2022-01-24
Caro Ermini, proprio lei chiede «riforme»?
Caro vicepresidente del Csm, mi scusi se torno a disturbarla ma l’altro giorno l’ho sentita parlare in pompa magna all’inaugurazione dell’anno giudiziario e mi si sono arrotate le budella. Infatti diceva che per la giustizia «serve un nuovo approccio» e che bisogna «cambiare le regole». Le pare? Sono decenni che sentiamo ripetere queste frasi.Ormai non sono credibili. E che non siano credibili lo dimostra proprio il fatto che a pronunciarle sia uno come lei che, pur essendo sputtanato e svergognato, non ha mai sentito il bisogno di rinunciare alla sua poltrona. Come può chiedere un nuovo approccio lei che è il simbolo del vecchio approccio? Come si può sperare in un cambiamento se chi lo chiede, come lei, dimostra nei fatti che non ha nessuna intenzione di cambiare?Un po’ di ipocrisia è accettabile, si capisce. Ma lei esagera. Con quella faccia da tartufo bollito spunta fra le toghe e gli ermellini che celebrano, come ogni anno, il fallimento della giustizia per ripetere formulette studiate a memoria. E contraddette dalla sua stessa esistenza. Personalmente abolirei seduta stante l’inaugurazione dell’anno giudiziario, un rito insopportabile, una cerimonia polverosa in cui si replicano le stesse orazioni (i tempi della giustizia da accelerare, i reati da punire, le riforme da fare…) sempre con le stesse parole, senza che mai nulla cambi (infatti i tempi della giustizia non accelerano, i reati restano impuniti, le riforme non si fanno…). Quelle scene sono irritanti. Cerco rigorosamente di non guardarle. Ma l’altro giorno, per errore, mi è cascato l’occhio e l’ho vista lì, tutto preso nel suo ruolo istituzionale. Così non riesco a trattenermi: non si rende conto che quella più che una cerimonia inaugurale era una cerimonia funebre? Che era il funerale della giustizia? E che lei era perfetto nel ruolo di becchino?La conosco da un po’. Come deputato Pd si batteva con coraggio nei talk show e per questo la apprezzavo, anche se il suo lavoro parlamentare non è stato certo memorabile. L’unica traccia rimasta del suo passaggio a Montecitorio infatti è quella famosa proposta di legge sulla legittima difesa che consentiva a chi era aggredito dai ladri di difendersi ma solo di notte. Era scritta in modo così ridicolo che l’intera Italia la seppellì con una risata. Però, ecco, pensavo che lei fosse scarso ma perbene. Limpido. Glielo scrissi, nel settembre 2018, quando fu eletto al Csm, facendole gli auguri. Non sapevo che, invece, anche lei era stato eletto all’Hotel Champagne, con il metodo Palamara, con il sistema corrotto delle correnti, le trattative notturne, gli scambi indecenti, la commistione tra politica e magistratura che mina alla base la fiducia nella giustizia. Mi ricordo che allora mi rispose: «Spero di essere in grado». Ecco: no. Non è stato in grado nemmeno un po’. Non è stato in grado di cambiare le regole (anche perché erano le regole a cui doveva l’incarico). E non ha avuto nemmeno la dignità di dimettersi. È rimasto lì, attaccato alla poltrona, continuando a rappresentare il sistema viziato e malato. Ora con che faccia chiede un «nuovo approccio»? E come può sperare che qualcuno la prenda sul serio?
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)