2023-10-16
Figlio dell’Apostolico accusato di violenza contro un agente. Lei lo scagionò in aula
Il tribunale di Padova. Nel riquadro, Iolanda Apostolico (Imagoeconomica)
Il giudice delle sentenze «pro migranti» ha testimoniato a favore del ragazzo coinvolto in alcuni scontri: aggressione della polizia.Con quel cognome può fare solo atti di clemenza. Verso i migranti, non importa se già espulsi o meno, se clandestini o meno. Però se un gioielliere, Guido Gianni, spara a due rapinatori che fanno irruzione nel suo negozio la condanna è a 13 anni. Iolanda Apostolico riprendendo il Vangelo secondo Marco si è presentata nell’ottobre dello scorso anno al tribunale di Padova e deve avere detto: «sinite parvulos venire ad me». Perché «ogni scarrafone è bello a mamma soia!». Il pargolo in causa, imputato di resistenza alla polizia, era suo figlio, Francesco Moffa, oggi 26 anni, finito sul banco degli imputati dopo una manifestazione antagonista e dopo aver cercato di assaltare un cordone di agenti di polizia. La giudice catanese non deve avere un eccesso di simpatia per le forze dell’ordine, sentimento condiviso col pargolo e col marito Massimo Mingrino (il giovane Moffa deve essere figlio di primo letto) esponente di Potere Operaio anche lui funzionario del tribunale di Catania che non ha simpatico neppure Israele. Aveva, nel maggio del 2021, condiviso un post di Potere Operaio dichiaratamente anti-israeliano. Ora il profilo Facebook di Mingrino è diventato inaccessibile, ma pare che lui e la giudice si scambiassero affettuosi e solidali like. Nell’autunno del 2022 la Iolanda, al pari della Marianna, mondina rivoluzionaria protagonista di un canto popolare, la va in campagna e dal sole catanese affronta le nebbie patavine per fare luce sull’increscioso equivoco. Testimonia davanti al giudice suo collega in favore del figlio, sostiene che l’accusa non regge, che il giovane Francesco era sì in piazza nel 2019 con i centri sociali per protestare contro la manifestazione antiabortista indetta da Forza Nuova, ma era una libera espressione di pensiero. Che semmai la polizia schierata in assetto antisommossa doveva evitare gli scontri. Che l’accusa contro il figlio di aver aggredito un agente sferrando un pugno sullo scudo non regge. Come riportato ieri dal Messaggero la Apostolico nella sua testimonianza per scagionare il figlio accusato con altri 14 ragazzi di resistenza a pubblico ufficiale (per alcuni vi erano imputazioni anche un po’ più pesanti e due saranno condannati) riferì al suo collega giudicante che la polizia aveva usato violenza contro i partecipanti, che in un video era ben visibile un ematoma comparso sulla gamba a seguito di un colpo subito da Francesco e che il figlio «mostrava i jeans imbrattati del sangue di una sua amica che era rimasta ferita a causa di una manganellata». Con la coscienza di aver evitato un clamoroso errore giudiziario la Iolanda se ne è tornata a Catania nella fiduciosa attesa dell’assoluzione del figlio puntualmente arrivata il 2 febbraio scorso. Matteo Salvini, vicepremier e leader della Lega, memore del fatto che l’Apostolico il 25 agosto del 2018 insieme al marito se ne stava sulla banchina del porto di Catania in compagnia degli antagonisti schierati in corteo che gridavano «assassini» agli agenti ieri mattina sulla sua pagina di Facebook riprendendo la notizia del Messaggero ha postato: «Madre e figlio, bella famigliola; Apostolico il figlio aggredì agenti, lei lo difese: assolto». Simonetta Mattone, oggi deputata della Lega, con però alle spalle un lungo impegno in magistratura, commenta: «Nel 2018 il giudice Apostolico era a manifestare con la sinistra che offendeva e insultava le forze dell’ordine. Sempre lei ha testimoniato a difesa di suo figlio che manifestando con i centri sociali aveva aggredito agenti di polizia. Siamo certi che l’Apostolico avrà denunciato chi davanti ai suoi occhi a Catania insultava gli uomini in divisa. Ci aspettiamo una risposta chiara e non evasiva come ha fatto fino ad oggi». La giudice che resta per ora al suo posto al tribunale di Catania dove si occupa di migranti ha già respinto, con due diverse sentenze, otto provvedimenti del questore che inviavano i profughi nel Cpr (almeno di quattro si sono perse le tracce) contestando la legittimità del cosiddetto decreto Cutro. In tre video - uno si è detto ripreso da un carabiniere che interrogato dalla procura di Catania ha negato di averlo girato e divulgato - di cui due dell’agenzia LaPresse diffusi anche dalla Lega si vede la giudice Iolanda Apostolico partecipare attivamente a manifestazioni contro la polizia e contro l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini che nel 2018 impedì per alcuni giorni lo sbarco di profughi e clandestini dalla nave militare Diciotti. In un primo momento la Apostolico non ha commentato, poi ha detto che era lì per fare da paciere, ma nel terzo filmato la si vede, a fianco del marito, uno degli organizzatori della protesta assieme con il segretario di allora di Rifondazione Comunista Pier Paolo Montalto, ritmare il grido «siamo tutti antifascisti». Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha chiarito di non aver disposto nessun accertamento nei confronti della Apostolico e perciò di non aver avviato alcuna azione disciplinare anche se la Lega continua a chiedere le dimissioni della giudice catanese. Il Csm è spaccato sul caso mentre l’associazione magistrati la difende a spada tratta dall’accusa di parzialità. Peraltro anche le giudici hanno figli e anche per loro «so piezze ‘e core!».
Gattuso e la Nazionale lasciano San SIro al termine del match perso per 4-1 contro la Norvegia (Ansa)
(Arma dei Carabinieri)
L’organizzazione era strutturata per assicurare un costante approvvigionamento e una capillare distribuzione della droga nelle principali piazze di spaccio del capoluogo e della provincia, oltre che in Veneto e Lombardia. Il canale di rifornimento, rimasto invariato per l’intero periodo dell’indagine, si trovava in Olanda, mentre la gestione dei contatti e degli accordi per l’invio della droga in Italia era affidata al capo dell'organizzazione, individuato nel corso dell’attività investigativa. L’importazione della droga dai Paesi Bassi verso l’Italia avveniva attraverso corrieri ovulatori (o “body packer”) i quali, previa ingestione degli ovuli contenenti lo stupefacente, raggiungevano il territorio nazionale passando dalla Francia e attraversando la frontiera di Ventimiglia a bordo di treni passeggeri.
Lo schema operativo si ripeteva con regolarità, secondo una cadenza settimanale: ogni corriere trasportava circa 1 chilogrammo di droga (cocaina o eroina), suddiviso in ovuli termosaldati del peso di circa 11 grammi ciascuno. Su ogni ovulo era impressa, con pennarello, una sigla identificativa dell’acquirente finale, elemento che ha permesso di tracciare la rete di distribuzione locale. Tutti i soggetti interessati dal provvedimento cautelare risultano coinvolti, a vario titolo, nella redistribuzione dello stupefacente destinato alle piazze di spaccio cittadine.
Dopo due anni di indagini, i Carabinieri sono stati in grado di ricostruire tutta la filiera del traffico di stupefacenti: dal fornitore olandese al promotore che in Italia coordinava la distribuzione alla rete di corrieri che trasportavano la droga in ovuli fino ai distributori locali incaricati dello spaccio al dettaglio.
Nel corso delle indagini è stato inoltre possibile decodificare il linguaggio in codice utilizzato dagli indagati nelle loro comunicazioni: il termine «Top» era riferito alla cocaina, «Spa» all’eroina, «Pantaloncino»alle dosi da 5grammi, mentre «Fogli di caramelle» si riferiva al contante. Il sequestro di quaderni contabili ha documentato incassi giornalieri e movimentazioni di denaro riconducibili a un importante giro d’affari, con pagamenti effettuati tramite bonifici internazionali verso conti correnti nigeriani per importi di decine di migliaia di euro.
Il Gip del Tribunale di Venezia ha disposto la custodia cautelare in carcere per tutti i venti indagati, evidenziando la «pericolosa professionalità» del gruppo e il concreto rischio di fuga, considerati anche i numerosi precedenti specifici a carico di alcuni appartenenti all’organizzazione.
L’esecuzione dei provvedimenti restrittivi e delle perquisizioni è stata condotta con il concorso di Carabinieri di rinforzo provenienti da tutti i Comandi Provinciali del Veneto, con il supporto dei Reparti Mobili e Speciali dell’Arma, delle Unità Cinofile Antidroga e del Nucleo Elicotteri Carabinieri, che hanno garantito la copertura aerea durante le operazioni.
L’Operazione «Marshall» rappresenta un importante risultato dell’attività di contrasto al narcotraffico internazionale e alle organizzazioni criminali transnazionali, confermando l’impegno costante dell’Arma dei Carabinieri nel presidio del territorio e nella tutela della collettività.
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