2025-05-29
L’Europa chiede altre tasse sulle auto diesel e benzina
La Commissione boccia l’Italia sulla transizione ecologica e «raccomanda» nuovi balzelli sulle vetture endotermiche per incentivare l’acquisto delle elettriche. Pressing anche su immobili, rifiuti e uso del suolo.Dopo timide frenate, la Ribera ribadisce diktat e dogmi ecologisti. Mentre Sánchez non ha ancora dato spiegazioni sul blackout.Lo speciale contiene due articoli.Solo pochi giorni fa, dalle stanze di Bruxelles trapelava aria di ripensamenti. Sembrava che davvero i decisori europei avessero preso coscienza dei disastri del progetto green così come l’avevano architettato, cioè con termini stringenti e senza un minimo di analisi costi-benefici di lungo periodo, e stessero provando a metterci qualche toppa. Per carità, nulla di trascendentale. Nulla che potesse far gridare all’inversione di tendenza, ma si intravedevano piccoli barlumi di buon senso. Sembra infatti che Ursula & C. siano in procinto di presentare a giugno un aggiustamento sui target climatici. L’obiettivo finale non cambierebbe, ridurre del 90% le emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990, ma la Commissione avrebbe concesso ai governi dell’Unione una serie di opzioni di flessibilità. E il concetto di flessibilità, al di là del modo in cui verrà declinato, nella gestione della questione ambientale sarà sempre più fondamentale. I più ingenui hanno associato il possibile ammorbidimento con la sospensione delle multe per le auto e hanno provato a concedere il beneficio del dubbio all’Europa: magari qualcosa sta cambiando sul serio. Una pia illusione. Sono bastate poche ore, il tempo di annunciare i primi fatti concreti, per capire come le cose potessero addirittura peggiorare. L’occasione è arrivata con i cosiddetti Pniec. I singoli Paesi sono infatti chiamati a presentare ciclicamente dei piani nazionali relativi all’energia e al clima. Dei documenti strategici che ogni Stato membro elabora per definire le politiche e le misure nazionali per raggiungere gli obiettivi climatici in linea con l’Accordo di Parigi e il Green deal europeo. Su singoli piani il governo di Bruxelles dà una valutazione e delle raccomandazione. Evidenzia gli aspetti positivi e le cose che non vanno, indicando spesso e volentieri dei rimedi. Bene. Nell’ultimo report Von der Leyen & C. hanno in buona sostanza bocciato l’Italia. E fin qui potremmo anche parlare di una notizia positiva. Il punto è che per rimediare alle mancanze si incoraggia il governo Meloni a «ridurre la dipendenza dai combustibili fossili nei trasporti e nell’edilizia» e, in particolare, ad affrontare le emissioni dei trasporti attraverso «un quadro favorevole per la diffusione di veicoli elettrici, anche attraverso incentivi fiscali come la tassazione delle auto di proprietà e delle auto aziendali basata sulle emissioni di CO2». Insomma, siamo alle solite. Bruxelles ha allestito un sistema che non sta in piedi. Ha puntato tutto e troppo in fretta sull’elettrico. E se il mercato le boccia il piano e respinge le vetture a batteria perché costano troppo o perché manca una rete di rifornimento adeguato o semplicemente perché agli utenti non piacciono, poco importa. Il rimedio è sempre lo stesso: alzo le tasse sulle vetture che ancora riscontrano il gradimento dei consumatori, diesel e benzina, e li «spingo» così a comprare altro. Hai visto mai che questa volta inizino davvero a comprare veicoli a batteria? Si tratta di raccomandazioni, ma se le guardiamo nell’ottica della recente riforma del Patto di stabilità, la prospettiva diventa alquanto preoccupante. Perché se è vero che l’Europa con le nuove regole si è data maggiore flessibilità, nel senso che sono previste deroghe per raggiungere gli obiettivi di deficit e in casi eccezionali vengono consentite deviazioni dal percorso di rientro, è altrettanto certo che i controlli della Commissione anche sulle singole manovre dei Paesi aumentano. Andando nel concreto: poniamo il caso che nella prossima Legge di bilancio il governo italiano decida di non aumentare le spese per il green: è possibile, a questo punto anche probabile, che la banda Ursula intervenga per chiedergli di tassare le auto a benzina. Non proprio un bell’affare. Anche perché le raccomandazioni non si limitano alle auto. Ci mancherebbe. Si spingono fino a ricomprendere la questione immobiliare, la gestione dei rifiuti e l’uso del suolo. E a questo proposito l’Unione raccomanda di «attuare misure aggiuntive, dato il crescente divario rispetto all’obiettivo». Esempi? Rispetto all’edilizia il Paese dovrebbe «accelerare il ritmo di ristrutturazione degli edifici residenziali con le prestazioni peggiori e di quelli delle famiglie vulnerabili così come promuovere ulteriormente l’elettrificazione del riscaldamento e l’attuazione di pompe di calore, affrontando il problema dello squilibrio nel rapporto tra prezzo dell’elettricità e prezzo del gas». Certo, e le risorse? Così come «bisogna aumentare il monitoraggio e l’applicazione delle pratiche di gestione forestale sostenibile e degli impegni rispetto alle misure della Pac sulla rotazione delle colture e sull’agroforestazione». E qui sentiamo puzza di nuovi sacrifici per le produzioni dei nostri agricoltori. Tanto basta per far capire anche ai più ingenui che l’idea di una Commissione più flessibile e malleabile rispetto ai target green non è che l’ennesimo bluff architettato dalla Von der Leyen con la complicità della solita compagnia di ballo.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/europa-tasse-auto-termico-2672224801.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="macche-flessibilita-la-ue-tira-diritto-con-il-green-deal-crea-prosperita" data-post-id="2672224801" data-published-at="1748460004" data-use-pagination="False"> Macché flessibilità, la Ue tira diritto con il Green deal: «Crea prosperità» «Considerando le perdite economiche legate al clima negli ultimi anni, abbiamo individuato almeno 163 miliardi di euro in territorio europeo per il periodo 2021-2023. Questo è un ulteriore motivo per cui vogliamo puntare sulla promozione degli investimenti e della prosperità, anziché affrontare perdite e costi». Il Patto verde non si tocca, ha detto a chiare lettere Teresa Ribera, vicepresidente esecutiva della Commissione europea, responsabile per la Transizione pulita, giusta e competitiva, presentando ieri a Bruxelles la valutazione dei piani energetici e climatici dei Paesi membri. L’Ue sarebbe «attualmente sulla buona strada per ridurre le emissioni nette di gas serra di circa il 54% entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990, e raggiungere una quota di energia rinnovabile del 42,5% se gli Stati membri attuano pienamente le misure nazionali e le politiche dell’Ue esistenti e pianificate», dichiarava il comunicato ufficiale. L’industria italiana due giorni fa aveva lanciato l’ennesimo appello ad affrontare il problema energia. «Un vero dramma che si compie ogni giorno», in una «situazione insostenibile» su cui «occorre agire con urgenza», evidenziava nell’EuropAuditorium di Bologna il numero uno di Confindustria, Emanuele Orsini. In piena sintonia con il presidente degli industriali, il premier Giorgia Meloni ribadiva l’urgenza di «riprendere il cammino del nucleare» e il «no all’ideologia» sul Green deal, condividendo la necessità di dare priorità a un piano per i ridurre i costi energetici. La Ribera risponde picche. «Possiamo riaffermare il nostro impegno a rimanere in linea con gli obiettivi climatici che abbiamo adottato non molto tempo fa. L’agenda verde stimola investimenti e prosperità. Possiamo gestire i percorsi di decarbonizzazione insieme, rafforzando la capacità di creare ricchezza», ha detto l’ex ministro spagnolo della Transizione nonché una dei tre vicepremier nel governo Sánchez. In materia di transizione energetica, «energie rinnovabili ed efficienza abbiamo fatto grandi progressi», afferma l’oggi responsabile dell’agenda verde europea. «Dobbiamo continuare a lavorare per raggiungere la completa decarbonizzazione dell’economia. Una regolamentazione prevedibile e una chiara comprensione di dove vogliamo semplificare le cose e offrire stabilità e affidabilità agli investitori», ha scandito nella sua furia green. Snocciola dati sulle perdite economiche che, a suo avviso, ogni ritardo nell’agenda comporterebbe. «Allo stesso tempo, il costo dell’inazione sta aumentando. Ogni disastro climatico per il quale non siamo preparati colpisce più duramente. Impone maggiori costi alla nostra economia e crea maggiori danni sociali», ha proseguito imperterrita. Il commissario per il Clima, le emissioni nette zero e la crescita pulita, Wopke Hoekstra, ribadisce che «l'Ue offre finanziamenti ingenti per sostenere questi sforzi», dell’agenda verde, e che «il Fondo sociale per il clima fornirà un sostegno mirato alle famiglie a basso reddito e alle Pmi, in particolare nei settori dell’edilizia e dei trasporti». Una barzelletta che non fa ridere i cittadini e le aziende europee. A Bruxelles c’era anche il premier Pedro Sánchez, per il primo incontro bilaterale con Ursula von der Leyen da quando ha rinnovato il suo mandato. Tra i temi discussi, la necessità di ampliare le interconnessioni elettriche della penisola iberica con il resto dell’Europa esattamente un mese dopo il massiccio blackout. Il primo ministro, che si è fatto bello con la presidente della Commissione Ue sostenendo che la Spagna «ha più di 3.000 soldati impegnati in operazioni all’estero, oltre a investire quasi dieci volte di più rispetto alla media della Nato nelle operazioni di mantenimento della pace», si è poi trovato con la Ribera. Su X postava la foto di entrambi sorridenti, uniti nell’impegno di ridurre le emissioni del 90% entro il 2040 e per questo «continuare a promuovere l’agenda verde europea. Le tecnologie pulite, la decarbonizzazione e la reindustrializzazione saranno fondamentali per la sicurezza e il futuro economico dell’Ue. L’Europa deve arrivare più forte alla Cop30», in Brasile. Intanto, Sánchez non riesce a fornire una spiegazione del gigantesco blocco di energia che il 28 aprile paralizzò la Spagna. Squadre sono al lavoro per raccogliere dati nelle sedi centrali di Endesa, Iberdrola, Naturgy e Repsol, le principali compagnie energetiche, ma nulla trapela sull’origine del guasto. Il premier, però, appare sempre più determinato ad accorciare la vita delle centrali nucleari. Il Patto verde è per i due spagnoli motore di progresso, motore di investimenti e garanzia di sicurezza per i cittadini europei. «Il messaggio è chiaro: la green transition funziona. Crea posti di lavoro, abbassa le bollette energetiche, riduce la dipendenza dai combustibili fossili e rafforza la resilienza e la competitività dell’Europa», scrive Ribera su Linkedin. «Iniziative strategiche come il Clean industrial deal sosterranno ulteriormente questo sforzo, sfruttando appieno il potenziale delle tecnologie pulite dell’Europa». Giusto il contrario di quanto chiede l’industria, ovvero una transizione sostenibile socialmente ed economicamente, non solo guardando all’ambiente. Occorre «correggere un approccio ideologico alla transizione energetica», ha avvertito il premier Meloni.
Volodymyr Zelensky (Getty Images)
Chiara Appendino (Imagoeconomica)