2025-06-26
L’opposizione grida ai diritti violati ma sul fine vita ormai gli argini sono rotti
La bozza del centrodestra fissa dei paletti. Tuttavia, nei Paesi che hanno norme simili, i criteri sono diventati via via più laschi.C’è chi ha denunciato «sfondoni» (per la sinistra, guai a tutelare la vita «dal concepimento»!); c’è chi paventa violazioni della «dignità della persona», perché le maglie della norma sarebbero troppo strette; e chi prefigura un’eccessiva politicizzazione della commissione che dovrebbe esaminare le richieste di suicidio assistito. La bozza del ddl sul fine vita, arrivata al comitato ristretto del Senato che porrà le fondamenta per la stesura del testo definitivo, ha scatenato le proteste dell’opposizione: i progressisti vorrebbero una legge più lasca. La verità è un’altra: nonostante i tentativi del centrodestra di mettere dei paletti, per queste materie vale la regola del piano inclinato. Una volta che la biglia inizia a rotolare, andrà sempre più veloce e sempre più in basso. Per far crollare un muro, si comincia aprendo una piccola breccia. Il fulcro della proposta sta nell’istituzione di un collegio, composto da sette membri, con incarico quinquennale e rinnovabile per due mandati anche non consecutivi, nominati con decreto del presidente del Consiglio. Nel gruppo figurerebbero: un giurista scelto tra i professori universitari o gli avvocati abilitati al patrocinio legale; un esperto di bioetica; uno specialista di anestesia e rianimazione; un medico specializzato in cure palliative; uno psichiatra; uno psicologo; un infermiere. Il collegio verificherebbe se i malati che presentano domanda per il suicidio assistito posseggano i requisiti elencati dalle sentenze della Consulta: essere maggiorenni, capaci di intendere e volere, essere affetti da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche intollerabili, già inseriti in un percorso di terapie palliative e dipendenti da trattamenti di sostegno vitale. I tecnici indicati da Palazzo Chigi avrebbero 60 giorni di tempo per esprimersi, con possibilità di una proroga di altri tre mesi per i dossier più complessi. Qualora una richiesta venisse rigettata, essa non potrebbe essere ripresentata per almeno 48 mesi: pena, la dichiarazione di inammissibilità. È uno degli aspetti contestati dal renziano Ivan Scalfarotto e dal radicale Riccardo Magi, favorevoli a una revisione del fascicolo prima dei quattro anni, qualora sopraggiungano nuovi elementi.La bozza della maggioranza dispone «l’obbligatorietà della messa a disposizione delle cure palliative». Inoltre, ribadisce il valore della vita «sin dal concepimento». Un richiamo che, ben lungi dallo «spazzare via la legge sull’aborto», come lamentava qualcuno ieri su Repubblica, ne riafferma lo spirito: l’interruzione di gravidanza, in Italia, è una concessione che non deve inficiare il valore della vita del nascituro; similmente, la Corte costituzionale, pur autorizzando a certe condizioni il suicidio assistito, ha voluto ribadire che dalla Carta non è possibile desumere alcun «diritto di morire».Ieri, il vicepresidente dei senatori pd, Alfredo Bazoli, ha mosso un rilievo non banale al procedimento di designazione del comitato, che potrebbe risultare «fortemente politicizzato perché nominato dal presidente del Consiglio dei ministri: significa», ha osservato Bazoli, «che ogni premier sceglierà il suo comitato». In realtà, l’ipotesi che la sua composizione rispecchi l’alternanza democratica non è irragionevole: un organo all’apparenza asettico può occultare, dietro la pretesa della neutralità tecnica, un orientamento ideologico che potrebbe infischiarsene dell’opinione pubblica. Semmai, si potrebbe introdurre una ratifica parlamentare delle nomine. Dopodiché, alla sinistra preme imporre un approccio devolutivo: delegare l’applicazione della norma nazionale alle regioni permetterebbe di trasformare territori tipo la Toscana e l’Emilia-Romagna in piccoli cantoni elvetici. Ma l’inghippo sta altrove. Il proposito di stabilire dei limiti, ad esempio non coinvolgendo il Servizio sanitario nazionale, rischia di infrangersi sullo scoglio della realtà. Dovunque, dal Belgio all’Olanda al Canada, la liberalizzazione del suicidio assistito ha marciato per gradi: prima i terminali, poi gli incurabili, poi i minorenni malati e magari gli anziani sani ma soli. In fondo, perché una patologia neurodegenerativa e la depressione no? Che l’obiettivo finale si quello di far saltare ogni presunta discriminazione lo dimostra la campagna dell’Associazione Luca Coscioni, che prende il via oggi da Milano: raccolta firme per una legge che legalizzi «tutte le scelte di fine vita, inclusa l’eutanasia, con il pieno coinvolgimento del Ssn». In attesa che, l’8 luglio, la Consulta si pronunci sul tipico caso limite: quello di una donna che ha i requisiti delle sentenze 2019 e 2024, ma essendo paralizzata, ha bisogno che qualcuno le somministri il farmaco letale.La logica della morte è un vaso di Pandora. E si sa che il diavolo fa le pentole ma non i coperchi.