
Dietro i sondaggi che premiano il centrodestra c’è anche il fastidio verso gli esponenti dem che hanno governato e fatto danni fino a poco fa. E ora sfoggiano ricette infallibili.Uno dei misteri che tormenta i giornalisti politici italiani, la cui simpatia per la sinistra è abbastanza nota, è come sia possibile che, dopo oltre due anni e mezzo di governo, i sondaggi premino la maggioranza in percentuali persino superiori alle elezioni vinte alla grande nell’ottobre 2022. È vero, non ci sono stati gli sconquassi economici pronosticati dal 94,33% della stampa. E no, non è tornato il fascismo, a dispetto delle periodiche sedute spiritiche collettive che vengono fatte per evocarlo, in particolare in occasione di determinate ricorrenze propizie, 25 aprile in primis. Ed è pure vero che l’altro grande spauracchio, l’isolamento internazionale dell’Italia, è rimasto un sogno bagnato dei vari Schlein e Boccia. Però, insomma, l’età dell’oro, per dirla alla Trump, è a sua volta ancora nel mondo onirico. Si è praticato un onesto cabotaggio. Una buona fetta di popolazione si è vista ridurre (un po’) le tasse, ma la maggior parte no. L’occupazione è aumentata, ma i salari no, non abbastanza. La crescita complessiva del Paese resta limitata. Le liste d’attesa nella sanità non sono scomparse. Non si sta certamente peggio di prima, però neppure tanto meglio. E anche in politica estera, una parte degli elettori di centro destra avrebbe forse preferito una minor vicinanza a Ursula Von der Leyen (a proposito: che fine ha fatto il supercommissario Raffaele Fitto?) e finanche agli Stati Uniti. E quasi certamente la maggioranza avrebbe gradito un graduale disimpegno dalla questione ucraina, che ci vede ancora impelagati fino al collo, con le relative conseguenze in primo luogo sul costo della bolletta energetica. Certo, qualche bel segnale per arginare l’ideologia woke è stato dato e pure sulla natalità il cambio di passo, almeno culturale, è evidente. Però qualche gaffe sul piano della comunicazione è innegabile, qualche tensione tra i partiti della coalizione è palpabile. E, al dunque, nell’azione dell’esecutivo non c’è stato nulla di così eclatante da mettere al riparo dalla kriptonite del logoramento, dal mantra italiano del «piove governo ladro».E allora, perché i consensi per Giorgia Meloni e i suoi continuano a rimanere altissimi? Probabilmente si sottovaluta l’effetto Partito democratico. Non viene abbastanza considerato il senso di ripulsa che provocano negli italiani gli atteggiamenti di superiorità e di arroganza che caratterizzano ogni uscita pubblica e ogni comparsata televisiva degli esponenti di quel partito e, più in generale, di quell’area politica. Non è adeguatamente valutato il fastidio che provano i cittadini nel vedere le varie De Micheli e Malpezzi, i vari Orfini e Speranza, Renzi (o yes!) e Landini ma anche Bersani, Faraone, Provenzano snocciolare la saccente lezioncina su quello che non va (tutto) e quello che bisognerebbe invece fare in modo che ogni cosa fili alla perfezione. Loro! Loro che hanno governato per oltre un decennio con risultati miserandi adesso, invece, hanno tutte le soluzioni in tasca per il lavoro, l’immigrazione, i dazi, i rapporti internazionali. Come se gli italiani fossero scemi. Come se non gli venisse ogni volta dal cuore il vaffa: ma se eri così bravo, perché non l’hai fatto quando comandavi, spesso abusivamente, tra l’altro, solo in virtù di manovre di palazzo? Ecco, questa sensazione di essere presi per i fondelli non può non emergere quando si viene avvicinati dai sondaggisti: scusi, lei per chi voterebbe oggi? Tutti ma non loro. Lasciamo lavorare in pace la Meloni e poi tireremo le somme. Ma con quelli là non vogliamo più avere a che fare: li abbiamo già provati. Fin troppo.
Il toro iconico di Wall Street a New York (iStock)
Democratici spaccati sul via libera alla ripresa delle attività Usa. E i mercati ringraziano. In evidenza Piazza Affari: + 2,28%.
Il più lungo shutdown della storia americana - oltre 40 giorni - si sta avviando a conclusione. O almeno così sembra. Domenica sera, il Senato statunitense ha approvato, con 60 voti a favore e 40 contrari, una mozione procedurale volta a spianare la strada a un accordo di compromesso che, se confermato, dovrebbe prorogare il finanziamento delle agenzie governative fino al 30 gennaio. A schierarsi con i repubblicani sono stati sette senatori dem e un indipendente affiliato all’Asinello. In base all’intesa, verranno riattivati vari programmi sociali (tra cui l’assistenza alimentare per le persone a basso reddito), saranno bloccati i licenziamenti del personale federale e saranno garantiti gli arretrati ai dipendenti che erano stati lasciati a casa a causa del congelamento delle agenzie governative. Resta tuttavia sul tavolo il nodo dei sussidi previsti ai sensi dell’Obamacare. L’accordo prevede infatti che se ne discuterà a dicembre, ma non garantisce che la loro estensione sarà approvata: un’estensione che, ricordiamolo, era considerata un punto cruciale per gran parte del Partito democratico.
2025-11-10
Indivia belga, l’insalata ideale nei mesi freddi per integrare acqua e fibre e combattere lo stress
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In autunno e in inverno siamo portati (sbagliando) a bere di meno: questa verdura è ottima per idratarsi. E per chi ha l’intestino un po’ pigro è un toccasana.
Si chiama indivia belga, ma ormai potremmo conferirle la cittadinanza italiana onoraria visto che è una delle insalate immancabili nel banco del fresco del supermercato e presente 365 giorni su 365, essendo una verdura a foglie di stagione tutto l’anno. Il nome non è un non senso: è stata coltivata e commercializzata per la prima volta in Belgio, nel XIX secolo, partendo dalla cicoria di Magdeburgo. Per questo motivo è anche chiamata lattuga belga, radicchio belga oppure cicoria di Bruxelles, essendo Bruxelles in Belgio, oltre che cicoria witloof: witloof in fiammingo significa foglia bianca e tale specificazione fa riferimento al colore estremamente chiaro delle sue foglie, un giallino così delicato da sfociare nel bianco, dovuto a un procedimento che si chiama forzatura. Cos’è questa forzatura?
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.






