2025-07-29
Farmaci (per ora) immuni da gabelle. Ma la batosta può arrivare venerdì
Il destino doganale dei medicinali è rimasto fuori dagli accordi in Scozia: Trump aspetta l’esito di un’indagine sul tema. La Commissione: si rischia una stangata del 15%. Ma il tycoon si era spinto a ipotizzare il 200%...Ursula von der Leyen dice che «compreremo greggio e gas liquefatto per 250 miliardi l’anno». Ma l’export statunitense è molto più basso. E sull’auto la Germania rischia la scoppola.Lo speciale contiene due articoli.L’accordo raggiunto in Scozia sui dazi al 15% lascia sospesi alcuni temi che saranno affrontati nei prossimi giorni. Tra questi, le tariffe sui farmaci.Donald Trump, già prima di domenica, aveva chiarito che non avrebbero fatto parte della trattativa, lasciando intendere che vuole lasciarsi le mani libere. Attualmente i medicinali esportati da aziende europee negli States non sono soggetti a imposte doganali ma è una situazione che difficilmente rimarrà invariata. Avere evitato i dazi al 15% non significa aver scampato il pericolo. Il futuro dell’industria farmaceutica europea per l’export negli Stati Uniti dipende dall’esito dell’indagine, ancora in corso, sulla Sezione 232 del Trade Expansion Act del 1962, una legge che autorizza il presidente degli Stati Uniti a imporre dazi o altre restrizioni sulle importazioni se queste risultano una minaccia per la sicurezza nazionale. La finalità è di proteggere le industrie nazionali da importazioni che potrebbero comprometterne la capacità produttiva. Qualora da questa indagine dovesse emergere che i prodotti della farmaceutica europea rappresentano un pericolo per la competitività dell’industria nazionale, Trump potrebbe introdurre i dazi in modo da riequilibrare la situazione. D’altronde, è la logica che ha portato all’avvio della guerra commerciale sfociata nell’accordo per dazi al 15%.La percentuale a cui andrebbero sottoposti i farmaci è da definire. L’Ue spinge perché non si superi il tetto del 15% e Bruxelles ieri ha lasciato filtrare che proprio l’intesa raggiunta domenica scorsa rappresenta un argine per non andare oltre tale soglia. Però Trump ci ha abituato a cambi di scenario repentini e proprio il fatto che la partita dei farmaci sia rimasta fuori dal negoziato in Scozia, potrebbe lasciargli libertà d’azione. Von der Leyen, a ridosso del vertice scozzese, ha detto che alcuni farmaci generici potrebbero continuare a rimanere esenti da dazi ma si tratta di ipotesi, parole non sostenute da alcun documento. Serve attendere la dichiarazione ufficiale che dovrebbe arrivare entro venerdì e che, secondo quanto annunciato dalla presidente della Commissione, conterrà dettagli sulle molecole escluse.Il tycoon, nei giorni immediatamente precedenti all’incontro con Von der Leyen, non aveva escluso per i farmaci l’ipotesi di dazi progressivi a partire da agosto, fino ad arrivare anche al 200%. Non è dato capire se sono dichiarazioni di tattica per ribadire la propria posizione di forza indiscussa o se c’è veramente una intenzione di questi genere. I media americani hanno già commentato negativamente un’opzione di questo tipo in quanto avrebbe un impatto forte sulla sanità americana, portando un’impennata dei prezzi. A quel punto la tesi del riequilibrio della bilancia commerciale con effetti a lungo termine sarebbe difficile da difendere di fronte al ceto medio-basso costretto, di botto, a pagare i medicinali di base anche il doppio.Per capire la posta in gioco, ecco alcuni dati. L’Italia ha un ruolo di primo piano nella farmaceutica europea. Secondo l’Istat, l’export nel 2024 di articoli farmaceutici e chimico medicinali di aziende italiane verso gli Usa ha un valore di oltre 10 miliardi di euro. Il settore ha un saldo attivo di 2,7 miliardi. L’export dei prodotti farmaceutici di base ammonta a 325 milioni di euro a fronte di importazioni per 5,9 miliardi di euro e un saldo negativo di 5,6 miliardi. Per i medicinali e i preparati farmaceutici, l’Italia esporta per 9,7 miliardi con un saldo attivo di 8,3 miliardi. Con dazi al 15%, su 10 miliardi di esportazioni l’impatto sarebbe fino a 2,5 miliardi considerando anche la svalutazione del dollaro. Nel 2024, le esportazioni farmaceutiche della Ue verso gli Stati Uniti hanno raggiunto un valore di 119,8 miliardi di euro, rappresentando il 38,2% di tutte le esportazioni extra-Ue. Secondo l’analisi dell’economista Fabrizio Gianfrate, gli Usa movimentano farmaci per un valore di 306,4 miliardi di dollari: 94,4 miliardi di import e 212 di export verso il resto del mondo.Per scavalcare i dazi, alcune grandi aziende europee, tra cui Senofi, Novartis, Astrazeneca e Roche hanno annunciato investimenti produttivi negli Usa. Astrazeneca ha un piano quinquennale da 50 miliardi di dollari e una parte andrà alla costruzione di un centro di produzione in Virginia, Novartis pianifica investimenti oltre oceano per 23 miliardi di dollari mentre la rivale e connazionale Roche ha destinato allo sviluppo della produzione negli Usa 50 miliardi. Anche la francese Sanofi ha presentato un piano da 20 miliardi.I mercati hanno commentato l’incertezza su alcuni settori e le preoccupazioni dell’impatto dei dazi sulla crescita, con una chiusura debole. Francoforte mette a segno la performance peggiore (-1,13%), seguita da Parigi (-0,43%) mentre Milano chiude poco sopra la parità (+0,01%). L’euro sul dollaro è in calo (-1,14%) e si attesta su 1,161.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/farmaci-per-ora-immuni-gabelle-2673773874.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="ursula-da-i-numeri-su-energia-e-gnl" data-post-id="2673773874" data-published-at="1753729298" data-use-pagination="False"> Ursula dà i numeri su energia e Gnl All’indomani dell’accordo sui dazi tra Stati Uniti e Unione europea, dopo l’incontro tra Donald Trump e Ursula von der Leyen nella tenuta di Turnberry in Scozia, restano diversi dubbi su contenuti e conseguenze del patto commerciale.La prima anomalia è la cifra che Von der Leyen ha fornito nella sua conferenza stampa relativamente all’energia. «Ne compreremo per 250 miliardi di dollari all’anno per tre anni»: si tratta di numeri insensati. Nel 2024, gli Stati Uniti hanno esportato in tutto il mondo circa 4 milioni di barili al giorno di greggio. Entro la fine di quest’anno potranno esportare 420 milioni di metri cubi al giorno di gas naturale liquefatto (Gnl). Al prezzo di 65,50 dollari al barile (Wti) e al prezzo all’esportazione di 0,30 dollari per metro cubo di Gnl, anche se l’Ue acquistasse la totalità delle esportazioni statunitensi di greggio e gas, il valore annuo dei suoi acquisti ammonterebbe a circa 140 miliardi di dollari. Quindi, la promessa di acquisto di energia da parte dell’Ue è irrealistica. O c’è un errore.Se si trattasse di 250 miliardi di dollari in tre anni avrebbe senso. Nel 2024, infatti, l’Ue ha acquistato circa 80 miliardi di dollari di energia dagli Usa (circa 60 di petrolio e derivati e circa 20 di Gnl). Dunque, 250 miliardi di dollari in tre anni sarebbero grosso modo il business as usual corrente.Il secondo aspetto da valutare è che ora Consiglio e Parlamento europeo dovranno approvare l’accordo, secondo l’articolo 218 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. La Francia sta facendo il diavolo a quattro, dicendo che è inaccettabile. Il premier francese François Bayrou ha criticato aspramente Von der Leyen ed Emmanuel Macron si è chiuso in un silenzio pesante. In Consiglio è sufficiente la maggioranza qualificata: la Francia voterà contro l’approvazione del deal, per marcare una differenza? In Parlamento, considerato che l’accordo piace alla Germania, non dovrebbero esserci problemi. Però, la cosa mette in difficoltà i socialisti, che in queste ore accusano Von der Leyen di aver portato a casa una fregatura. Il gruppo dei socialisti al Parlamento europeo voterà contro, dunque?Terzo aspetto: sulla carta l’accordo va bene alla Germania, che temeva un dazio del 25% sull’auto, ma in realtà non tanto. I dazi al 15% sono pari a quelli del Giappone, ma inferiori a quelli di Canada e Messico (25%). Poiché l’industria dell’auto statunitense vive di indotto importato da Messico e Canada, la stessa industria americana soffrirà più di quella europea. Hildegard Müller, presidente dell’Associazione automobilistica tedesca, ha però rilevato che «i dazi costeranno miliardi all’anno alle aziende dell’industria automobilistica tedesca e le graveranno nel pieno della loro trasformazione». Inoltre, ieri è stato chiarito che l’accordo non precede il riconoscimento reciproco degli standard sulle auto, compreso quello sulle emissioni. Poi c’è un fatto: poiché ci saranno dazi al 2,5% per l’export di auto Usa verso l’Europa, una Bmw o una Mercedes costruita negli Stati Uniti potrà essere esportata in Europa con dazi praticamente nulli. Al contrario, le esportazioni verso gli Usa dalle fabbriche tedesche saranno colpite dal dazio del 15%. Cioè, le case automobilistiche limiteranno i danni, ma i lavoratori no. Resta il dazio del 50% su acciaio e alluminio. L’industria tedesca è comunque colpita in maniera pesante.L’ultimo aspetto riguarda gli investimenti Ue in Usa (600 miliardi). Se l’intento di Trump è ridurre il deficit delle partite correnti, cioè esportare di più e importare di meno, migliorando la bilancia commerciale, questo non si sposa con l’aumento dei flussi netti di capitali in entrata negli Usa. Se gli Stati Uniti importano più beni e servizi di quanti ne esportano (hanno un deficit delle partite correnti), quel disavanzo deve essere finanziato da capitali in entrata. Non si può simultaneamente ridurre il deficit delle partite correnti e aumentare i flussi netti di capitali in entrata. Se il deficit delle partite correnti migliora (diventa meno negativo), allora i flussi netti di capitali in entrata devono peggiorare. Le due voci si muovono in direzioni opposte per definizione contabile. Su questa parte dell’accordo resta il mistero.
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Il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida (Ansa)
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