
Il 5 ottobre ci sarà una preghiera pubblica nei pressi di San Pietro. Un gesto forte dei credenti perplessi dal pontificato di Francesco, alla vigilia del sinodo amazzonico che sta già creando ulteriori divisioni.Forse perché si colloca a cavallo tra la festa di San Francesco e la Madonna del rosario, o forse perché il giorno successivo incomincia il sinodo sull'Amazzonia, fatto sta che il 5 ottobre è una data molto importante per quei cattolici che, con un eufemismo, possiamo definire «perplessi». Del resto dopo sei anni di massiccia discontinuità rispetto ai pontificati precedenti, è un po' inevitabile che la dialettica interna alla Chiesa cattolica si manifesti non più solo con appelli, suppliche filiali, lettere aperte, dubia inascoltati, ma anche fisicamente, con una manifestazione pubblica.Particolarmente significativa è infatti la scelta di alcuni gruppi di preghiera, di sacerdoti, religiosi e semplici laici cattolici, di pregare pubblicamente, nei pressi di San Pietro, in largo Giovanni XXIII, a partire dalle 14.30. «Pregheremo il rosario per chiedere alla Vergine di salvare la barca di Pietro, già quasi rovesciata»: è questo, su per giù, il tenore dei post che compaiono in Rete, in particolare sulla pagina Facebook, Preghiamo per la Chiesa, o nelle mail che chiamano a raccolta il mondo cattolico. Post che riecheggiano volutamente una frase di Benedetto XVI, scritta per il funerale del cardinale di Colonia, Joachim Meisner, particolarmente angustiato da documenti come Amoris laetitia e non solo. Sulla pagina Facebook ufficiale della manifestazione si possono poi leggere frasi dei cardinali Giacomo Biffi e Carlo Caffarra, ammonimenti di Giovanni Paolo I , ad esempio sui rischi di un certo terzomondismo cattocomunista («È bene aver scelto la causa dei poveri, degli emarginati, del terzo mondo. Attenti però, con la scusa dei poveri lontani, a non trascurare i poveri vicini...») e dichiarazioni di Benedetto XVI sulle sofferenze della Chiesa che provengono non dai suoi avversari esterni, ma da quelli interni.La preghiera pubblica, che vuole essere chiara ma sobria (non ci saranno né cartelli, né bandiere), poggia su un manifesto tradotto in varie lingue, sostenuto anche da intellettuali e giornalisti cattolici di vari Paesi, che indica dieci intenzioni di preghiera. Eccone solo alcune: «Che cessino gli scandali sessuali ed economici che deturpano il volto della Chiesa e che gli ecclesiastici coinvolti non siano promossi a posizioni di comando; che non venga adulterato il depositum fidei, di cui nessuno, nella Chiesa di Cristo, neppure il Pontefice, è padrone; che le famiglie religiose, i vescovi, i sacerdoti, i professori fedeli a Cristo e alla Chiesa non vengano più commissariati, perseguitati, destituiti senza accuse concrete e verificate, per il solo motivo del loro attaccamento alla “fede di sempre"; che gli uomini di Chiesa non cessino di proclamare i “principi non negoziabili", in particolare la difesa della vita e della famiglia, venendo a patti con la cultura di morte e l'ideologia gender; che non si confondano più l'amore per il creato con l'ecologismo pagano e panteista, né la misericordia di Dio con il relativismo morale e l'indifferentismo religioso; che i cristiani perseguitati nel mondo non debbano più sentir dire, dai loro pastori, che Allah e Gesù Cristo sono il “medesimo Dio"...».Un giorno intenso, si diceva, perché la preghiera pubblica del primo pomeriggio è preceduta da un evento, organizzato dall'istituto Plinio Corrêa de Oliveira. A partire dalle 9.30 infatti, presso l'Hotel Quirinale, si svolgerà un convegno incentrato sul sinodo sull'Amazzonia e intitolato «Amazzonia: la posta in gioco». Questo sinodo, come quello sulla famiglia del 2015, si preannuncia estremamente divisivo e sta già lacerando ulteriormente un mondo cattolico in enorme confusione. Il cardinale tedesco Walter Brandmüller ne ha messo in luce le anomalie affermando che l'instrumentum laboris che lo prepara «contraddice l'insegnamento vincolante della Chiesa in punti decisivi e quindi deve essere qualificato come eretico». Il sospetto di molti è che l'intenzione di alcuni dei padri sinodali e degli organizzatori sia quello di tentare un rovesciamento della missione della Chiesa, sia snaturandone la natura missionaria (l'invito ad adattarsi alle credenze tribali, infatti, censura la «conversione» richiesta a tutti dal messaggio evangelico), sia trasformandola in una Ong «gretina», addetta alle questioni ambientali con slancio panteista, prima che, anzitutto, al suo compito di annuncio salvifico. Tra gli oratori presenti al convegno, oltre agli italiani Stefano Fontana e Roberto De Mattei, si segnalano soprattutto Bertrando d'Orleans Braganza, della famiglia imperiale del Brasile, Jonas Macuxí de Souza, dirigente dell'etnia macuxí di Roraima in Amazzonia e il metereologo dell' università Federale di Alagoas, Luiz Carlos Molion.Ma non è finita. Sempre il 5 ottobre, alle 18, si danno appuntamento a Roma, presso la sala conferenze di Santo Spirito in Sassia, anche i membri del comitato internazionale «Uniti con Gesù Eucaristia per le mani santissime di Maria», che si battono per una rinascita della devozione eucaristica, cominciata con Benedetto XVI , ma poi bruscamente interrotta. Tra gli oratori del convegno: monsignor Nicola Bux, lo storico tedesco Michael Hesemann e Alessandro Meluzzi.
Nel 2025 la Bce ha tagliato di 1 punto gli interessi, ma i prestiti casa sono diventati più cari. Su un fisso (9 su 10 lo preferiscono al variabile) da 150.000 euro a 25 anni il salasso è di 600 euro all’anno. Motivo? I mercati non credono possano esserci altre sforbiciate.
La Bce taglia i tassi o comunque non li aumenta e i mutui per comprare casa sono sempre più cari. È questo il paradossale fenomeno con il quale devono fare i conti le famiglie italiane che hanno deciso di indebitarsi pur di coronare il sogno di una vita: l’abitazione di proprietà. Tanto per intenderci: nel 2025, la Banca Centrale Europea ha limato per quattro volte il costo del denaro portandolo dal 3 al 2%. Si poteva sperare in qualcosa in più soprattutto con un Europa che cresce a ritmi lentissimi e con un’inflazione tutto sommato stabile, ma tant’è.
Le fake news russe diventano la scusa per varare il Democracy shield, l’ente per la «resilienza democratica» con cui l’Europa si arrogherà il diritto di controllare l’informazione. Che già influenza coi soldi a tv e giornali.
La Commissione europea si prepara a sferrare un attacco frontale contro quella che definisce «disinformazione» e «ingerenza straniera», ma i suoi piani sollevano gravi interrogativi sulla libertà di espressione dell’Unione. L’iniziativa, presentata come il nuovo «Scudo europeo per la democrazia» (Democracy shield), viene lanciata oggi a Bruxelles. Al centro di questo piano c’è la proposta di istituire una nuova struttura, il Centro europeo per la resilienza democratica, presentata come un polo per coordinare gli sforzi tra l’Ue e i Paesi membri contro attacchi ibridi di disinformazione provenienti, in particolare, da attori stranieri come la Russia.
Antonio Chiappani (Ansa)
Proteste in commissione Covid per l’audizione di Antonio Chiappani, il procuratore che indagò Conte e Speranza per epidemia colposa. Lui cita il codice penale: non impedire un evento evitabile equivale a cagionarlo.
Ancora una volta gli auditi proposti dalla maggioranza sono puntualmente contestati dall’opposizione. Succede in commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza sanitaria Covid. Ieri, a essere ascoltato era Antonio Chiappani, già procuratore capo della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo. «Sono qui per rappresentare tutte le criticità della prima fase della pandemia», ha spiegato più volte il magistrato, elencando le conseguenze del mancato aggiornamento e della non attuazione del piano del 2006. Apriti cielo. Il deputato Alfonso Colucci del M5s ha strepitato che «non è il caso di rifare il processo a Conte e Speranza», e che Chiappani avrebbe definito «sbagliato il provvedimento del tribunale dei ministri» mentre «le tesi dell’accusa si sono rivelate un buco nell’acqua».
2025-11-12
Viale Papiniano, il cantiere finisce sotto sequestro: per la Procura è nuova costruzione abusiva
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Dopo le inchieste dell’estate scorsa, arriva il provvedimento della magistratura: bloccato il palazzo di otto piani che avevamo raccontato su La Verità. Secondo i pm, dietro la Scia di ristrutturazione si nascondeva un intervento fuori scala, privo di piano attuativo e permesso di costruire.
In agosto era soltanto uno dei tanti cantieri finiti sui tavoli della procura di Milano tra le decine di filoni dell'inchiesta urbanistica. Oggi, quelle carte sono diventate un fascicolo giudiziario. E' stato disposto il sequestro preventivo dell’area di viale Papiniano 48, dove la società Papiniano 48 Srl stava realizzando un edificio residenziale di otto piani e due interrati al posto di un vecchio laboratorio commerciale di tre piani.
Secondo il decreto firmato il 10 novembre dal pubblico ministero Giovanna Cavalleri, con la co-firma del sostituto Luisa Baima Bollone e coordinanti dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano, si tratta a tutti gli effetti «di una nuova costruzione in assenza di valido titolo edilizio». Il provvedimento, emesso d’urgenza, ordina il blocco immediato dei lavori «per evitare l’aggravamento delle conseguenze del reato e l’ulteriore avanzamento dell’edificio abusivo».
Gli indagati sono Mauro Colombo, direttore dei lavori e progettista, e Salvatore Murè, amministratore unico della Papiniano 48 Srl e della Murè Costruzioni. Entrambi sono accusati di lottizzazione abusiva e costruzione senza permesso di edificare, in violazione del Testo unico dell’edilizia.
La storia del cantiere — già raccontata questa estate dalla Verità — era iniziata con una Scia edilizia (Segnalazione certificata di inizio attività) presentata nel 2021 come “ristrutturazione con demolizione e ricostruzione”. In realtà, scrive la Procura, l’intervento “consiste nella demolizione integrale di un fabbricato e nella costruzione di un nuovo edificio di otto piani fuori terra e due interrati, con caratteristiche morfologiche e volumetriche completamente diverse”.
In altre parole: non un recupero, ma una nuova costruzione. E non una qualsiasi. L’immobile, una volta completato, avrebbe superato i 25 metri di altezza e i 3 metri cubi per metro quadrato di densità, soglie che — spiega il decreto — obbligano per legge a un piano attuativo o una lottizzazione convenzionata. Nessuno dei due strumenti era stato approvato.
Il Comune di Milano aveva già sospeso i lavori nel maggio 2024, rilevando «caratteristiche dimensionali e morfologiche eccedenti i limiti consentiti» e avviando un procedimento di annullamento d’ufficio della Scia. La società, tuttavia, ha ripreso il cantiere nell’autunno di quest’anno, dopo aver tentato — invano — di trasformare la pratica in un permesso di costruire convenzionato tramite un accordo con Palazzo Marino.
Il 16 ottobre scorso la Papiniano 48 Srl ha comunicato la ripresa dei lavori “a prescindere dall’esito del procedimento”, e pochi giorni dopo gli agenti della Polizia Locale hanno documentato la gettata del primo piano in cemento armato. Da qui l’intervento urgente della Procura.
Nel decreto si parla esplicitamente di una vicenda “sovrapponibile” ad altri cantieri già finiti sotto sequestro — come quelli di via Crescenzago e via Cancano — e di una “prassi illegittima” consolidata negli anni, in cui opere edilizie ad alto impatto urbanistico venivano impropriamente qualificate come ristrutturazioni per evitare piani attuativi e permessi di costruire.
La Procura ricorda anche la circolare comunale del 2023, sospesa la scorsa primavera, che aveva aperto la strada a interpretazioni “elastiche” dell’articolo 41-quinquies della legge urbanistica, quello che impone limiti di altezza e densità. «Tale disposizione — scrivono i magistrati — esprime un principio fondamentale della pianificazione, non derogabile da circolari o leggi regionali».
Il terreno di viale Papiniano 48, inoltre, è sottoposto a vincolo paesaggistico e rientra nel “Nucleo di Antica Formazione” del Comune, oltre che nel vincolo regionale “Naviglio Grande – Nucleo rurale di interesse paesaggistico”. Per la Procura, la trasformazione dell’area «comporta una lesione irreversibile dei beni tutelati dalla normativa urbanistica e ambientale».
L’edificio preesistente era basso, a uso commerciale, compatibile con il tessuto storico. Il nuovo, con otto piani e due interrati, cambierebbe completamente la morfologia dell’isolato.
Il sequestro di viale Papiniano arriva in un momento cruciale per l’amministrazione milanese, ancora alle prese con le inchieste sull’urbanistica che hanno toccato anche dirigenti comunali, professionisti e imprenditori. La stessa delibera di Giunta del maggio 2025 — citata nel decreto — era nata per fare chiarezza dopo mesi di indagini e polemiche.
Ora, con questo nuovo provvedimento, la magistratura sembra consolidare una linea: la stagione delle “Scia creative” è finita.
E quel palazzo che in agosto sembrava solo “troppo alto per essere vero” diventa oggi un simbolo giudiziario del nuovo corso milanese, dove i confini tra ristrutturazione e nuova costruzione non sono più soltanto una questione tecnica, ma un banco di prova per la legalità urbanistica della città.
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