2025-01-30
Abbuffata di norme e zero alleanze. Così l’Europa non ritrova la bussola
Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea (Ansa)
Il progetto per la competitività prevede altri 39 pacchetti di leggi, intanto la Cina accelera sulle materie prime e gli Usa tagliano le tasse. In realtà l’Unione non ha politica estera e rischia di perdere la corsa alla Difesa.Eccola finalmente la bussola di Ursula von der Leyen. Le linee guida del suo governo bis e la promessa di riportare il Vecchio Continente sul podio della competitività globale senza rinunciare al green, alla prosperità sostenibile e alla parola d’ordine che ha caratterizzato i racconti degli ultimi cinque anni: la tanto amata resilienza. Ovviamente, con la promessa di semplificare le norme e gli adempimenti per le povere imprese Ue. Quindi con la missione di offrire meno Europa, la Von der Leyen conferma sé stessa e la propria politica offrendo ai cittadini ancora più Europa. Non a caso, la bussola economica presentata ieri contiene una lista da mettere a terra nei prossimi anni che arriva al numero stratosferico di ben 39 normative. In parte revisione di quelle già approvate nella legislatura precedente e in parte del tutto nuove. Alcuni interventi creeranno nuove regole per eliminarne di precedenti con il rischio di sovrapposizioni. Si va dal pacchetto che deve migliorare la competitività dell’industria chimica, il cui smantellamento resta il retro pensiero degli eurosocialisti, fino al Clean industrial deal per abbassare i prezzi dell’energia dopo che il mercato elettrico e gasiero è stato fatto esplodere per scelte politiche (della Von der Leyen of course), passando per lo European port strategy act che vuole rendere i nostri porti cruciali per le battaglie marittime dopo aver ceduto ai cinesi il fior fiore degli scali. Senza dimenticare la Review, l’aggiornamento, del Cbam (la tassa sulle emissioni di CO2 dell’acciaio) che punta a modificare il Cbam non ancora entrato in vigore. Sono solo alcuni esempi che paiono dimostrare la diabolicità dell’errore e i tempi completamente fuori linea con il nuovo corso del mondo. Pensiamo alla revisione delle multe per le emissioni di CO2 dell’auto. Ecco, c’è una normativa anche su questo. Ci vorrà un trimestre per valutare l’ovvio. Cioè per discutere se lo stop delle multe possa turbare il mercato e in caso che alternative si possano prevedere per l’auto elettriche. Intanto le aziende cinesi usano i siti europee per produrre. Le case automobilistiche Ue tanto non sono in grado di metterli a regime. Ma soprattutto a Donald Trump è bastato un ordine esecutivo. Ha tirato una linea e deciso il nuovo corso dell’auto elettrica. In un giorno. Noi, scorrendo la lista delle norme, avremo bisogno di un comitato per spiegare alle aziende come e dove potranno approvvigionarsi di materie prime. Come potrà essere tutelata la filiera produttiva. Intanto, in Congo Usa e Cina combattono per procura per cambiare gli equilibri nella regione più a est dell’ex Zaire. Non servono normative. Fuori dall’Europa serve la forza per garantirsi le materie prime. Senza la forza, il Vecchio Continente non è un giardino ma una giungla e se andiamo avanti così diventerà un deserto. Sempre in tema di materie prime, noi abbiamo fissato le regole per una filiera Esg. Chi ne beneficia? Ma naturalmente la Turchia, che ha compreso perfettamente che l’Africa sarà nuovo terreno di scontro tra i due colossi mondiali e così si sta attrezzando per avere tutta la tecnologia di certificazione Esg e diventare l’hub per gli europei. In questo caso le materie prime arriveranno dagli ex Paesi Urss. Quando diciamo che serve la forza per gestire le materie prime, pensiamo a rivedere il modello di investimenti dentro la Nato. Come? Creare società private che garantiscano gli interessi Ue in Africa, prevedendo queste spese dentro il computo del 2% Nato. Le miniere da cui attingere titanio o cobalto mica possono essere tutelate con gli eserciti d’ordinanza. Dovrebbe essere ovvio. Ma la fallacia dell’approccio di Bruxelles sta ancor più a monte. Dentro la bussola, c’è l’ennesimo libro bianco sulla Difesa. Che cosa dobbiamo aspettarci? Semplice: il collage dei documenti presentati da Mario Draghi ed Enrico Letta. Una previsione tanto facile da fare quanto foriera di delusioni. L’industria della Difesa - è bene dirselo una volta per tutte - va rafforzata quando non c’è la guerra. Non quando le guerre sono in corso. Nel secondo caso si consuma. Ma non si progetta. Negli ultimi due anni abbiamo fatto il contrario. E adesso, che con l’arrivo di Trump si va verso nuove forme di pacificazione, rischiamo di non sfruttare nemmeno l’ondata del riarmo. L’industria in queste fasi serve a stringere alleanze e studiare nuove guerre. Per questo ci vuole però una politica estera. Che l’Europa non ha. Quindi un libro bianco senza alleanze extra Ue non serve a nulla. Un esempio da seguire, che al contrario dentro gli schemi multilaterali sarebbe stato inimmaginabile? Il Gcap, velivolo di sesta generazione, progettato da Italia, Uk e Giappone. La scorsa settimana, Giorgia Meloni si è recata in Arabia Saudita e ha firmato accordi. Tra questi la semi adesione di Riad al Gcap. La mossa, con il chiaro ok americano, sarà parte integrante dei nuovi Accordi di Abramo. E questi consentiranno a Riad un affaccio al Mediterraneo e da lì fiumi di investimenti. Difesa, auto, sono solo alcuni esempi. E non abbiamo affrontato il mare magnum del Green deal che la Von der Leyen non vuole assolutamente abbandonare. Più in generale, tutta la burocrazia che ha ideato la bussola va pagata. E sono tasse. Sempre tasse. L’Ue vuole regolamentare l’Intelligenza artificiale che non ha sviluppato. Questa nasce perché gli imprenditori sono liberi. Dopo viene si regolata. Il contrario non funziona. Karoline Leavitt, la nuova portavoce della Casa Bianca ha ricordato a tutti i giornalisti che l’obiettivo della nuova amministrazione è lasciare libere le persone e le aziende di esprimere al meglio. Non spetta al governo dire come. Gli imprenditori già lo sanno. Il governo serve per la geopolitica e la sicurezza. L’esatto opposto di Bruxelles.
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