2021-11-29
Figlio di Gheddafi fuori, elezioni in Libia a rischio
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Oppositori di Saif Al-Islam Gheddafi e Khalifa Haftar a Tripoli (Getty Images)
La tornata elettorale del prossimo dicembre si avvicina e la situazione nel Paese nordafricano continua a rivelarsi particolarmente problematica. La settimana scorsa, il figlio del rais, Saif Al-Islam, è stato escluso dalla corsa in base all'articolo 10 della legge elettorale libica, secondo cui i candidati «non dovrebbero essere condannati con sentenza definitiva per un crimine o un reato contro l'onore o la fiducia».La settimana scorsa, il figlio di Muammar Gheddafi, Saif Al-Islam, è stato escluso dalla competizione elettorale in base all'articolo 10 della legge elettorale libica, secondo cui i candidati «non dovrebbero essere condannati con sentenza definitiva per un crimine o un reato contro l'onore o la fiducia». Il figlio del rais – che è attualmente ancora ricercato dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra – ha quindi fatto ricorso: un ricorso che, al momento, si è rivelato piuttosto turbolento. Giovedì scorso, un gruppo armato vicino al generale Khalifa Haftar ha infatti bloccato l'accesso al tribunale competente, impedendo così la presentazione del ricorso stesso: una circostanza che ha gettato l'Onu in allarme. La missione di supporto delle Nazioni Unite in Libia ha in tal senso ribadito «la sua richiesta di tenere elezioni trasparenti, eque e inclusive il 24 dicembre». Ma il caso Gheddafi non costituisce una mera questione interna: esso sta infatti determinando anche delle ripercussioni sul piano internazionale. Sotto questo aspetto, la Russia si è detta allarmata dall'esclusione di Saif al-Islam dalla competizione elettorale. «Chiediamo sempre di fornire pari opportunità ai rappresentanti di tutti gli ambienti politici e pubblici libici per partecipare al processo elettorale», ha dichiarato la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova. Tutto questo, mentre l'ambasciatore russo presso l'Onu, Gennady Kuzmin, ha chiesto di posticipare le elezioni di dicembre: una mossa che, secondo Libya Observer, nascerebbe dal fatto che Mosca starebbe puntando molto sulla candidatura del figlio di Gheddafi. E' chiaro che, se la Russia inizia mostrare dubbi, il processo elettorale libico rischia di farsi sempre più turbolento e accidentato. Proprio la Russia rappresenta infatti uno dei principali attori internazionali che – soprattutto attraverso i mercenari del Wagner Group – operano nel Paese nordafricano, preservando una particolare influenza sulla sua parte orientale. A tutto questo va aggiunto il ruolo sempre più inquieto della Turchia, che ha recentemente rispedito al mittente la richiesta francese di ritirare le proprie forze militari dall'area occidentale della Libia. Insomma, l'imprevedibilità di Mosca e Ankara rischia di pesare significativamente sulle elezioni di dicembre. Tanto più che non è affatto chiara quale sia la posizione turca sulla figura di Gheddafi: se il Guardian parla di sostanziale ostilità, Al Monitor ha invece fatto presente una situazione molto più ambigua e sfumata. In questo quadro, anche la candidatura di Haftar ha i suoi problemi. La scorsa settimana, la corte marziale permanente di Misurata ha infatti condannato a morte in contumacia il maresciallo della Cirenaica per aver bombardato il Misurata Air Defense College nel 2019: una condanna che, per inciso, riguarda anche altri militari del fronte pro-Haftar. Ricordiamo che storicamente il generale godesse dell'appoggio di Francia, Egitto e Russia. Un insieme di Paesi che non è affatto escluso che stiano continuando sotterraneamente a sostenerlo. In particolare, Francia ed Egitto hanno consolidato i loro legami negli ultimi tempi su vari dossier (tra cui quello libico). Una situazione, questa, che potrebbe essere alla base del nervosismo turco, con la stessa Ankara che guarda probabilmente con favore alla candidatura dell'attuale premier, Abdel Hamid Dbeibah, in funzione anti-Haftar (un Dbeibah che ha tuttavia ieri visto la sua candidatura sospesa dalla corte d'appello di Tripoli e che ha per questo intenzione di fare ricorso).In tutto ciò, domenica scorsa è intervenuto l'Alto Consiglio di Stato, che si è detto «profondamente preoccupato» per «i tentativi di frode sistematici e le violazioni verificatesi nella registrazione e ricezione delle tessere elettorali». Ricordiamo che quest'organo è presieduto da Khalid al-Mishri, esponente del Partito della Giustizia e dello Sviluppo: formazione legata ai Fratelli musulmani e quindi politicamente vicina alla Turchia. Negli ultimi anni, Khalid al-Mishri ha avuto diversi incontri con vari attori internazionali coinvolti in Libia. È comunque ragionevole ritenere che costui risulti particolarmente legato al presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, con cui ha avuto un colloquio a porte chiuse ad Ankara appena lo scorso 10 novembre. Il comunicato dell'Alto Consiglio di Stato sulle frodi può quindi essere inteso (anche) come un monito turco sul processo elettorale libico. La situazione, insomma, resta notevolmente complicata.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)