2025-08-30
Mistero a Trieste: «Un turco voleva uccidere Francesco»
Per «Il Piccolo» l’uomo, arrestato in Olanda ed estradato, era legato a Isis-K. La polizia però frena: «Non abbiamo prove».Potrebbe diventare il giallo dell’estate, quello nato dal ritrovamento di una pistola in un trolley abbandonato nel bar della stazione di Trieste il 6 luglio 2024, alla vigilia della visita di papa Francesco per la chiusura della 50ª Settimana sociale dei cattolici. L’arma, una CZ 7B calibro 9 Luger con caricatore e 14 cartucce, venne sequestrata poche ore prima dell’arrivo del pontefice. Ieri Il Piccolo ha rivelato che nei carteggi di indagine, prodotti anche sulla base di approfondimenti di intelligence, si parlava di un «possibile progetto di attentato» contro il Papa scomparso lo scorso 21 aprile.L’indagine, coordinata dalla Procura di Trieste e dalla Direzione centrale della Polizia di prevenzione, con il supporto di rogatorie internazionali, ha portato all’arresto nei Paesi Bassi, il 3 aprile 2025, del cittadino turco Hasan Uzun, 46 anni, estradato in Italia il 27 giugno. Dopo alcuni giorni in carcere a Milano, oggi si trova in regime di isolamento a Trieste. Secondo le prime ricostruzioni investigative, l’attentato sarebbe stato progettato da un’organizzazione turca legata a Isis-Khorasan, la branca dello Stato islamico attiva tra Afghanistan e Asia Centrale e ritenuta la più pericolosa per la sua proiezione internazionale. Ma la Questura di Trieste, sempre ieri, ha precisato che «non è emersa alcuna evidenza» tra l’arresto e presunti progetti di attentati «in ordine a progettualità ostili o omicidiarie nei confronti del Santo Padre. Per contro, il responsabile sembrerebbe essere inserito in circuiti criminali non correlati al terrorismo di qualsivoglia matrice». Una nota che ha cercato di fare chiarezza sulla vicenda, in attesa del lavoro della procura, unica che potrebbe chiarire nelle prossime settimane se il cittadino turco volesse davvero compiere un attentato per uccidere papa Francesco. Del resto sarebbe stato nell’interesse delle stesse forze dell’ordine raccontare di averlo sventato.A Uzun, assistito dall’avvocata Lucrezia Chermaz, sono al momento contestati soltanto il porto e la detenzione abusiva di armi. La legale ha dichiarato di non avere ancora accesso completo agli atti e di essere in attesa di un interprete turco per poter affrontare nel merito le accuse con il proprio assistito.Vedremo se ci sarà anche la contestazione di terrorismo, ma intanto il contesto globale è più che allarmante. Nei rapporti di intelligence più recenti Isis-K viene sistematicamente descritto come la minaccia jihadista numero uno. L’Odni americano (Office of the Director of National intelligence), nell’analisi di aprile 2025, lo definisce «il ramo più capace di condurre attacchi esterni», ricordando le stragi compiute a Mosca e a Kerman, in Iran. Il BfV tedesco, nella relazione 2024, lo presenta come la branca jihadista più rilevante per l’Europa. La relazione al Parlamento dei servizi italiani (Aisi e Aise), diffusa a marzo, segnala la pericolosità di Isis-K proprio per la sua capacità di sfruttare instabilità internazionali per ispirare azioni in Europa.La valutazione è condivisa anche in sede europea. Il rapporto Te-Sat 2025 di Europol, pubblicato a giugno, conferma un incremento di attacchi jihadisti nell’Ue e documenta che diversi complotti sono stati sventati, inclusa un’azione in Francia nella quale gli indagati avrebbero ricevuto istruzioni da contatti riconducibili a Isis-K in Afghanistan. Lo stesso report segnala come la guerra di Gaza sia stata strumentalizzata nella propaganda jihadista per mobilitare simpatizzanti e incitare ad azioni sul continente. Persino a livello Onu il Monitoring Team 1267 (nato nel 1999 per analizzare Al Qaeda e ora attento allo stato islamico) ha ribadito nel 2025 che Isis-K non solo mantiene capacità in Asia centrale, ma sviluppa reti logistiche e di facilitazione che attraversano anche l’Europa, sfruttando canali di finanziamento, hawala e criptovalute.Non bisogna dimenticare poi che nel marzo 2021, durante la storica visita di papa Francesco in Iraq, le forze di sicurezza irachene - allertate dai servizi britannici - sventarono due attentati suicidi: una donna pronta a farsi esplodere e un furgone imbottito di esplosivo. La notizia fu resa pubblica solo tre anni dopo, con il racconto dello stesso pontefice nella sua autobiografia. E nel settembre 2024, a Jakarta, la polizia indonesiana arrestò sette persone legate all’Isis che pianificavano un attentato durante la visita papale. Nei loro covi furono trovati archi, frecce, un drone e volantini jihadisti. Il complotto, scoperto grazie a segnalazioni sui social, spinse le autorità a mobilitare oltre 4.000 uomini per proteggere Francesco.Che si tratti di un pericolo solo evocato o di una trama reale, Isis-K ha già dimostrato di poter colpire simboli cristiani. Il 28 gennaio 2024, durante la messa domenicale, due uomini armati entrarono nella chiesa cattolica di Santa Maria a Istanbul, uccidendo un fedele. L’attacco, rivendicato dallo Stato islamico, fu ricondotto dalle autorità turche a cellule legate al network Horasan. È un precedente concreto che pesa sulla percezione di minaccia: i luoghi di culto cristiani restano nel mirino e la minaccia, quando passa all’azione, è sanguinosa.A questo scenario operativo si aggiunge la voce della propaganda. Il 25 aprile 2025, quattro giorni dopo la morte di papa Francesco, al-Naba, il settimanale ufficiale dello Stato islamico, ha pubblicato un editoriale durissimo. Non conteneva esultanze, ma la condanna del Grande Imam di al-Azhar e di altre autorità islamiche per aver espresso cordoglio. Quelle condoglianze venivano definite «tradimento del monoteismo». Un attacco che conferma come, nell’immaginario jihadista, il Papa resti un bersaglio ideologico: non tanto per la sua appartenenza alla Chiesa, quanto come simbolo del dialogo interreligioso che Isis-K considera una minaccia da combattere. Nei giorni successivi, su canali e forum filo-Isis in arabo e turco, comparvero poster e messaggi che ribadivano lo stesso concetto, trasformando la figura di Francesco in icona negativa anche dopo la sua morte.
Nel riquadro: Mauro Micillo, responsabile Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (Getty Images)
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