2024-10-12
L’Europa tratterà i Pasdaran da terroristi?
Una sentenza tedesca pone la base legale per inserire i Guardiani della rivoluzione iraniani nella lista delle organizzazioni stragiste. Ma serve il voto in Aula: la sinistra anti Occidente deve decidere con chi stare. Donald Trump teme gli ayatollah: «Mi scortino aerei militari».Secondo alcune fonti all’interno dell’Unione europea, a Bruxelles ci sarebbe la base legale per dichiarare i Pasdaran iraniani «organizzazione terroristica». Tutto parte dalla sentenza emessa il 19 dicembre 2023 dal sesto Senato penale del Tribunale regionale superiore di Düsseldorf, sotto la direzione del presidente del Tribunale regionale superiore Jan van Lessen che ha condannato un tedesco-iraniano di 36 anni a una pena detentiva di due anni e nove mesi «per aver pianificato nel novembre 2022 un grave incendio doloso e successivamente tentato di commettere incendio doloso». Durante il processo emerse che all’ultimo momento, per paura di essere scoperto, l’uomo si era «limitato» a lanciare l’ordigno incendiario contro la scuola Hildegardis, che si trova proprio accanto alla sinagoga di Bochum. L’inchiesta ha provato che l’attentato incendiario era stato organizzato da un’agenzia statale iraniana collegata ai Pasdaran, il corpo dei Guardiani della rivoluzione iraniana. Ora la decisione del tribunale di Düsseldorf «rappresenta una base legale per l’Unione europea per inserire i Pasdaran nella lista delle organizzazioni terroristiche. Serve però il via libera politico e per quello serve l’unanimità», scrive l’agenzia Agi. Inoltre, una fonte diplomatica ha affermato che «la sentenza di Dusseldolf ha dato la via legale ma è ora è una questione politica. Abbiamo fatto progressi con la base legale ma le circostanze politiche rimangono invariate, con diversi Stati non convinti che sia una buona idea. Quindi finché non si convinceranno tutti non ci sarà la dichiarazione». Questo è un voto fondamentale per il futuro dell’Unione perché qui vedremo chi si schiererà con gli sgherri di Teheran e chi con l’Occidente cristiano-giudaico. Cosa faranno ad esempio i socialisti spagnoli, quelli irlandesi e gli esponenti del Partito democratico italiano? E come voterà il MoVimento 5 stelle che fin dalla sua fondazione ha avuto tra le sue fila esponenti pro Iran? L’ennesima dimostrazione di come l’Iran sia una minaccia globale arriva dagli Stati Uniti, dove secondo il Washington Post «lo staff di Donald Trump ha richiesto aerei militari per i voli del tycoon nelle ultime settimane della campagna, restrizioni di volo estese sulle sue residenze e sui suoi comizi, vetri antiproiettile preposizionati in sette Stati chiave e una serie di veicoli militari per trasportare l’ex presidente». Si tratta di una richiesta «senza precedenti» dato che nessun candidato nella storia recente è stato scortato da aerei militari prima di un’elezione. Tuttavia lo staff di Trump, dopo essersi confrontato con il governo americano, ha avuto le prove che l’Iran «sta ancora attivamente complottando per ucciderlo». Trump era alla Casa Bianca il 3 gennaio 2020 quando il generale Qasem Soleimani, figura iconica in Iran, insieme al generale-politico Abu Mahdi al-Muhandis, vennero inceneriti all’aeroporto di Baghdad da un missile Helfire della Cia. I mullah da allora lo hanno messo in cima alla lista degli obbiettivi da eliminare. Sempre a proposito della Repubblica islamica, secondo il Wall Street Journal, che ha parlato con alcuni funzionari arabi, da giorni sta diffondendo avvertimenti diplomatici segreti, minacciando di colpire gli Stati arabi del Golfo ricchi di petrolio e altri alleati degli Stati Uniti in Medio Oriente se i loro territori o il loro spazio aereo venissero utilizzati per attacchi contro l’Iran. Ma il mistero iraniano più grande dell’ultima settimana è quello relativo alla sorte del generale Esmail Qaani, capo della forza Quds, la potente unità dei Pasdaran iraniani, responsabile tra le molte cose delle operazioni all’estero in Paesi come Libano, Siria, Yemen e Iraq e che ha ereditato il ruolo proprio dal leggendario generale Qassem Soleimani. Dov’è Esmail Qaani, personaggio popolarissimo in Iran sempre a fianco della Guida Suprema Ali Khamenei? È vivo? E dove si trova, in Libano o in Iran? Oppure è morto dopo l’infarto che lo avrebbe colpito qualche giorno fa durante un interrogatorio? Oppure è vero che è stato arrestato perché sospettato di essere una talpa del Mossad? L’unica cosa certa è che Qaani non si vede in pubblico dal giorno in cui gli israeliani hanno eliminato il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, con un bombardamento di 82 tonnellate su Dahieh, a Beirut, il 27 settembre. Nei giorni precedenti una serie di esplosioni di cercapersone e walkie-talkie in tutto il Libano aveva rivelato chiaramente il livello di infiltrazione di Israele nella struttura di Hezbollah, fino ai vertici. Qaani non c’era nemmeno durante la preghiera del venerdì e la cerimonia in ricordo di Nasrallah celebrata da Khamenei a Teheran e quel giorno c’era tutto il gotha delle forze armate iraniane. Secondo il quotidiano Middle East Eye - finanziato dal Qatar - «Qaani è vivo ma è stato interrogato all’interno del grande repulisti voluto da Khamenei per scovare spie e traditori». Nel mirino ci sarebbe il capo del suo ufficio, che sarebbe «il punto di contatto col nemico», dice l’emittente. L’agenzia di stampa Tasnim, legata ai Pasdaran, ha smentito la notizia derubricandola come ridicola e anzi i media governativi dicono che «Qaani verrà premiato da Khamenei, prossimamente». Il motivo del premio e quando questo sarà consegnato però è un mistero.
Giorgia Meloni (Ansa)
Alla vigilia del Consiglio europeo di Bruxelles, Giorgia Meloni ha riferito alle Camere tracciando le priorità del governo italiano su difesa, Medio Oriente, clima ed economia. Un intervento che ha confermato la linea di continuità dell’esecutivo e la volontà di mantenere un ruolo attivo nei principali dossier internazionali.
Sull’Ucraina, la presidente del Consiglio ha ribadito che «la nostra posizione non cambia e non può cambiare davanti alle vittime civili e ai bombardamenti russi». L’Italia, ha spiegato, «rimane determinata nel sostenere il popolo ucraino nell’unico intento di arrivare alla pace», ma «non prevede l’invio di soldati nel territorio ucraino». Un chiarimento che giunge a pochi giorni dal vertice dei «volenterosi», mentre Meloni accusa Mosca di «porre condizioni impossibili per una seria iniziativa di pace».
Ampio spazio è stato dedicato alla crisi in Medio Oriente. La premier ha definito «un successo» il piano in venti punti promosso dal presidente americano Donald Trump, ringraziando Egitto, Qatar e Turchia per l’impegno diplomatico. «La violazione del cessate il fuoco da parte di Hamas dimostra chi sia il vero nemico dei palestinesi, ma non condividiamo la rappresaglia israeliana», ha affermato. L’Italia, ha proseguito, «è pronta a partecipare a una eventuale forza internazionale di stabilizzazione e a sostenere l’Autorità nazionale palestinese nell’addestramento delle forze di polizia». Quanto al riconoscimento dello Stato di Palestina, Meloni ha chiarito che «Hamas deve accettare di non avere alcun ruolo nella governance transitoria e deve essere disarmato. Il governo è pronto ad agire di conseguenza quando queste condizioni si saranno materializzate». In quest’ottica, ha aggiunto, sarà «opportuno un passaggio parlamentare» per definire i dettagli del contributo italiano alla pace.
Sul piano economico e della difesa, la premier ha ribadito la richiesta di «rendere permanente la flessibilità del Patto di stabilità e crescita» per gli investimenti militari, sottolineando che «il rafforzamento della difesa europea richiede soluzioni finanziarie più ambiziose». Ha poi rivendicato i recenti riconoscimenti del Fondo monetario internazionale e delle agenzie di rating, affermando che «l’Italia torna in Serie A» e «si presenta in Europa forte di una stabilità politica rara nella storia repubblicana».
Nel passaggio ambientale, Meloni ha annunciato che l’Italia «non potrà sostenere la proposta di revisione della legge sul clima europeo» se non accompagnata da «un vero cambio di approccio». Ha definito «ideologico e irragionevole» un metodo che «pone obiettivi insostenibili e rischia di compromettere la credibilità dell’Unione».
Fra i temi che l’Italia porterà in Consiglio, la premier ha citato anche la semplificazione normativa - al centro di una lettera firmata con altri 15 leader europei e indirizzata a Ursula von der Leyen - e le politiche abitative, «a fronte del problema crescente dei costi immobiliari, soprattutto per i giovani». In questo ambito, ha ricordato, «il governo sta lavorando con il vicepresidente Salvini a un piano casa a prezzi calmierati per le giovani coppie».
Nel giorno del terzo anniversario del suo insediamento, Meloni ha infine rivendicato sui social i risultati del governo e ha concluso in Aula con un messaggio politico: «Finché la maggioranza degli italiani sarà dalla nostra parte, andremo avanti con la testa alta e lo sguardo fiero».
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