2021-12-29
Lo spauracchio esercizio provvisorio usato per calpestare il Parlamento
La manovra passerà senza discussioni e a colpi di fiducia. La giustificazione è che il testo deve essere approvato entro il 31 dicembre. Ma non rispettare il ruolo dell’Aula significa negare la democrazia.Anche quest’anno Camera e Senato riusciranno ad approvare il bilancio di previsione dello Stato per l’esercizio finanziario 2022 entro il 31 dicembre. Con affanno e chiudendo la discussione con l’approvazione di una «mozione di fiducia» posta dal governo, il che significa impossibilità di emendare il testo. Tutto formalmente regolare se la corsa per evitare l’«esercizio provvisorio» non avesse compresso i lavori delle Camere con mortificazione della democrazia parlamentare che vede nell’approvazione del bilancio, cioè nel piano annuale, con proiezione triennale (2022-2024), la definizione delle politiche pubbliche, atto fondamentale dello Stato. Ed è, appunto, a imitazione di quel che avviene in altri ordinamenti che da alcuni anni i regolamenti parlamentari prevedono un’apposita «sessione di bilancio», che è quello spazio di tempo nel quale deputati e senatori si concentrano sulla definizione dei documenti finanziari.Diceva il conte di Cavour, che il presidente Mario Draghi ama richiamare spesso: «Datemi un bilancio ben fatto e vi dirò come un Paese è governato». Pertanto, la riduzione degli spazi di tempo offerti a deputati e senatori per proporre ed emendare costituisce una limitazione della democrazia e dell’apporto che ogni parlamentare e ogni partito devono dare alla definizione delle politiche pubbliche le quali tengono conto delle grandi linee della programmazione finanziaria ma anche delle esigenze delle categorie e dei territori delle quali i parlamentari sono naturalmente i portatori.Per chiudere in fretta si evoca, anche sulla stampa, il rischio che al 1° gennaio si debba ricorrere all’esercizio provvisorio del bilancio. È accaduto spesso in passato e non è mai stato un dramma. Intendiamoci, il bilancio andrebbe approvato prima che inizi il nuovo esercizio ma ove non fosse possibile la Costituzione all’articolo 81, comma 5, prevede che con legge, e solo per un periodo non superiore a quattro mesi, sia possibile la gestione provvisoria del bilancio non approvato entro il 31 dicembre. In questo tempo, che potrebbe riguardare un mese o due, la gestione del bilancio, per la competenza e la cassa, è consentita per tanti dodicesimi della spesa prevista da ciascuna unità di bilancio quanti sono i mesi dell’esercizio provvisorio ovvero nei limiti della maggiore spesa necessaria, qualora si tratti di spesa obbligatoria e non suscettibile di impegno di pagamenti frazionati in dodicesimi. Ora nessuno può onestamente dire che l’esercizio provvisorio è un danno per l’economia e per il Paese.Il danno, invece, per la democrazia sta nel fatto che il ruolo del Parlamento viene di fatto compresso nella fase delicata di definizione delle partite di spesa e delle entrate che è la più importante delle sue prerogative. È vero che in regime di esercizio provvisorio della legge di bilancio, che ha inglobato negli ultimi anni quella che un tempo era la «legge finanziaria» e poi la «legge di stabilità», cioè la normativa che modifica il sistema delle leggi che incidono sul bilancio, non entrerebbero in vigore dal 1° gennaio le norme tributarie e quelle ordinamentali, ma è anche vero che a fronte di un ritardo di un mese o due avremmo il pieno rispetto del ruolo del Parlamento. E comunque le norme tributarie potrebbero ugualmente avere vigore dal 1° gennaio una volta approvato definitivamente il bilancio, in assenza di un divieto di irretroattività.Che poi la discussione sulla legge di bilancio vada a rilento in alcuni casi e non consenta l’approvazione entro il 31 dicembre è un fatto che dipende dalla capacità dei gruppi parlamentari di dominare e regolamentare l’intervento dei propri rappresentanti nel dibattito in commissione e in Aula. Quel che preme sottolineare è che la democrazia esige il libero dispiegarsi dell’attività dei rappresentanti del popolo. Un valore che si va perdendo da tempo e che l’emergenza Covid ha accentuato. Nel silenzio dei paludati «custodi» della Costituzione che discettano a destra e a manca di «diritti» spesso fantasiosi o opinabili, trascurando che le regole del sistema parlamentare sono l’essenza stessa della democrazia.