2023-11-07
Curcio si inventa la «rieducazione» verde
Fabrizio Curcio (Imagoeconomica)
Il capo della Protezione civile dice che bisogna insegnare ai cittadini a reagire alle catastrofi naturali con una «rivoluzione culturale». Ma così si rischia di silenziare il dibattito sul cambiamento climatico e scaricare le colpe sui singoli come per il Covid.A quanto pare l’ecologismo mainstream ha raggiunto la fase maoista, quella in cui è necessario compiere un più grande balzo in avanti. Non si tratta - attenzione - dei deliri di qualche fanatico da piazza, ma delle pubbliche dichiarazioni di Fabrizio Curcio, capo della Protezione civile, reduce da una visita nella Toscana colpita dall’alluvione. In una intervista rilasciata alla Stampa, Curcio spiega che esiste il momento «dell’emergenza, come quello che stiamo vivendo, che ci richiede concentrazione e capacità di collaborare e di fare rete per superare gli ostacoli». Ma poi c’è pure il tempo della «prevenzione tecnica per quanto concerne fiumi e l’allarme idrogeologico». Secondo il capo della Protezione civile serve, appunto, «una rivoluzione culturale per educare i cittadini a non adottare atteggiamenti a rischio durante le alluvioni». In sé, intendiamoci, l’idea non è nemmeno del tutto sbagliata. Se gli eventi climatici estremi o problematici per qualche motivo si fanno più frequenti o più gravidi di conseguenze, è giusto informare i cittadini sui comportamenti corretti da tenere, sulle reazioni irrazionali da evitare e sui vari livelli di allerta. Può darsi in effetti che la popolazione tenda a sottovalutare gli allarmi o sia superficiale e caotica nelle reazioni. Tuttavia, il rischio è quello già visto con tutte le emergenze degli ultimi anni: si insiste sul comportamento dei cittadini per scaricare su di loro le mancanze della politica e delle istituzioni. Racconta Curcio: «L’altro giorno ho sentito in tv un uomo intervistato che diceva: “Quando la pioggia è aumentata sono sceso in garage a spostare l’auto”. Ebbene non c’è nulla di più sbagliato di quel comportamento, a quel cittadino è andata bene ma spesso si muore proprio scendendo in garage o rimanendo al piano terra. Sono anni che diciamo che non si fa, eppure c’è ancora chi assume simili atteggiamenti. Per carità io non accuso nessuno, sia chiaro», ribadisce il capo della Protezione civile «ma insisto sulla necessità che i cittadini rispettino le regole e le ordinanze dei sindaci». A dire di Curcio «occorre una campagna di sensibilizzazione che parta già dalle scuole per progredire anche ad altri livelli, tipo un’informazione in televisione che educhi il cittadino ad assumere comportamenti non a rischio. Abbiamo già intrapreso una campagna pubblicitaria intitolata Io non rischio destinata ai 600 Comuni più a rischio idrogeologico e il ministro della Protezione civile Nello Musumeci ha predisposto un volantino, un fumetto, destinato agli alunni delle scuole medie. Informare e abituare le persone a non mettersi in situazioni di pericolo, insomma, è fondamentale». Per carità, benissimo spiegare e informare. Forse, però, il compito delle istituzioni dovrebbe essere quello di eliminarlo una volta per tutte, questo rischio idrogeologico. Ci sarà pure l’incauto cittadino che cerca di mettere in salvo i suoi averi e per questo rischia la vita. Ma ci sono molti più governanti e amministratori che non svolgono correttamente la propria funzione e di conseguenza mettono in pericolo la popolazione. Bene i fumetti e le lezioni e la «corretta informazione» (concetto che suscita comunque un filo di inquietudine). Meglio ancora la costruzione di argini e vasche di laminazione e lo stanziamento di fondi anche solo per aumentare le forze della stessa Protezione civile. Altrimenti si finisce dove siamo sempre precipitati in tempi recenti: nello scarico di colpe sugli innocenti già vessati. Non è finita, in ogni caso, perché Curcio introduce un ragionamento ancora più problematico, cioè quello riguardante la rivoluzione culturale. Una idea che richiama momenti della storia non esattamente edificanti e odora vagamente di rieducazione. Il fatto che, a dispetto di quanto il capo della Protezione civile teorizza, una rivoluzione di questo genere è già in atto da tempo, e lui stesso sembra esserne vittima. Non a caso, appena il cronista lo stuzzica sul riscaldamento globale, egli snocciola la risposta preregistrata che tutti si attendono. Non solo Curcio sostiene che esistano pericolosi negazionisti, ma ci tiene a precisare che essi «sbagliano, perché siamo di fronte a un dato oggettivo e incontrovertibile. Occorre assolutamente prendere atto dell’emergenza climatica», insiste, «basti pensare che in quest’ultima alluvione in Toscana le stazioni pluviometriche hanno registrato una quantità di pioggia più del doppio di quella monitorata in passato. Dobbiamo quindi fare i conti con questo aspetto. Come altrettanto, ovviamente, dobbiamo fare sul piano della prevenzione sia da un punto di vista tecnico, sia culturale». Chiaro: si deve sempre fare di più. Ma si potrebbe cominciare investendo meglio le forze. E piantandola di perdere tempo con le assurdità green. Se il cambiamento climatico è una realtà, e ammesso che sia vero che è la causa dei fenomeni estremi, occorre darsi da fare per elaborare contromisure utili, e non certo per fornire strampalate teorie sull’eliminazione dei combustibili fossili. E invece qui si ciancia di rieducazione e di rivoluzioni, ma di concreto si fa bene poco. Tanto per restare nei pressi di Mao, l’unico dato certo è che la confusione è grande sotto al cielo, però la situazione è pessima.