2023-04-20
L’America ritira il vaccino imposto all’Italia col pass
La Fda riconosce che contro Omicron ci vuole il bivalente: il monovalente non è efficace. Però è quello che Roberto Speranza e Aifa giuravano andasse benissimo. E che fu reso obbligatorio di fatto con la tessera verde.Chissà se qualcuno ricorda quando, non più tardi di un anno e mezzo fa (fine 2021-inizio 2022) le autorità sanitarie e gli scienziati televisivi raccomandarono furiosamente alla popolazione italiana di sottoporsi alla terza dose con i vaccini tradizionali, quelli concepiti per il ceppo originario. «Sicuri che servano anche con Omicron?», obiettava timidamente qualcuno, mentre in Italia entrava in vigore il green pass. Sì, affermarono perentoriamente gli esperti, consapevoli che senza terza dose si perdevano diritti fondamentali e altrettanto consapevoli che il «vecchio» vaccino non copriva la «nuova» variante. Ebbene, quei vaccini, somministrati a gran parte della popolazione italiana e mondiale, saranno a breve ritirati dal mercato, anche perché il ceppo originale del virus non circola più. Lo ha deciso la Food and Drug Administration (Fda), che l’altro ieri ha modificato le autorizzazioni per i vaccini anti Covid a mRna, raccomandando di ritirare completamente le versioni originali (quelle, appunto, somministrate da fine dicembre 2020). Di conseguenza, dopo il via libera dei Cdc di Rochelle Walensky, gli unici vaccini a mRna autorizzati e in uso negli Stati Uniti saranno i bivalenti di Moderna e Pfizer lanciati a settembre 2022, mirati a varianti e sottovarianti omicron BA.4/5.L’indicazione dell’agenzia regolatoria americana rientrerebbe nella (quasi) normalità, considerando che il farmaco, sulla carta, è stato aggiornato e tarato sulle varianti più recenti del coronavirus. Ma in Italia, dove al requisito della terza dose con «vecchio» vaccino è stato subordinato, attraverso il green pass, l’esercizio di diritti fondamentali come quello al lavoro e alla libera circolazione, la decisione di Fda assume un sapore particolarmente amaro. Che il primo vaccino -oltre a coprire malamente quelle vecchie, specialmente per l’infezione - non coprisse le nuove varianti era già noto, all’intera comunità scientifica, da dicembre 2021, quando è arrivata Omicron. Tant’è che Pfizer e Moderna comunicarono immediatamente di aver già avviato la produzione di milioni di dosi di un nuovo preparato perché, scriveva il Sole 24 Ore già a metà dicembre, «secondo i dati di laboratorio che arrivano da tutto il mondo, il nuovo ceppo (Omicron, ndr) appare più capace di eludere i vaccini esistenti». Ma i nuovi vaccini non erano ancora disponibili. C’era però il green pass: entrato in vigore a ottobre 2021, a inizio dicembre fu esteso a tutta la popolazione, e poco dopo il governo di Mario Draghi approvò perfino l’obbligo di green pass rafforzato (solo da vaccinazione o guarigione), il famigerato «super green pass». È stato proprio in quei mesi - mentre il governo inaspriva le norme per i non vaccinati, nonostante la comunità sperimentasse l’inefficacia dei vaccini, specialmente rispetto al contagio con Omicron - che gli scienziati si sono accaniti sulla popolazione affinché tutti si sottoponessero, comunque, alla terza dose con i vecchi preparati.Lo fece senza pudore il virologo Roberto Burioni a Che Tempo Che Fa il 12 dicembre 2021 dichiarando che «una delle poche cose che sappiamo è che la terza dose (con il vecchio vaccino, ndr) fornisce protezione anche contro questa variante». Lo confermò Matteo Bassetti. Alla domanda «terza dose, meglio aspettare il nuovo vaccino che copre anche Omicron?», la risposta dell’infettivologo genovese fu perentoria quanto insensata: «Assolutamente no, perché questo ciclo vaccinale, che si è aperto con due dosi, si chiude con la terza, quindi finiamo il primo ciclo vaccinale e poi pensiamo, nel 2022, alle dosi di richiamo, che faremo evidentemente con i vaccini nuovi». I vaccini nuovi sono arrivati a settembre 2022, a emergenza ormai agli sgoccioli, ma le autorità sanitarie italiane, incluso il Premio Nobel per la Fisica Giorgio Parisi, sono riuscite a propagandare perfino una quarta dose con i «vecchi» preparati che non è mai stata menzionata nelle autorizzazioni ufficiali dell’Agenzia europea per i medicinali (Ema).Che la terza dose con i «vecchi» vaccini s’avesse da fare incondizionatamente lo ribadì anche, a inizio gennaio 2022, l’immunologo Sergio Abrignani, membro del Cts: «Questa ondata va superata con i vaccini che abbiamo», dichiarava, mentre Walter Ricciardi - consulente di Speranza dichiarava: «La terza dose è protettiva contro Omicron e agisce quasi subito dopo la somministrazione». Perfino l’ex primario dell’ospedale Sacco di Milano Massimo Galli, contagiato e ammalato dopo la terza dose, insisteva imperterrito che bisognava farla lo stesso, «altrimenti si crepa».Del resto, era la stessa Aifa a suggerire, il 20 gennaio 2022, che nonostante l’efficacia dei vaccini contro la malattia sintomatica fosse «inferiore» per Omicron, gli «studi» dimostravano che «la vaccinazione continua a fornire un elevato livello di protezione contro la malattia grave e il ricovero in ospedale». Per l’Agenzia del Farmaco «le persone che hanno ricevuto due dosi (del «vecchio» vaccino) sono protette fino al 70% dal rischio di ricovero», evidenza smentita soltanto oggi da Fda che, nuovi vaccini bivalenti alla mano, sostiene che il primo vaccino non serve perché il ceppo originale del virus non circola più. In Italia a dire il vero non circolava più già dal 17 gennaio 2022, quando la prevalenza di Omicron - in Italia ad esempio - era del 95,8, per poi passare al 99,1% il 31 gennaio, ma tant’è. Al cortocircuito della scienza nostrana si è aggiunto il dettaglio che i vaccini che restano sul mercato, i bivalenti, godono di autorizzazione Fda per «successione dinastica»: pur non essendo stati fatti sufficienti trial sugli umani, preferendo loro otto topolini, «la loro sicurezza ed efficacia», scrive Fda, «si basa sulle precedenti analisi dei monovalenti (…)», dunque i dati maturati vanno bene perché «il bivalente è fabbricato utilizzando lo stesso processo». L’obiettivo, Fda non ne fa mistero, è «passare a un modello simile alla campagna annuale di vaccino antinfluenzale» per «semplificare i programmi di vaccinazione». I cittadini potranno dunque ricevere almeno un vaccino antiCovid l’anno, che verrà aggiornato annualmente, e la lista delle vaccinazioni pediatriche di routine già lo includono da mesi. Tutto come da copione.