2025-02-21
Fine vita, centrodestra in confusione. Maggioranza lombarda in testacoda
Attilio Fontana (Imagoeconomica)
La Regione blinda col voto in Consiglio il principio di incompetenza, ma il suicidio assistito viene «erogato» anche grazie a un tavolo istituito da un decreto mai reso pubblico. E allora a che serve la rappresentanza?La Corte costituzionale «stabilisce diritti»? Dalla risposta alla domanda scaturiscono implicazioni non irrilevanti: tra queste, si può inscrivere il grosso cortocircuito politico-istituzionale che sta agitando la maggioranza in Consiglio regionale lombardo sul fine vita. Non proprio una sede qualsiasi, non proprio una materia qualsiasi. Per districarsi, va ricostruita una vicenda decisamente complessa, seguendo il filo della Consulta, di un voto del Consiglio dell’ente presieduto dal leghista Attilio Fontana e di un decreto «segreto» della Direzione generale welfare, che riguarda proprio il fine vita. Il problema, provando a semplificarlo, è il seguente: perché in Regione Lombardia è stata accolta la richiesta di «Serena» (nome di fantasia) di accedere al suicidio assistito malgrado il Consiglio regionale - in data 20 novembre 2024 - abbia approvato una questione pregiudiziale di costituzionalità che ha deciso di non trattare, per assenza di competenza, il progetto di legge di iniziativa popolare promosso dall’Associazione Luca Coscioni che intendeva disciplinare su base regionale i cascami della celebre sentenza Cappato della Corte costituzionale (242/2019)? Con tale discusso pronunciamento, la Consulta stabilì allora l’incostituzionalità di parte dell’articolo 580 del codice penale, assumendo un inconsueto ruolo para-legislativo nell’indicare le condizioni alle quali chi aiuta il suicidio altrui non possa essere perseguibile: l’irreversibilità della patologia del soggetto che ne faccia richiesta, la presenza di sofferenze fisiche o psicologiche ritenute intollerabili, la dipendenza dello stesso da trattamenti di sostegno vitali e la sua capacità di prendere decisioni libere e consapevoli. I giudici assegnarono al Parlamento un lasso di tempo definito per normare secondo tali ingiunzioni: un ammonimento cui l’Aula ha ritenuto di non ottemperare nelle ultime legislature. Nel frattempo, strutture ospedaliere e Regioni sono andate in ordine sparso: la Lombardia come si è detto, la Toscana - per esempio, - in senso opposto, disciplinando il suicidio assistito e attirandosi le recenti critiche della Conferenza episcopale italiana. Ed ecco il punto: Milano va da una parte, Firenze da quella opposta, ma il cittadino milanese e quello fiorentino accedono egualmente al suicidio assistito, come in altre Regioni che non si sono pronunciate in merito.C’è contrasto tra il voto del Pirellone e la morte di Serena? Per Fratelli d’Italia sì, se è vero che il relatore della questione di pregiudizialità approvata in Aula ha scandito a novembre in occasione del voto: «Ad oggi in Italia non esiste alcun diritto al suicidio medicalmente assistito. La sentenza 242 si limita infatti ad escludere la punibilità dell’aiuto al suicidio nei casi considerati, senza obbligo di procedere a tale aiuto in capo ai medici». Di avviso opposto il presidente Fontana, che due giorni fa in un’intervista al Qn ha dichiarato: «Ci sono due sentenze della Corte costituzionale che stabiliscono il diritto del cittadino di essere ammesso a questa procedura [...] È un diritto che va tutelato». Non sono esattamente posizioni allineate. E a scaldare ulteriormente la maggioranza lombarda c’è un decreto, il numero 13846 del 19 settembre 2024, firmato dalla Direzione generale welfare, la struttura tecnica che fa capo all’assessorato di Guido Bertolaso . Tale decreto, non reperibile nel Bollettino ufficiale della Regione perché dispensato dalla pubblicazione, come si legge qui in pagina, istituisce un «tavolo regionale» per lo studio e l’approfondimento dei temi posti in essere dalla sentenza già citata della Consulta. Secondo fonti vicine al dossier sentite dalla Verità, lo scopo di tale tavolo era fornire al decisore politico quanti più elementi possibili sullo stato delle domande di suicidio assistito e sul loro trattamento nelle varie strutture sanitarie. Le successive integrazioni (15133 del 9 ottobre 24 e 19379 dell’11 dicembre, con la firma del nuovo dg, Mario Melazzini, anch’esse dispensate da pubblicazione) modificano la composizione di questo tavolo, presieduto, come ha spiegato Bertolaso al Corriere della Sera, dall’ex presidente di Cassazione Giovanni Canzio (autorevolissimo, ma non esattamente affine alla base elettorale di Fontana) e comprendente, tra gli altri, Alberto Zangrillo e Alberto Mantovani. Se l’obiettivo iniziale era di fornire informazioni al decisore, però, l’ex capo della Protezione civile ha documento qualcosa d’altro: gli esperti, ha detto, «hanno indicato quelle che sono le sequenze operative tecniche per adempiere al dettame della Corte» in caso di richieste di suicidio assistito come quella della signora Serena. Tale assise è stata peraltro creata e convocata esattamente mentre venivano auditi esperti e interlocutori in vista del voto sulla pregiudiziale. Tuttavia, non risulta alla Verità che né i consiglieri né parte della giunta fossero consapevoli delle riunioni di tale organismo. Anzi, il 23 settembre 2024, quattro giorni dopo il varo del decreto, proprio in audizione un dirigente UO Prevenzione della stessa Direzione generale welfare spiegava all’aula: «Devo fare un passo indietro rispetto a dove arriva il Sistema sanitario regionale e nazionale. Noi arriviamo fino al momento della valutazione. Quindi tutto quello che riguarda l’identificazione del farmaco, quello che succede dopo, le tempistiche successive, i vari percorsi non sono in questo momento normati nell’ambito del nostro sistema e, quindi, noi lì non abbiamo la competenza né di chiedere né di fare. Da questo punto di vista poi non siamo in grado di dare una risposta a qualcosa che non è, in questo momento, competenza del Servizio sanitario regionale». Il caso della signora Serena indica, tuttavia, che le risposte sono state fornite, malgrado l’assenza di leggi regionali e tanto meno nazionali in materia.Fonti consultate da questo giornale hanno spiegato che tra i compiti di questo tavolo c’è la stesura, che sarebbe in stato avanzato, di una bozza per consolidare un protocollo d’azione comune per tutte le 27 Aziende socio sanitarie territoriali lombarde. Quantomeno, in attesa di capire se la Consulta «stabilisca diritti» o meno (la tesi è costituzionalmente eccepibile), c’è da augurarsi che tali atti abbiano maggiore pubblicità, almeno entro le istituzioni della Regione più popolosa d’Italia. Altrimenti non è chiarissimo cosa serva votare da una parte o dall’altra, né a cosa serva invocare una legge nazionale quando basta un tavolo.
Nucleare sì, nucleare no? Ne parliamo con Giovanni Brussato, ingegnere esperto di energia e materiali critici che ci spiega come il nucleare risolverebbe tutti i problemi dell'approvvigionamento energetico. Ma adesso serve la volontà politica per ripartire.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 18 settembre con Carlo Cambi