2024-01-14
Per bocciare le famiglie arcobaleno le toghe s’aggrappano al femminismo
Dalla Cassazione arriva un altro no alle trascrizioni dei figli di coppie gay. I giudici si appigliano alla surrogata, perché offende le donne. Ma glissano sul fatto che qui le persone dello stesso sesso non possono essere genitori.Pietro Dubolino, Presidente di sezione a riposo della Corte di Cassazione.È stata da poco pubblicata la sentenza numero 85/2024 con la quale la Corte di cassazione, in linea con altre sue precedenti pronunce, ha ancora una volta escluso che, nel caso di un bambino nato all’estero a seguito di maternità surrogata (o utero in affitto che dir si voglia) su commissione di una coppia omogenitoriale, possa figurare, nell’atto di nascita trascritto in Italia, accanto al genitore «biologico» anche quello «intenzionale», vale a dire il componente della coppia che si è limitato a dare il proprio consenso alla fecondazione dell’ovulo di una sconosciuta «donatrice» con il liquido seminale del compagno e al suo successivo impianto nell’utero della donna prestatasi a portare a termine la gravidanza.Anche stavolta, a sostegno della decisione, è stato richiamato il principio secondo cui la pratica della maternità surrogata, oltre a essere penalmente vietata in Italia, sarebbe anche in contrasto con il cosiddetto «ordine pubblico internazionale» (cioè, in sostanza, con i principi fondamentali dell’ordinamento italiano destinati, come tali, a prevalere su norme straniere di cui si chieda l’applicazione in Italia). Ciò perché la suddetta pratica, come affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza numero 272/2017, «offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane». Non è qui il caso di addentrarsi nella problematica circa la correttezza o meno della ritenuta annoverabilità del divieto della maternità surrogata fra i principi fondamentali dell’ordinamento italiano, trattandosi di un divieto che la stessa Corte di cassazione, in altre pronunce (in particolare, quella delle sezioni unite numero 12193/2019 e quella della prima sezione, la numero 19599/2016) ha definito come frutto soltanto di «una scelta non irragionevole, compiuta dal legislatore nell’esercizio della sua discrezionalità»; il che significa che tale scelta potrebbe essere rivista e ribaltata dallo stesso legislatore senza incorrere in violazione alcuna della Costituzione o delle convenzioni internazionali cui l’Italia aderisce; cosa che appare in contrasto con quanto affermato nelle medesime pronunce, secondo cui una norma può ritenersi di «ordine pubblico internazionale» soltanto in quanto sia vincolante per lo stesso legislatore, nel senso che questi non potrebbe adottarne una diversa se non incorrendo, appunto, nella suddetta violazione.Bisogna, invece, osservare che la linea argomentativa che ha condotto la Cassazione a negare la possibilità di trascrizione in Italia della parte dell’atto di nascita estero contenente l’indicazione del genitore «intenzionale», sol perché ritenuta in contrasto con il divieto della maternità surrogata, presenta un evidente «tallone d’Achille». Essa, infatti, non considera che a tale pratica potrebbe far ricorso, per le più varie ragioni, anche una coppia eterosessuale. In tal caso, nell’atto di nascita del bambino che, all’esito di essa, nascesse all’estero, figurerebbero come genitori entrambi i componenti di detta coppia, maschio e femmina, indipendentemente dalla circostanza che la fecondazione dell’ovulo, poi impiantato nell’utero della madre surrogata, fosse stata omologa o eterologa e, quindi, a entrambi o a uno solo dei partner fosse da riconoscere la qualità di genitore «biologico». Verificandosi una tale ipotesi, non si vede come potrebbe ragionevolmente negarsi la completa trascrivibilità in Italia dell’atto di nascita non solo nel caso di fecondazione omologa, ma anche in quello di fecondazione eterologa, dal momento che quest’ultima, nell’ordinamento italiano, è consentita, sia pure a determinate condizioni, alle coppie eterosessuali. Ciò a seguito della declaratoria di parziale incostituzionalità degli articoli 4,9, 12 della legge numero 40/2004 che, originariamente, la vietavano in modo assoluto. Vi è quindi da chiedersi, a questo punto, se veramente il diniego della trascrizione completa dell’atto di nascita avvenuta all’estero a seguito di parto da maternità surrogata, cui abbia fatto ricorso una coppia omosessuale, possa trarre la sua giustificazione - come, invece, ritenuto dalla Corte di cassazione - dalla sola ritenuta contrarietà di detta pratica ai principi di «ordine pubblico internazionale» vigenti nel nostro Paese. La risposta, a rigore, non potrebbe che essere negativa giacché, altrimenti, il diniego dovrebbe assurdamente estendersi anche al caso limite in cui alla maternità surrogata abbia fatto ricorso una coppia eterosessuale nel cui ambito sia avvenuta la fecondazione dell’ovulo poi impiantato nell’utero della donna prestatasi a proseguire e condurre a termine la gestazione. In realtà la vera ragione del diniego, nei casi finora esaminati (a quanto è dato sapere) dalla Corte di cassazione avrebbe dovuto essere un’altra: quella, cioè, costituita dalla evidente contrarietà all’«ordine pubblico internazionale» vigente in Italia dell’attribuzione della genitorialità a due soggetti dello stesso sesso, indipendentemente dall’avvenuto ricorso o meno alla pratica della maternità surrogata. Contrarietà facilmente desumibile dalla già ricordata limitazione, voluta dalla Corte costituzionale, della possibile liceità della fecondazione eterologa alle sole coppie eterosessuali, come pure dal fatto che la legge nemero 76/2016 sulle «unioni civili» tra persone dello stesso sesso esclude che queste possano adottare congiuntamente minori. E ulteriore conferma può trovarsi nelle sentenze della Corte costituzionale numeri 221/2019 e 230/2020 in cui si afferma testualmente che la famiglia costituita da «due genitori, di sesso diverso, entrambi viventi e in età potenzialmente fertile» ragionevolmente può essere ritenuta, «in linea di principio, il “luogo” più idoneo per accogliere e crescere il nuovo nato». Ma perché, allora, la Cassazione ha preferito porre a sostegno delle proprie decisioni la diversa, zoppicante ragione basata sulla pretesa qualificabilità del divieto della maternità surrogata come inderogabile norma di «ordine pubblico internazionale»? La risposta è molto semplice. Non potendosi pensare che alle raffinate menti giuridiche dei supremi giudici siano sfuggite le già illustrate contraddizioni logiche implicite in quella scelta, deve ritenersi che la stessa sia stata determinata, essenzialmente, dalla sua maggiore «spendibilità» nell’attuale contesto di dominante, acceso femminismo, alimentato dal mainstream dei mezzi d’informazione. Negare la trascrivibilità di un atto di nascita recante l’indicazione di due genitori dello stesso sesso perché frutto di una pratica che «offende la dignità della donna» espone, infatti, a pericoli di pubblica contestazione di gran lunga inferiori a quelli ai quali, invece, darebbe luogo il negarla perché contraria al principio per il quale non è attualmente ammissibile in Italia che due soggetti dello stesso sesso possano essere entrambi considerati genitori.Il fatto che solo quest’ultimo, in realtà, possa essere ritenuto, almeno allo stato, un principio inderogabile di ordine pubblico passa, evidentemente, in seconda linea. Quel che soprattutto sembra avere importanza è l’evitare, per quanto possibile, l’affermazione di principi contrastanti con il «politicamente corretto»; e ciò anche a costo di incorrere (con tutto il rispetto) nel «giuridicamente scorretto» .
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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