2022-05-17
Eriksen è tornato a essere un’ape regina
Christian Eriksen con la maglia del Brentford (Getty Images)
Con il defibrillatore il 10 danese ha ripreso a disegnare calcio facendo volare il Brentford. Grazie a lui i «bees» hanno trovato la classica chioccia che ha alzato il livello di tutti. Ora piovono di nuovo le offerte, persino quella degli Spurs dell’ex «nemico» Antonio Conte.Il mago ha ritrovato il cappello a cilindro, la bacchetta magica e in un angolo dello spogliatoio anche il coniglio bianco. Tutto è tornato a posto, i valori cardiaci sono stabili, l’aritmia è controllata dal pacemaker. Christian Eriksen è di nuovo in città. Dieci partite, una sola persa da titolare, un gol, quattro assist e un’ammonizione, soprattutto la capacità di riaccendere la luce a un’intera squadra, il piccolo Brentford neopromosso e salvo (anche grazie a lui), pronto per una seconda stagione in Premier. Una matricola che gioca bene e che, con l’ammiraglio danese sulla tolda, è diventata l’incubo delle big milionarie. Dopo avere sconfitto il Chelsea a Stamford Bridge, domenica è andato a vincere a Liverpool, sul campo dell’Everton: un 3-2 che suona come una campana a morto per l’ex squadra di Carlo Ancelotti invischiata nel mar dei Sargassi della zona retrocessione.Le api di Brentford hanno un’aquila reale in mezzo al campo. La scommessa è vinta, quella di Eriksen non era solo una suggestione da convalescente, in Premier non puoi camminare. Ha lavorato duro, ha recuperato il ritmo partita. Il resto è classe pura, bastava toglierla di tasca per contribuire a una salvezza tranquilla. Ci sono sempre meno calciatori capaci di cambiare il volto a una squadra, a una stagione; eccone uno. A 30 anni, 11 mesi dopo l’arresto cardiaco in campo durante Danimarca-Finlandia e lo shock in mondovisione, il fuoriclasse gentile che aveva fatto innamorare San Siro, sponda nerazzurra, sa di essere pronto a rientrare fra i grandi. Dopo una tournèe in provincia a Brentford, sud-ovest di Londra, club nato come passatempo invernale di una società sportiva di canottaggio, eccolo di nuovo sulla soglia della Royal Opera House.Lo annuncia lui stesso, ringraziando chi gli ha dato fiducia e lo ha protetto, assistito, coccolato nell’inverno più duro. Nella sua quarta vita (dopo la prima da campione, la seconda da paziente ospedaliero e la terza da chioccia a metà classifica) non chiude la porta al futuro da star ritrovata. «Non penso ovviamente ci siano giocatori che possano decidere davvero in quale club poter giocare», ha dichiarato in un’intervista al network scandinavo Viaplay. «Ci sono diversi criteri che entrano in gioco in queste situazioni. A livello personale ho alcune offerte sul tavolo e devo valutare quale cosa sia la migliore per me. Poi prenderò la mia decisione. Se mi piacerebbe giocare in Champions League? Sì, mi piacerebbe. So quanto importante e divertente possa essere come competizione ma allo stesso tempo non è essenziale».Un’apertura naturale, l’ultimo miglio da percorrere per rivedere il largo orizzonte dei campioni. È richiesto in Germania, in Danimarca, in Olanda dove Daley Blind dell’Ajax scende in campo da anni con un apparecchio per controllare i battiti irregolari. Purtroppo in Italia Christian non può più giocare, il defibrillatore sottocutaneo non è ammesso e per questo motivo ha dovuto rescindere il contratto con l’Inter. Ma Eriksen è di nuovo sé stesso, raffinato e geniale, una pepita nel calcio dei culturisti e della frenesia. Lanci lunghi, assist al bacio. I giornali inglesi lo paragonano a «un meraviglioso quarterback della FNL». Fra le proposte d’ingaggio ce n’è una più affascinante delle altre; è quella di Antonio Conte che lo ha chiesto per rinforzare il Tottenham. Lo stesso allenatore che lo accolse con freddezza a Milano, faticò a comprenderne le qualità, fu a un passo dal farlo cedere e infine lo aiutò a trovare una posizione congeniale agli schemi nerazzurri, vedendosi ripagato con la marcia trionfale dello scudetto 2021.Conte lo vorrebbe con sé, lui aspetta e riflette. L’anno in fondo alla panchina (prima dei sei mesi da rockstar cominciati con la foglia morta su punizione al Milan in Coppa Italia) non se l’è scordato. Il mago sorride e si fa corteggiare. Ha di nuovo i lampi, ha di nuovo la gamba. Una scena ha fatto il giro d’Inghilterra. Partita con il Norwich, arbitro Anthony Taylor (lo stesso di quel giorno maledetto a Copenaghen): a un certo punto Eriksen trattiene alle spalle Brandon Williams fino a fermarlo e a farlo cadere. Quest’ultimo si volta con gli occhi del serpente a sonagli molestato, mette le mani al petto dell’avversario per chiedergli ragione del fallo. È una frazione di secondo: si accorge chi ha di fronte e lo abbraccia. Il mago resta sorpreso dalla reazione e risponde all’abbraccio. Si rialzano insieme, il pubblico scatta in piedi ad applaudire. Emozione alle stelle.Il cuore è tornato in sintonia con il suo proprietario, meglio non dilungarsi in romanticherie. Si è anche messo in pari con il destino segnando il gol del rientro in Nazionale nell’amichevole contro l’Olanda, e poi un secondo proprio al Parken di Copenaghen contro la Serbia: un tocco per aggiustarsi il pallone con l’esterno, un altro per prendere la mira e il destro dal limite per il 3-0. Un calciatore italiano avrebbe già scritto un libro da cui trarre una pièce teatrale e un film da portare alla Mostra di Venezia; Eriksen sta su un altro pianeta, quello della sobrietà. «Ora mi sento di nuovo un giocatore, il malore fa parte di me, del mio passato. Come si dice in Italia, punto e a capo. Voglio che parli solo il campo». Quello addirittura canta.