
Cashback e lotteria degli scontrini non hanno ridotto l'evasione fiscale
Il cashback e la lotteria degli scontrini non hanno determinato quel calo dell’evasione e dell’omessa fatturazione immaginato dal governo quando ha introdotto queste misure. È quello che emerge dall’analisi effettuata dall’Ufficio studi della Cgia, che ha definito «un flop» le due misure.
Il cashback, ad esempio, ricorda l'associazione, «è stato addirittura archiviato dal governo Draghi che, a partire dal giugno 2021, ne ha sospeso l'applicazione». Il motivo per cui è stato messo in soffitta il cashback, spiega la Cgia, è «perché non è emersa un’evidente relazione causale tra gli incentivi previsti dal cashback e la diminuzione dell'evasione fiscale». Inoltre il costo della misura, pari a 4,75 miliardi di euro, è «apparso nettamente superiore alle potenzialità di recupero dell'evasione». La lotteria degli scontrini, invece, è entrata in vigore il primo febbraio dell'anno scorso.
Per la Cgia questa misura «sembra non aver sortito grande interesse tra i contribuenti/consumatori». Dopo un iniziale interesse - secondo l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli a marzo 2022 c’è stato il picco di scontrini emessi e associati alla lotteria, con poco meno di 25 mila unità in un mese - via via è caduta in disuso. «Lo scorso autunno - scrive la Cgia - il numero mensile di scontrini è sceso poco sopra le 5 mila unità».
La Cgia segnala che solo di alimentari e bevande analcoliche, le famiglie nel 2020 hanno realizzato acquisti mensili per 12 miliardi di euro.
BANCHE DATI
Per contrastare l’evasione, secondo la Cgia, quello che il fisco potrebbe fare è aumentare le interazioni tra le 162 banche dati che ha a disposizione. «Quotidianamente, infatti - sottolinea l'associazione - l'Amministrazione Finanziaria riceve e cataloga miliardi di informazioni in ben 162 banche dati che, però, solo in piccola parte riesce a utilizzare, in particolar modo, per contrastare l'evasione fiscale. È vero che a breve queste banche dati dovrebbero cominciare a dialogare fra loro, ovvero ad essere interoperabili.
Tuttavia, se ogni anno il popolo degli evasori sottrae al fisco 105 miliardi di euro e i nostri 007 riuscivano a recuperarne, nel periodo pre Covid, tra i 18 e i 20, vuol dire che, potenzialmente, sappiamo vita, morte e miracoli su chi è conosciuto al fisco, mentre brancoliamo nel buio nei confronti di chi non lo è». Il risultato, sempre secondo il centro studi, è che l’evasione prospera «penalizzando oltremisura chi le tasse le paga fino all'ultimo centesimo». Secondo la Cgia, l'evasione fiscale in Italia «è presente in tutte le categorie professionali» ma i lavoratori autonomi pagano, mediamente, più tasse di pensionati e lavoratori dipendenti considerate le categorie “più fedeli” al fisco.
La filosofia si nutre di pasta e fagioli, meglio se con le cotiche. La filosofia apprezza molto l’ossobuco alla milanese con il ris giald, il riso allo zafferano giallo come l’oro. E i bucatini all’amatriciana? I saltinbocca alla romana? La finocchiona toscana? La filosofia è ghiotta di questa e di quelli. È ghiotta di ogni piatto che ha un passato, una tradizione, un’identità territoriale, una cultura. Lo spiega bene Diego Fusaro, filosofo, docente di storia della filosofia all’Istituto alti studi strategici e politici di Milano, autore del libro La dittatura del sapore: «La filosofia va a nozze con i piatti che si nutrono di cultura e ci aiutano a combattere il dilagante globalismo guidato dalle multinazionali che ci vorrebbero tutti omologati nei gusti, con le stesse abitudini alimentari, con uno stesso piatto unico. Sedersi a tavola in buona compagnia e mangiare i piatti tradizionali del proprio territorio è un atto filosofico, culturale. La filosofia è pensiero e i migliori pensieri nascono a tavola dove si difende ciò che siamo, la nostra identità dalla dittatura del sapore che dopo averci imposto il politicamente corretto vorrebbe imporci il gastronomicamente corretto: larve, insetti, grilli».
La data da segnare con il circoletto rosso nell’agenda finanziaria è quella del 3 dicembre. Quando il presidente del consiglio, Giorgia Meloni, parteciperà al quarantaseiesimo vertice del Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg), su espressa richiesta del re del Bahrein, Hamad bin Isa Al Khalifa. Una presenza assolutamente non scontata, perché nella Penisola araba sono solitamente parchi con gli inviti. Negli anni hanno fatto qualche eccezione per l’ex premier britannica Theresa May, l’ex presidente francese François Hollande e l’attuale leader cinese Xi Jinping e poco altro.
L’Europa continua a strizzare l’occhio alla Francia, o meglio, a chiuderlo. Questa volta si tratta della nazionalizzazione di ArcelorMittal France, la controllata transalpina del colosso dell’acciaio indiano. La Camera dei deputati francese ha votato la proposta del partito di estrema sinistra La France Insoumise guidato da Jean-Luc Mélenchon. Il provvedimento è stato approvato con il supporto degli altri partiti di sinistra, mentre Rassemblement National ha ritenuto di astenersi. Manca il voto in Senato dove l’approvazione si preannuncia più difficile, visto che destra e centro sono contrari alla nazionalizzazione e possono contare su un numero maggiore di senatori. All’Assemblée Nationale hanno votato a favore 127 deputati contro 41. Il governo è contrario alla proposta di legge, mentre il leader di La France Insoumise, Mélenchon, su X ha commentato: «Una pagina di storia all’Assemblea nazionale».














