2025-07-12
Il Pkk lascia le armi. Entra in politica, serve a Erdogan
True
Ad Istanbul la notizia della resa del Partito dei Lavoratori del Kurdistan, meglio conosciuto come Pkk, viene accolta con soddisfazione, ma senza grande sorpresa. Il video in cui Bese Hozat, co-presidente del Kck, l’Unione delle Comunità del Kurdistan, guida una trentina di combattenti equamente divisi fra uomini e donne che bruciano le armi è subito diventato virale in Turchia. La scena si svolge nelle montagne del Kurdistan iracheno ed è significativo che il rogo di kalashnikov e fucili venga fatto davanti ai rappresentanti del governo di Ankara e ad agenti dei servizi segreti turchi, come un consegnarsi allo stato che hanno combattuto per 47 anni. Tutto è cominciato il 27 febbraio scorso, quando Abdallah Ocalan dall’isola-prigione di Imrali aveva lanciato un appello per abbandonare la lotta armata e lo scioglimento dello storico Pkk. Oggi in Turchia si fa la storia e la soddisfazione è palpabile, ma soprattutto fra la popolazione di mezza età mentre i giovani si sentono poco coinvolti, perché non hanno vissuto gli anni del terrorismo curdo. Ad Istanbul ha un peso particolare il Partito popolare Repubblicano dell’ex sindaco Ekrem Imamoglu, tuttora in carcere, ma designato come sfidante alle prossime presidenziali turche del 2028. Nella grande metropoli adagiata fra Europa e Asia si vedono striscioni e cartelli che inneggiano alla fine di una vera e propria guerra, ma sono soprattutto i militanti del partito nazionalista, meglio conosciuto come lupi grigi, che si arrogano il merito di questo passo storico. Il vecchio leader del Partito del Movimento Nazionalista ( Mhp) Devlet Bahçeli rilascia interviste multiple parlando dell’azione nel suo partito, braccio politico dei lupi grigi, che ha aperto la strada verso la pacificazione con i curdi. Ad Erdogan servono infatti i voti dei deputati curdi per cambiare la costituzione e candidarsi ad un terzo mandato. Il corteggiamento politico è andato avanti per mesi e adesso si è concretizzato anche se, come ha detto Bese Hozat a nome del Pkk, i curdi vogliono la liberazione di Apo Ocalan, in carcere dal 1999. Il percorso è ancora lungo e complicato, ma si tratta indubbiamente di un successo politico di. Recep Erdogan che hai visto il suo partito in calo nelle ultime tornate elettorali, soprattutto nelle grandi città. La trattativa, che il «sultano» ha fatto aprire ai suoi alleati nazionalisti, prevede la liberazione di Abdallah Ocalan ed una serie di riconoscimenti costituzionali alla minoranza corda che in Turchia rappresenta circa il 16% dell’intera popolazione. Molti analisti locali prevedono un accordo che andrà al di là della politica e cambierà profondamente la società turca. Questa firma, oltre ad essere fondamentale politicamente per il presidente Erdogan, appare utile anche al Pkk che da mesi è in estrema difficoltà. Il governo dell’Iraq guidato da al Sudani ha infatti deciso di aumentare la pressione nelle aree settentrionali per fare un favore ad Ankara ed anche i rapporti con le unità combattenti della Siria (Ypg) sono ai minimi storici considerando anche il fatto che loro rischiano di essere travolti dal nuovo corso di Damasco. Sul campo la lotta armata curda è sicuramente ad un bivio e adesso finisce per diventare solo lotta politica. Un’alleanza per cambiare la costituzione potrebbe diventare anche una collaborazione politica, magari solo localmente in vista delle presidenziali del 2028, rafforzando nelle aree curde la capacità attrattiva del Partito della Giustizia e dello Sviluppo guidato da Erdogan. In questo gioco sottile e a tratti levantino, chi rischia di farne le spese è sicuramente il Partito Popolare Repubblicano di Ekrem Imamoglu a cui è mancata la visione politica per chiudere un accordo con i curdi e che adesso, nonostante i mesi di manifestazioni di piazza e i tanti proclami appare in difficoltà soprattutto in Anatolia e lontano dai grandi centri abitati.
Francesca Albanese (Ansa)
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)