A far deflagrare l’inchiesta sul cosiddetto Qatargate e sugli ipotizzati rapporti corruttivi del Paese arabo e del Marocco con la presunta cricca socialista dell’Europarlamento sarebbero stati i deputati olandesi, avvicinati, come i colleghi italiani, dal servizio segreto marocchino del Dged, a loro volta pedinati, come in un film, dagli 007 belgi.
Ma i politici di Amsterdam non avrebbero ceduto alle lusinghe e avrebbero iniziato a collaborare con gli uomini del Vsse (Servizio di sicurezza dello Stato). L’ex sindacalista della Cgil ed eurodeputato Pd Pier Antonio Panzeri e i suoi presunti sodali sarebbero stati smascherati da un’operazione di intelligence internazionale a cui avrebbero preso parte anche i servizi segreti italiani, oltre a quelli dei Paesi bassi e di Bruxelles. Nell’attività sotto copertura sarebbero state coinvolte pure le barbe finte polacche, visto che l’ambasciata marocchina di Varsavia sarebbe diventata una sorta di crocevia delle mazzette sotto lo sguardo attento del diplomatico Abderrahim Atmoun e del direttore generale del Dged, Yassine Mansour. Ad agganciare i presunti faccendieri italiani sarebbe stato in prima battuta un altro ufficiale, tal Mohammed Belharace. Secondo fonti vicine al dossier gli 007 occidentali avrebbero identificato «gli eurodeputati socialisti e i loro assistenti considerati dal Dged “amici del Marocco”». L’elenco presente nelle carte dell’inchiesta che abbiamo intercettato in Belgio è in gran parte noto, tranne un nominativo pesante: quello del sindaco di Roma Roberto Gualtieri, già europarlamentare dal 2009 al 2019 e presidente della commissione per i Problemi economici e monetari del Parlamento europeo dal 2014 al settembre 2019, quando si dimise per andare a ricoprire il ruolo di ministro dell’Economia nel governo giallorosso, in quota Pd, ma con l’endorsement di Massimo D’Alema. Traccia degli antichi rapporti di Gualtieri con la presunta combriccola affiora su Internet, dove è ancora possibile rintracciare il programma della conferenza intitolata «Mediterraneo verso la democrazia» organizzata dal Pd e dai Socialisti e democratici europei nel Palazzo della Provincia di Roma, nel 2011, chez Nicola Zingaretti. In quell’occasione Gualtieri fece il relatore, in veste di esperto del Parlamento europeo sulle questioni della sicurezza e della difesa, temi di cui si occupava in una sottocommissione. Tra gli oratori pure Panzeri, all’epoca «presidente della delegazione per le relazioni con i Paesi del Maghreb». Nell’elenco dei partecipanti figurava anche un altro europarlamentare Pd oggi coinvolto nell’inchiesta belga, ovvero Andrea Cozzolino. Il convegno venne concluso con l’intervento di D’Alema, punto di riferimento politico di quasi tutti i relatori.
Ma torniamo all’indagine. Oltre a Gualtieri, gli altri nomi finiti nell’elenco visionato dalla Verità dei presunti «amici del Marocco» sono quelli dell’ex vicepresidente greca dell’Europarlamento Eva Kaili, quello del suo compagno, il reo confesso Francesco Giorgi, assistente del già citato Cozzolino (oggi presidente della delegazione per le relazioni con i Paesi del Maghreb al posto di Panzeri, gli eurodeputati belgi di origine italiana Maria Arena e Marc Tarabella, i loro colleghi piddini Brando Benifei, Alessandra Moretti e, infine, Giuseppe Mario Meroni, già assistente di Panzeri, al pari di Giorgi, e attuale collaboratore dell’eurodeputata di Forza Italia, Lara Comi.
L’ufficio stampa della Moretti, ieri, ha respinto con sdegno i sospetti, ricordando «la sua totale estraneità all’inchiesta in corso» nella quale non risulta al momento indagata né lei, né i suoi collaboratori. Anche Benifei, dopo aver ribadito le sue posizioni «sempre dure con il Qatar e pure sul Marocco sul tema Sahara occidentale», ha fatto sapere di essere «determinato a chiedere che venga fatta luce su tutto quanto accaduto».
Secondo le investigazioni l’ambasciatore Aktoun avrebbe scelto come «agenti» Panzeri e Cozzolino, offrendo in cambio soldi e viaggi. I due italiani avrebbero incontrato in Marocco il capo dei servizi segreti. Dal mandato di arresto firmato dalla Procura di Bruxelles contro Panzeri & c., secondo quanto riportato dai quotidiani Le Soir e La Repubblica, si apprende che Cozzolino avrebbe fatto visita a Mansour diverse volte e un ufficiale dei servizi marocchini, nel novembre del 2019, avrebbe addirittura prenotato per lui due biglietti sul volo Alitalia Casablanca-Roma-Napoli. Nel luglio del 2021 anche Panzeri sarebbe volato in Marocco per incontrare lo 007. Arrivando a tempi più recenti, a quanto risulta alla Verità, l’ex sindacalista sarebbe stato 10 giorni a Doha, capitale del Qatar, nell’aprile del 2022, e cinque giorni a Casablanca nel settembre scorso.
Pure Cozzolino si è detto «indignato» per le notizie uscite sui giornali e ha specificato di «essere del tutto estraneo alle indagini»: «Non sono indagato, non sono stato interrogato, non ho subito perquisizioni, né tanto meno sono stati apposti i sigilli al mio ufficio». Ha anche riferito di non aver «mai incontrato persone vicine ad agenzie o servizi di sicurezza».
Per gli inquirenti gli 007 marocchini avrebbero individuato Panzeri e Cozzolino come passepartout per consentire «l’ingerenza del Marocco» sulle istituzioni comunitarie e sul Parlamento europeo, in particolar modo su questioni delicate quali il ruolo di Rabat nel Sahara Occidentale (conteso con il fronte Polisario, un movimento di liberazione della popolazione Saharawi) e i flussi migratori. Ricordiamo che ai tempi degli attentati jihadisti a Parigi e Bruxelles i servizi segreti marocchini furono particolarmente collaborativi, conquistando la fiducia dei colleghi europei. E, probabilmente all’epoca, grazie a questa apertura di credito, poterono aumentare il pressing sul mondo politico e sui media per sponsorizzare le proprie campagne. Per esempio anche a chi scrive venne proposto un viaggio nel Sahara Occidentale e un incontro con gli 007 marocchini. Una proposta gentilmente declinata.
Il collegamento tra Panzeri e l’intelligence di Rabat sarebbe l’attuale ambasciatore Atmoun. I due si conoscerebbero almeno dal 2017, anno in cui hanno lavorato insieme: Panzeri come presidente della delegazione per le relazioni con i Paesi del Maghreb e Atmoun in qualità di copresidente della commissione parlamentare mista Marocco-Ue. Chissà se negherà anche i rapporti con i servizi segreti di Rabat.
Il diplomatico sarebbe collegato a un centro di studi del Marocco di Bruxelles, dietro al quale ci sarebbe stata una centrale di spionaggio.
Interrogato dai magistrati belgi, Giorgi avrebbe ammesso le sue responsabilità e avrebbe indicato Panzeri come referente della combine. Avrebbe anche cercato di scagionare la compagna Kaili, la quale, nonostante il padre sia stato sorpreso mentre lasciava Bruxelles con 600.000 euro dentro a un trolley, a suo dire, sarebbe stata all’oscuro di tutto.
Nel frattempo la Procura europea ha chiesto la revoca dell’immunità parlamentare proprio per la Kaili e per un’altra eurodeputata greca, la popolare Maria Spyraki, per una presunta frode nella retribuzione degli assistenti parlamentari. I Popolari, ieri pomeriggio, hanno scaricato tutte le colpe del Qatargate sui socialisti: «Questo è uno scandalo di S&D». Nel decreto di perquisizione notificato in Italia agli indagati si legge che l’opera di corruzione avrebbe coinvolto un gruppo «indeterminato e molto ampio».
Intanto la Procura finanziaria di Atene, guidata da Christos Bardakis, ha aperto un fascicolo sulla Kaili anche per riciclaggio di denaro. L’Autorità competente aveva già annunciato lunedì il congelamento di tutti i beni della quarantatreenne politica socialista, la cui convocazione davanti ai giudici belgi è stata rinviata al 22 dicembre. Chissà se negherà anche i rapporti con i servizi segreti marocchini.