
Il Fratacchione fa paragonare Giorgia Meloni ai nazisti, alla faccia di chi paga il canone.Galleggiando su un mare di fango, Fabio Fazio ha ripreso la sua battaglia infinita contro il governo di centrodestra. Neppure il salvataggio di donne, bambini e cosiddetti «fragili» basta a sfuggire alla delirante narrazione nazi. Non è cambiato niente, solo le posizioni di partenza: ieri il Fratacchione ha manganellato l’opposizione, oggi l’esecutivo. Vale a dire la parte politica scomoda alla Rai conformista, sempre e comunque sbilanciata a sinistra. L’esempio dell’ultimo Che tempo che fa (Rai 3) è illuminante a partire dagli ospiti: la trimurti Roberto Saviano, Marco Damilano, Massimo Giannini, un estemporaneo comitato centrale impegnato a ripetere tutti gli slogan possibili ripresi dall’emeroteca progressista sul tema migranti clandestini. Il conduttore del pluralismo ecumenico, che a pranzo e a cena ci insegna come «noi diamo spazio a tutti», aveva necessità di schierare i pasdaran per lanciare un messaggio rassicurante all’azienda e al Nazareno: da qui i barbari non passano. Una declinazione da sacrestia del motto di Michele Emiliano in campagna elettorale: «Gli faremo sputare sangue». Nessuna novità nella Rai travestita da servizio pubblico. Quella pagata dai contribuenti (quindi anche dalla maggioranza di elettori del centrodestra), dove parlando del caso Humanity 1 a Catania si può dire senza contraddittorio che «le Ong sono ambulanze e non è la loro presenza a far partire i barconi» (Saviano) e «Queste scene che hanno dato vita a uno sbarco selettivo ricordano quelle di cui ha parlato spesso Liliana Segre, vissute da lei in prima persona» (Giannini). Parole e musica, queste ultime, del direttore che ha ridotto ai minimi termini di vendita La Stampa, per nulla in imbarazzo nel paragonare lo sbarco di donne e bambini ai treni blindati sui quali gli ebrei venivano avviati ai lager nazisti. Mentre gli ospiti passeggiavano su Marte, il conduttore unico delle coscienze gongolava sapendo che questa è la minestra di cipolle cara al Pd, in ottemperanza al diktat ribadito da Enrico Letta proprio da lui un mese fa: «L’Italia ha bisogno di più immigrati». Volendo rimanere dentro le sgangherate metafore di Giannini potremmo aggiungere «perché mancano gli schiavi per la consegna del poke sul pianerottolo nei quartieri vip». Fazio ha due stelle polari, il centrosinistra e il contratto, quindi è importante capire le sue mosse in funzione del secondo che scade a giugno 2023. Molti lettori, anche sui social, chiedono come mai continui a pontificare a senso unico. La risposta è semplice: da anni riesce a fare surf su direttori di rete e amministratori delegati facendosi blindare gli accordi per non incappare in sorprese. Neppure il grillino Fabrizio Salini era sfuggito alla regola e nel 2021 gli ha rinnovato il contratto, pur limandogli il compenso del 15%, passato da 2,2 milioni lordi a 1,9. Poiché le proiezioni finanziarie sul tavolo dell’attuale ad, Carlo Fuortes, indicano una perdita pubblicitaria di 93 milioni per i prossimi tre anni e lui teme di incappare in una spending review targata Giorgia Meloni, mantiene alto il volume della radio per sensibilizzare i suoi sponsor politici a non cedere di un palmo. Lo conferma una recente mossa: è riuscito con un blitz a togliere Che tempo che fa dalla responsabilità degli Approfondimenti (quindi dal controllo di Antonio Di Bella, notoriamente moderato ed equidistante) e farlo inserire in Rai Cultura, guidata da Silvia Calandrelli. Da sempre un feudo caro ai boys di Dario Franceschini. Così può continuare a galleggiare sul fango.
Maurizio Landini (Ansa)
Il sindacalista attacca la manovra e ribadisce la linea sullo sciopero: «Non lo vogliono? Allora trattino». Meloni replica: «Non sia mai che la rivoluzione si faccia di martedì...».
Botta e risposta. Dopo aver detto che questa legge di bilancio è pensata per i ricchi, il segretario della Cgil, Maurizio Landini rispondendo al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, a cui assicura che «nessuno lo vuole massacrare», chiarisce: «Pure noi sappiamo che uno non è ricco con 40.000 euro. Dal 2023 al 2025 hanno pagato 3.500 euro di tasse in più che non dovevano pagare mentre con la modifica dell’aliquota Irpef dal 35 al 33% per i redditi fino a 50.000 euro gli stanno dando 18 euro al mese».
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Da sinistra: Piero De Luca, segretario regionale pd della Campania, il leader del M5s Giuseppe Conte e l’economista Carlo Cottarelli (Ansa)
La gabella ideata da Schlein e Landini fa venire l’orticaria persino a compagni di partito e possibili alleati. Dopo la presa di distanza di Conte, il dem De Luca jr. smentisce che l’idea sia condivisa. Scettici anche Ruffini (ex capo dell’Agenzia delle entrate) e Cottarelli.
«Continuiamo così: facciamoci del male», diceva Nanni Moretti, e non è un caso che male fa rima con patrimoniale. L’incredibile ennesimo autogol politico e comunicativo della sinistra ormai targata Maurizio Landini è infatti il rilancio dell’idea di una tassa sui patrimoni degli italiani. I più ricchi, certo, ma anche quelli che hanno già pagato le tasse e le hanno pagate più degli altri.
Jannik Sinner (Ansa)
All’Inalpi Arena di Torino esordio positivo per l’altoatesino, che supera in due set Felix Auger-Aliassime confermando la sua solidità. Giornata amara invece per Lorenzo Musetti che paga le fatiche di Atene e l’emozione per l’esordio nel torneo. Il carrarino è stato battuto da un Taylor Fritz più incisivo nei momenti chiave.






