2025-07-30
Per le false fatture dei genitori di Renzi condannato l’amico di famiglia
Tiziano Renzi e Laura Bovoli (Ansa)
Paradosso: per la stessa vicenda madre e padre dell’ex premier sono stati assolti, mentre Luigi Dagostino ha preso due anni.Le hanno chiamate consulenze. Le hanno fatte passare per studi di fattibilità. Le hanno infiocchettate con parole altisonanti («incoming asiatici») o con una parvenza tecnica («logistica aeroportuale»). Invece erano carta straccia. Lo ha ribadito la Corte d’appello di Firenze: le fatture emesse dalla Eventi 6 e dalla Party srl, società riconducibili a Tiziano Renzi e Laura Bovoli, babbo e mamma del senatore Matteo Renzi, erano false. Non solo: sono state usate per frodare il Fisco.E a metterle nel motore truccato della dichiarazione dei redditi è stato l’amico di famiglia, l’imprenditore Luigi Dagostino, condannato a maggio 2025 a Firenze, in un processo d’Appello bis, per dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture false a 2 anni secchi di reclusione per aver fatto fare una dichiarazione dei redditi errata alla Tramor. Nel precedente appello, invece, la pena era stata ridotta a 9 mesi. Ma è nelle motivazioni, depositate nei giorni scorsi, che viene spiegato cosa abbia convinto i giudici: «La condotta di Dagostino ha determinato la ragionevole convinzione, da parte della nuova amministrazione della Tramor srl, di poter detrarre e dedurre i relativi costi […] convinzione venuta meno solo successivamente, quando è stato verificato il carattere fittizio dell’operazione». Insomma, con quelle fatture, Dagostino avrebbe preso in giro i nuovi proprietari appena subentrati.E qui si innesta un paradosso giudiziario. Perché se Dagostino è stato condannato per aver indotto il nuovo amministratore della Tramor facendolo incorrere nel reato di «dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti», i genitori dell’ex premier, da cui quelle fatture sono partite, dal procedimento collegato ne erano usciti formalmente puliti. La loro posizione è definitivamente chiusa, con sentenza di assoluzione vagliata dalla Cassazione e passata in giudicato due anni fa. Ma non per questo la loro posizione viene ignorata ora dai giudici. Anzi. In più passaggi dell’Appello bis si fa riferimento ai genitori come ideatori delle fatture e beneficiari dei bonifici. E la Corte ci va giù pesante: «L’importo della fattura numero 202, non corrispondente ad alcuna prestazione effettiva, è stato deciso in modo arbitrario dai due emittenti», così come, del resto, «quello della fattura emessa dalla Party srl». La ricostruzione è meticolosa: due fatture, due società, una regia unica. La prima, del 15 giugno 2015, da 20.000 euro più Iva, è della Party. Oggetto: «Studio di fattibilità commerciale» per un’area food a Reggello, vicino al The Mall, il centro commerciale del lusso. La seconda, del 30 giugno 2015, è della Eventi 6 per 140.000 euro più Iva, e riguarda un ipotetico «studio per incoming asiatici, logistica e strutture ricettive». Nessuna delle due prestazioni, certificano i giudici, è mai esistita. «Il documento denominato “Taste Mall” non è altro che un frettoloso tentativo di accludere qualcosa che potesse nascondere la inesistenza della documentazione indicata nella fattura», scrivono i giudici. E quelle tavole allegate alla mail del 30 giugno 2015 erano «copiate da un precedente elaborato predisposto dallo studio P&P», senza neanche «l’accortezza di cancellare la stampigliatura attestante la paternità degli elaborati». Lo ha confermato in aula l’architetto Ermanno Previdi, che ha riconosciuto le planimetrie come proprie: «L’unico elemento di novità era la colorazione di alcune parti delle planimetrie». Dagostino, che fino al 18 giugno 2015 era amministratore della Tramor, ricostruiscono i giudici, gira le fatture false al nuovo management subito dopo il passaggio di consegne alla multinazionale Kering e il pagamento viene eseguito. In questo modo i 160.000 euro (Iva esclusa) arrivano sul conto delle società dei genitori di Renzi. Un colpo perfetto. O almeno così sembrava. Nel 2022, la Corte d’appello aveva assolto Dagostino da questo reato, sostenendo che non ci fosse dolo: che senso avrebbe avuto, secondo i giudici, frodare il Fisco di una società che l’imprenditore aveva appena venduto? La Cassazione li ha stroncati: «Dagostino ha agito non per favorire la Tramor, ma per procurarle un danno conseguendo un profitto» e non vi sarebbe «alcuna incompatibilità logica tra l’intento di ingannare la Tramor e quello di accettare il rischio di una futura evasione fiscale». Per gli ermellini il reato sussiste anche quando «le fatture per consulenze inesistenti» servono a mascherare il pagamento di somme «legate ad accordi corruttivi o comunque illeciti». Il pagamento ai Renzi sarebbe stato effettuato, come ammesso a mezza bocca dallo stesso Dagostino, per invogliare l’attività di promoter del babbo a favore dell’imprenditore. I giudici d’Appello non hanno fatto mancare le bacchettate ai colleghi del collegio precedente: «Diversamente da quanto ritenuto nella sentenza censurata dalla Suprema corte, è errato ritenere incompatibile il fine personale o extrafiscale con quello di evasione». Dagostino, insomma, è «responsabile come autore mediato». La Corte d’appello, seguendo il solco tracciato dal Palazzaccio, ha specificato che «il dolo specifico di evasione può sussistere anche sotto forma di dolo eventuale», e comunque «non è necessario che il fine di evasione sia esclusivo». Ovviamente lo stesso discorso poteva valere per i genitori che, da bravi imprenditori, difficilmente potevano ignorare che quelle scartoffie potessero essere utilizzate per scaricare dei costi.Anche se i Renzi non erano imputati, la Corte mette nero su bianco una verità pesante: il fatto che il documento «Taste Mall» sia stato valutato prima 100.000 euro e poi 140.000 euro «rende evidente come sia stata posta in essere una vera e propria messa in scena al fine di giustificare una disposizione patrimoniale avente altri fini». I magistrati lo definiscono un «elaborato maldestro», pieno di «espressioni tautologiche» e perfino di «banalità», buono solo per dare «l’impressione di effettiva esistenza di uno studio di fattibilità in realtà inesistente». I Renzi formalmente non sono colpevoli, ma i giudici hanno messo a fuoco il loro ruolo, collocandoli in un grottesco teatrino di carte false e prestazioni inventate, dove loro sarebbero stati «gli emittenti che hanno agito di comune accordo con l’imputato». Con buona pace di Matteo, che meno di due settimane fa, all’assoluzione della mamma da parte della Corte d’appello di Torino in un procedimento per la bancarotta fraudolenta documentale della Direkta, si era precipitato ad affermare: «Oggi tacciono i giustizialisti che ci hanno riempito di fango per anni e vincono i garantisti che sanno aspettare le sentenze». E i Renzi, con le loro società, hanno presentato il conto alla Tramor: due fatture, una consulenza inventata, planimetrie rubacchiate e una relazione che neanche uno studente al primo anno avrebbe osato presentare. Nel 2025, la Corte d’appello di Firenze ha ribadito un’amara verità. Che a Matteo piaccia o no.
Jose Mourinho (Getty Images)