
Rigettata la richiesta di domiciliari all’ex vicepresidente del Parlamento europeo Il giudice: quadro indiziario grave. E una sua ex assistente parla con i magistrati.L’ex vicepresidente del Parlamento europeo Eva Kaili, detenuta dal 9 dicembre scorso per l’inchiesta Qatargate, indagine che ipotizza la corruzione per la Coppa del mondo in Qatar e attività di lobbying illecite a favore della monarchia del Golfo e del Marocco, dovrà restare in carcere per almeno un mese. L’estensione del provvedimento custodiale è stata decisa durante la camera di consiglio della Procura federale belga. Se, entro 24 ore, sarà presentato ricorso contro la decisione, come prevede la legislazione belga, Kaili comparirà davanti alla Camera d’accusa della Corte d’appello di Bruxelles entro 15 giorni. Niente domiciliari con braccialetto elettronico, come avevano, invece, chiesto i suoi avvocati in udienza. «Voglio dire che madame Kaili è innocente, non è mai stata corrotta, mai», aveva detto Michalis Dimitrakopoulos, l’avvocato di Kaili (l’altro difensore è Andrè Rizopoulos) all’uscita dal palazzo di giustizia in cui si è tenuta l’udienza. I magistrati devono aver ritenuto il quadro indiziario pesante. E hanno optato per la misura cautelare più afflittiva. Nel comunicato diffuso dai pm è spiegato che la decisione è stata presa «nell’ambito di un’indagine su vasta scala condotta dalla Procura federale e dalla polizia federale su presunte organizzazioni criminali, corruzione e riciclaggio di denaro».In sostanza si ipotizza che alcuni eurodeputati del centrosinistra sarebbero stati pagati dal Qatar e dal Marocco per orientare le scelte di Bruxelles a favore di questi due Paesi. Secondo i magistrati, l’operazione di Doha e Rabat andrebbe ben oltre una semplice attività di lobbying, spingendosi verso una vera e propria attività di corruzione. A nulla è servito il tentativo del collegio difensivo di spiegare che «l’ex vicepresidente del Parlamento europeo collabora all’inchiesta attivamente e contesta tutte le accuse di corruzione». Poi gli avvocati si sono lagnati per la fuga di notizie: «Mai visto simili violazioni del segreto istruttorio come in questa vicenda». Kaili, l’altro giorno, durante un colloquio con uno dei suoi avvocati durato quattro ore, aveva detto di sentirsi «tradita dal compagno» Francesco Giorgi, nonché suo assistente al Parlamento europeo e figura centrale nell’inchiesta assieme all’ex eurodeputato Antonio Panzeri. Kaili davanti ai magistrati avrebbe ammesso di aver incaricato il padre di nascondere le mazzette di denaro e di essere a conoscenza dell’attività portata avanti dal compagno con Panzeri. Anche quest’ultimo avrebbe riconosciuto in parte il suo coinvolgimento, puntando però il dito contro l’ex collega socialista Marc Tarabella e indicandolo come il beneficiario dei «regali» del Qatar. Mentre Giorgi ha cercato di sollevare la compagna dalle responsabilità, spiegando che i soldi trovati nella loro abitazione erano destinati a lui e Panzeri: «Eva era al corrente dei soldi e dell’origine, ma non fa parte della rete. Mi aveva chiesto più volte di smettere visto che la mettevo in pericolo. Io mi rendevo conto che l’affare cresceva di importanza, che diventava ingestibile, che il sistema era malsano». Ma ora c’è anche una sua ex assistente, Sofia Mandilara, che ha lavorato per l’ex vicepresidente del Parlamento europeo dal 2013 al 2014, ad accusarla: «Kaili è andata negli Stati Uniti per due volte con i soldi del Centro di uguaglianza di genere di Atene, finanziato dall’Eurocamera, solo per scopi personali». L’ex assistente, intervistata dal Tg4, ha raccontato inoltre di «non essere rimasta sorpresa del fatto che la sorella di Kaili sia stata chiamata in causa. Infatti già nel 2013, pur non essendo autorizzata ad assumere sua sorella o parenti, la nominò direttore delle Relazioni internazionali del Centro», spiega Mandilara riferendosi all’assunzione di Mantalena Kaili al Centro di uguaglianza di genere di Atene nel 2013.
(IStock)
C’è preoccupazione per la presenza di alimenti ultraprocessati nelle mense. Il presidente Prandini: «Il comparto vale 707 miliardi, quanto 20 manovre». Federico Vecchioni (BF): «Una massa di risorse private ha identificato il mondo agricolo come opportunità».
Francesca Albanese (Ansa)
La rappresentante Onu ha umiliato il sindaco di Reggio, solo perché lui aveva rivolto un pensiero anche ai rapiti israeliani. La giunta non ha fatto una piega, mentre è scattata contro il ministro sul caso Auschwitz «rispolverando» anche la Segre.
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Il premier congela la riforma fino alle prossime presidenziali, ma i conti pubblici richiedono altri sacrifici. Possibile tassa sui grandi patrimoni. Il Rassemblement national: «Progetto di bilancio da macelleria fiscale».
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)
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