2025-07-22
Ecco chi c’è dietro i fact checker che fanno propaganda per l’Europa
Accusano la Russia di aver tramato per spingere la mozione di sfiducia contro la Ursula von der Leyen ma sono finanziati dalla Open Society di George Soros, da Bruxelles e dalla fondazione di Bill e Melinda Gates.Non devono aver letto, in quel di Bruxelles, il nuovo rapporto dell’intelligence americana sul Russiagate, che smonta una volta per tutte l’ipotesi di ingerenza russa nelle elezioni del 2016, chiedendo che l’ex presidente Barack Obama e gli ex alti funzionari della sicurezza nazionale degli Stati Uniti siano perseguiti per cospirazione e tradimento: non avrebbero insistito, altrimenti, nel diffondere, come invece è accaduto ieri, l’inverosimile tesi secondo la quale ci sarebbe Mosca dietro la mozione di sfiducia contro Ursula von der Leyen, bocciata dal Parlamento europeo dieci giorni fa. L’accusa l’ha lanciata ufficialmente ieri un portavoce della Commissione europea, ma già lo scorso 15 luglio von der Leyen aveva provato a schivare le accuse di Gheorghe Piperea, primo firmatario della mozione di censura sulle opacità nella gestione dei contratti Pfizer nel 2021, evocando le «minacce crescenti che arrivano dai partiti estremisti che vogliono polarizzare le nostre società inondandole di disinformazione» e sostenendo che «c'è ampia evidenza che molti sono sostenuti dai nostri nemici e dalla propaganda di vari Paesi, in Russia e altrove». La teoria di von der Leyen, dunque, è che se lei nel 2021, un anno prima della guerra in Ucraina, ha negoziato il contratto con l’amministratore delegato di Pfizer Albert Bourla in gran segreto rifiutandosi di pubblicarlo, di far conoscere le clausole di salvaguardia, di rendere noto il costo delle singole dosi, di rendere conto dei circa 70 milioni di dosi scadute che hanno comportato lo spreco di diversi miliardi di euro dei contribuenti europei e di rendere pubblici gli sms attraverso i quali ha mercanteggiato per ottenere l’esclusiva della fornitura vaccinale Pfizer in tutta l’Ue non è colpa sua ma di Vladimir Putin. Non a caso Leonid Slutsky, capo Commissione Esteri della Duma, ha replicato a stretto giro:«Von der Leyen continua a cercare nemici esterni per giustificare la sua politica fallimentare». A corroborare l’incredibile tesi della Commissione europea sono diversi report di «riconosciute organizzazioni di fact-checking». Già, i fact-checker, istituzionalizzati durante la pandemia, quando c’era da censurare chiunque dicesse la verità sull’origine del virus e sull’efficacia e la sicurezza dei vaccini e dei lockdown. Allora la narrazione era sulla pandemia, poi il focus si è spostato sull’Ucraina, quindi sul clima: macrotemi buttati in pasto all’opinione pubblica attraverso il filtro di fact-checker stipendiati da filantropi mondiali come George Soros o Bill Gates, privati individui con molti interessi pubblici, o direttamente dall’istituzione sulla quale dovrebbero vigilare: l’Ue. Chi controlla il controllore? «Seguiamo da tempo le operazioni russe contro l'Ue e la Presidente della Commissione. I fact-checker indipendenti hanno ora chiaramente identificato tali operazioni nel contesto della mozione di censura», ha riferito il portavoce dell’esecutivo Ue Thomas Regnier, citando gli studi di due aziende, la Debunk.org e la Check First, «specializzate nella lotta alla disinformazione». Partiamo da Check First, azienda finlandese all'avanguardia nelle tecniche di ricerca avversaria. Da chi è sostenuta, oltre che dalla Commissione europea? Da EuDisinfoLab, organizzazione «indipendente senza scopo di lucro» con 19 lobbisti accreditati al Parlamento europeo di Bruxelles, finanziata a sua volta dall’Unione europea e da Open Society Foundation, rete di fondazioni in mano a George Soros. Anche l’Institute for Strategic Dialogue (Isd), organizzazione di «difesa politica», sostiene Check First ed è a sua volta sostenuto da Open Society di Soros e dalla Bill e Melinda Gates Foundation. I dati sulla società in nome della quale la Commissione si è esposta con la bizzarra tesi dell’interferenza russa sono però molto scarni, a parte un budget di 10.000 euro: dal 20 settembre 2021 le autodichiarate «organizzazioni non commerciali» non sono più tenute a fornire un budget di lobby.L’altra società di fact-checking citata dalla Commissione Ue è Debunk.org, think tank «indipendente» (definizione onnipresente in queste aziende private di propaganda politica travestite da cani da guardia dell’informazione ) con sede in Lituania. L’organizzazione è composta da 50 attivisti volontari, chiamati inopinatamente «elfi», e vive grazie a una sovvenzione di 315.000 euro della Google Digital News Initiative, organizzazione europea creata per «sostenere il giornalismo di alta qualità». Google ha sovvenzionato oltre 6.250 testate in 118 Paesi mettendo a disposizione 189 milioni di dollari, affiancando l’Ifcn (International Fact-Checking Network, finanziato da Soros e Bill Gates) e l’Edmo (European Digital Media Observatory istituito dall’Unione europea) nella «lotta alla disinformazione». A Bruxelles, insomma, il giornalismo di alta qualità è tale soltanto se finanziato dall’istituzione su cui dovrebbe vigilare, in un sistema di scatole cinesi controllate alla fine sempre dal solito triangolo pubblico/privato: Unione europea, George Soros, Bill Gates. Tutte queste piccole aziende dichiarano di avere una governance del tutto indipendente dalle autorità pubbliche, ma esistono e campano grazie alle istituzioni e ai noti filantropi: di fatto, il controllo sulle cosiddette fake news in Europa è finanziato con fondi pubblici ma è affidato ad agenzie ed enti controllati da privati, che autocertificano l’assenza di conflitti d’interesse. È a queste strutture che Bruxelles ha affidato la narrazione della improbabile «ingerenza russa», nonostante la malagestione di Ursula von der Leyen degli appalti miliardari sui vaccini risalga a ben prima dello scoppio della guerra in Ucraina.
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