distanza, fino a ottobre. Una volta entrati nella nuova sede, il periodo più difficile sembra alle spalle. Quando, a metà febbraio di quest’anno - senza alcuna avvisaglia - il vescovo di Como, monsignor Oscar Cantoni (da cui dipende l’Opera don Folci, soprattutto dopo la sua uscita dalle Mura e - piccolo dettaglio - dalla giurisdizione vaticana), comunica al rettore, don Angelo Magistrelli, che dal 30 giugno l’esperienza terminerà per sempre, in quanto ritenuta priva di valore educativo ed eccessivamente costosa, a causa delle spese di trasloco.doccia freddaLa contraddizione con le rassicurazioni del Papa e con l’ultimo comunicato della Santa Sede è evidente, i genitori dei chierichetti di Sua Santità sono delusi e decidono di rivolgersi al Pontefice. «Santo Padre», scrivono il 22 febbraio 2022 in una lettera che resterà senza risposta, «abbiamo affrontato sacrifici considerevoli [...] per poter far vivere questa esperienza ai ragazzi. Gli sforzi che si sono aggiunti dopo la decisione di proseguire in una sede extra Vaticano sono stati un’ulteriore fatica, affrontata nella certezza che sarebbero stati garantiti la prosecuzione del servizio, la vita dell’Opera e la conclusione del percorso scolastico». «Le conseguenze» della fine dell’esperienza «sarebbero pesantissime», continuano, «perché comporterebbero l’interruzione della scuola e per i ragazzi stranieri ulteriori problemi legati al riconoscimento degli anni svolti in Italia». Seguono altre lettere, incontri con l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini - che si prende a cuore la vicenda - con monsignor Cantoni e con l’Arciprete della Basilica di San Pietro, il cardinale Mauro Gambetti. Ma le famiglie si rendono conto che la decisione di mettere fine a questa esperienza - formalmente presa dalla diocesi di Como - è ormai irrevocabile. Visto che anche la proposta di fondare una nuova associazione di genitori, almeno per il tempo necessario a far terminare a tutti gli studi, viene bocciata. amari bilanci«Non si può calpestare così la vita dei ragazzi», confidano alla Verità Claudia e Daniele, genitori di uno dei chierichetti, «subire questo trattamento da parte della Chiesa li ha fatti soffrire, in un periodo già complicato per la pandemia. Alcune famiglie stanno riportando i figli a casa, altri stanno cercando soluzioni alternative a Roma. Mentre i ragazzi romeni perderanno degli anni di scuola, visto che quelli svolti qui non vengono riconosciuti in patria. Il conto dello scandalo mediatico che ha imbarazzato la Santa Sede lo pagano i nostri figli, anche se all’epoca dei fatti non avevano ancora messo piede in Vaticano».E qui veniamo alla vicenda più spinosa. Perché il Preseminario è al centro del primo processo per presunti abusi sessuali su minori avvenuti nello Stato pontificio, tra il 2007 e il 2012. E il tribunale vaticano ha assolto «per insufficienza di prove» don Gabriele Martinelli (all’epoca allievo del Preseminario e non ancora prete) dall’accusa di violenza carnale ai danni di un compagno di poco più giovane. Mentre l’ex rettore, don Enrico Radice, è stato prosciolto da quella di favoreggiamento. Ora si attende di capire se e quando ci sarà l’appello. Ma al di là del percorso processuale che riguarda i due sacerdoti - entrambi incardinati nella diocesi di Como - dopo l’inchiesta delle Iene del 2017, il caso ha fatto il giro del mondo. «Quando è uscito il servizio non sapevamo nulla», racconta alla Verità un genitore che preferisce rimanere anonimo. «Da quel giorno però i nostri figli sono stati pedinati dai media. Mentre noi siamo stati sommersi dalle telefonate dei conoscenti che ci chiedevano perché li avessimo mandati in un posto simile. Nessuno però si è chiesto perché in seguito non abbiamo portato via i nostri figli. La risposta è semplice: abbiamo verificato che le persone coinvolte non fossero più lì e siamo rimasti convinti che quella fosse un’esperienza educativa stupenda e senza pericoli. Non siamo dei pazzi...». Su chi paghi davvero le conseguenze della sbandierata tolleranza zero del Vaticano sugli abusi restano dei dubbi. Soprattutto quando la pressione degli scandali mediatici - nonostante le assoluzioni - rende più facile abbattere gli alberi che eliminare le mele marce. Interpellata dalla Verità sulla vicenda, la diocesi di Como ha fatto sapere che «al momento non ci sono dichiarazioni in proposito». Nel frattempo, il vescovo Cantoni è stato promosso e il 27 agosto diventerà cardinale.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)