2022-12-07
Meta oscura la messa: «Viola i diritti Fifa»
Parroco genovese trasmetteva la funzione su Facebook ma improvvisamente l’algoritmo l’ha bloccata. Motivo? Infrangerebbe il copyright del Mondiale. Il sacerdote fa ironia: «Tagliavo perfino i canti». Intanto però, senza motivo, si censura una fede. Messa, non Messi. A forza di iperboli deliranti, qualcuno crede davvero che il campione argentino sia Gesù. È l’algoritmo di Facebook o chi lo manovra nutrendosi di barrette bio davanti a un computer, che qualche giorno fa ha bloccato una funzione religiosa social con una motivazione psichedelica: «Viola i diritti d’autore della Fifa World Cup». La censura è avvenuta in Liguria e a fare le spese dello zelo iperbolico (a singhiozzo) è la pagina della parrocchia della Resurrezione nel quartiere Borgoratti di Genova, oscurata d’imperio perché utilizzata anche per trasmettere la messa degli anziani.Durante la lunga stagione del Covid il parroco don Paolo Marrè Brunenghi aveva lanciato il video per necessità, con lo scopo di portare la parola di Dio nelle case dei fedeli più disagiati (disabili, anziani, malati, semplicemente cittadini impossibilitati a uscire di casa). L’idea ha funzionato, è diventata presto tradizione e il sacerdote ha deciso di continuare a impartire la benedizione anche via Facebook ottenendo un inatteso successo: ad oggi quasi 800 persone sono iscritte alle attività parrocchiali online, trascinate soprattutto da quel momento di raccoglimento e riflessione. Fino a giovedì scorso, quando Meta ha bloccato la funzione. Don Paolo è perplesso: «L’appuntamento è nei giorni feriali, di solito alle 18. Ed è inutile aggiungere che non si parla di partite di calcio. Ma ho dovuto scrivere che non sarebbe andato online fino a nuovo ordine, e l’ho fatto con tristezza perché so quanto l’iniziativa sia apprezzata. È un sistema per essere connessi con i fedeli, per ricevere commenti di apprezzamento, suggerimenti, richieste di preghiera e vicinanza umana. Anche questa è partecipazione. Mi sembrava il modo migliore per utilizzare uno strumento che non per nulla si definisce social, invece ecco lo stop alle trasmissioni. Ho chiesto di riattivare il collegamento, con quel filo diretto si fa e si riceve solo del bene. Attendo novità». Se la faccenda non si sblocca, lui è pronto a trasferirsi su YouTube. L’idea è in linea con lo sbarco delle diocesi nel mondo digitale, in osservanza del dettato di Papa Francesco che ritiene il web un mezzo formidabile per raggiungere i cristiani nei luoghi più sperduti del pianeta. Il sacerdote genovese infatti spiega che «non sono solo i fedeli della Resurrezione a seguire la messa, ma anche gli anziani delle mie parrocchie precedenti, affezionati alla mia voce e al mio messaggio evangelico». La memoria va agli anni Settanta, quando alcuni parroci coraggiosi cominciarono a trasmettere la funzione religiosa della domenica via etere, approfittando del successo delle radio libere. Qualche giorno prima dell’oscuramento, don Paolo aveva avuto un’avvisaglia preoccupante dallo staff di Mark Zuckerberg, una notifica nella quale si evidenziava la necessità di oscurare «certe parti della messa per violazione del copyright». Lui non aveva dato peso all’avviso per più di un motivo. «Il primo, perché nessuna parte delle precedenti funzioni era stata tagliata. Poi perché non avevo lasciato nulla al caso: avevo tolto i canti, tacitato qualche suoneria di cellulare. Tutto si svolgeva all’insegna della sobrietà. Quanto ai diritti di celebrare messa, come prete della Chiesa cattolica li ho proprio tutti». Il blocco è avvenuto gradualmente: primo step, il fermo dei like; secondo, il video derubricato nella visibilità, da pagina pubblica ad amministratore; terzo, l’oscuramento. Infine la pagina è ricomparsa ma la funzione religiosa rimane proibita. L’algoritmo guardiano (o lo staff occhiuto che lo regola) non ammette deroghe.I fedeli della parrocchia della Resurrezione ci sono rimasti male. All’annuncio della censura hanno scritto commenti di protesta ispirati all’amarezza, non certo alla maleducazione come spesso accade. Eccone un paio. «Signore aiutaci a scoprire che per avere la salvezza bisogna avere la fede». «Mi dispiace moltissimo, preghiamo per chi è davvero cattivo». Don Paolo non si lancia in ipotesi maliziose e non ha intenzione di far intervenire la diocesi guidata dall’arcivescovo Marco Tasca. Ma che una funzione religiosa venga sospesa perché viola i diritti dei mondiali di calcio è assurdo, così paradossale da far pensare male.Le ipotesi più accreditate sono la denuncia di qualche ateo ipersensibile, che potrebbe facilmente risolvere i suoi problemi stando lontano dalla pagina, oppure una decisione restrittiva di Meta, santuario del progressismo laico, quindi poco incline alla simpatia nei confronti delle manifestazioni pubbliche della fede. In questo caso si tratterebbe di censura vera e propria, pesante, indiscriminata, nei confronti di un’intera comunità. Don Paolo aspetta con salomonica pazienza e ricorda un dettaglio: «Ho perfino fatto togliere un cartellone delle catechiste con scritto “facciamo il tifo per Gesù”, pregandole di non usare la parola tifo». Sempre che Facebook non ritenga proibita la parola Gesù.
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