2020-07-11
Eraclito, il mandante del prosciutto e melone
Il filosofo di Efeso 2.500 anni fa teorizzò la legge dei contrari, come il gettonatissimo abbinamento per combattere la calura. Ma sono numerosi i piatti estivi che si ripetono intramontabili ogni anno. Alcuni diventati veri classici codificati dagli chef.Metti l'estate in tavola. Dieta ipocalorica, fornelli spenti, cucina svelta, piatti freddi e vini freschi. È la stagione dei classici. A cominciare dall'insalata di riso che rimane uno dei piatti più gettonati delle tavole estive. Condita con ortaggi tagliati a dadini, sottaceti, cubetti di prosciutto cotto e tondini di wurstel, piace molto. Ugo Tognazzi, indimenticabile attore, raffinato buongustaio e cuoco superbo dettando la ricetta dell'Insalata di riso a modo mio presentata nel libro L'Abbuffone, consigliava di aggiungere un «tocco d'esotismo»: dadini di emmenthal.La bandiera della tavola italiana quando la colonnina di mercurio supera i 30 gradi è la caprese. Lo spettacolo di un'ampia ceramica sulla quale si alternano rossi tranci di pomodoro, bianche fette di mozzarella, smeraldine foglie di basilico è commovente. Se non fosse per l'acquolina che ruscella in gola verrebbe spontaneo mettersi sull'attenti. La caprese è un paradigma. Un classico. Sta alla cucina estiva come il tubino nero di Audrey Hepburn sta alla moda o il Daiquiri ai romanzi di Ernest Hemingway.Sul vitello tonnato si sono scritte pagine su pagine. È un intramontabile del made in Italy, come le canzoni di Lucio Battisti, i maglioni di Ottavio Missoni, i gol di Gigi Riva. Chi lo crede francese perché lo sente definire «vitel tonnè», sbaglia: non è francese, ma dialetto piemontese. La regione alpina ne rivendica l'invenzione. Sulla creazione della fettina di fassone servita con salsa tonnata e capperi, s'accapigliano anche Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, ma è una lotta impari. Il vitello tonnato nasce in terra sabauda nel Settecento. Appetitoso, sempre di moda con quella salsina irresistibile, è il principe dei piatti freddi. Nell'Ottocento, il secolo delle salse, era una delle portate d'antipasto d'obbligo sulle ricche tavole aristocratiche e borghesi. Pellegrino Artusi, padre della cucina italiana moderna, ne La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene (1891) raccomandava di usare il «culaccio» della vitella da latte e di aggiungere al tonno, nella salsa, «due acciughe, olio fine in abbondanza, l'agro di un limone e un pugnello di capperi spremuti dall'aceto». L'inventivo Tognazzi nel libro su citato, propone il Maial tonnè: «Non spaventatevi», scrive, «è un vitel tonnè, soltanto che al posto della carne di vitello vi propongo la lombata di maiale».Passiamo da un principe della cucina estiva a una coppia sovrana da presentare nel piatto di portata in bella maestà: prosciutto e melone. Niente di più buono, niente di più facile. Tutto sta a scegliere materia prima di grandissima qualità. Francesco Sforza, primo duca di Milano (1401-1466), goloso di meloni, diceva che «Scegliere un buon cavallo, prendere una buona moglie e comperare un buon melone sono le cose più difficili da fare». Non è vero, basta scegliere un melone mantovano o di Erbè in provincia di Verona che non si sbaglia mai. E quando folgora il solleone si celebri il rito del matrimonio: togliere il popone dal frigo dove è stato a raffreddare per un'oretta, taglialo a spicchi e stendergli sopra sottili fette di saporito Parma stagionato o di dolce San Daniele o di sapido Toscano dop. Prosciutto e melone in estate sono inseparabili, come Stanlio e Ollio, don Camillo e Peppone, come i pappagallini... inseparabili. Achille Campanile, che intingeva la penna nell'humour dell'assurdo, sosteneva ne Gli asparagi e l'immortalità dell'anima: «Il prosciutto e il melone appartengono a quei grandi binomi internazionali, di fronte ai quali tutti c'inchiniamo, senza tentare d'indagarne il mistero. Perché il melone col prosciutto e non col manzo lesso?». È vero, non sapremo mai chi ha benedetto per primo l'unione tra prosciutto e melone, ma c'è un mandante di 2500 anni fa: Eraclito di Efeso. Fu lui a teorizzare la legge dei contrari: salato e dolce sono destinati a volersi bene, non possono stare l'uno senza l'altro. Eraclito parlava della legge segreta che tiene in piedi il mondo. Non ce ne voglia male se trasferiamo la sua aurea regola alla gastrosofia.Altri classici? Pasta fredda, roast beef, insalatona (tonno, mozzarelle e fantasia di verdure), frittata fredda, carpaccio rucola e grana, insalata di mare, bresaola, insalata di pollo... A insidiarli, da qualche tempo, ci sono piatti foresti diventati di moda: cous cous, quinoa con verdurine, riso basmati con gamberi e curry, gazpacho andaluso, zuppa fredda di verdure crude sponsorizzata da Isabel Allende in Afrodita. La scrittrice, che consiglia di lasciare il gazpacho una notte in frigorifero prima di consumarlo alla vigilia di un incontro amoroso, ne garantisce gli effetti.Sui grandi piatti dell'italica cucina estiva abbiamo sentito il parere di alcuni illustri custodi e difensori del patrimonio enogastronomico tricolore. Cosa mangiano in estate? Quali sono le pietanze che coniugano gusto e freschezza? Paolo Petroni, presidente nazionale dell'Accademia italiana della cucina, istituzione culturale della Repubblica italiana, da buon toscano non ha dubbi: «Il piatto che preferisco in estate è la pasta e fagioli fredda. È un mangiare da Papi. Fantastica. Dev'essere fredda, non da frigo naturalmente, condita con pepe e olio extravergine d'oliva buono. Niente formaggio. Alla toscana. È buono anche lo spaghetto freddo con pomodoro e basilico, detto da noi il crudaiolo. In una zuppiera si mettono pomodori freschi, pelati, tagliati a cubetti e si lasciano in infusione col basilico per un'oretta, si aggiunge la pasta fredda e si serve. Grandissima la panzanella. Si fa con pane raffermo messo a mollo in acqua e aceto, si condisce l'impasto con pomodoro, acciuga e olio buono. Una delizia».Antonello Maietta, presidente nazionale dell'Associazione italiana sommelier (Ais), ligure, ama i classici: «Mi piacciono il vitello tonnato e l'insalata di riso completissima di verdure, piccoli sottaceti, prosciutto cotto. Il riso è un pretesto: in un mare di verdure ogni tanto s'incontra un granello di riso. Abbino il piatto a un morbido rosato, un Cerasuolo d'Abruzzo che mitiga l'esuberanza dei sottaceti. Piatti freddi liguri della tradizione sono il minestrone di verdure, con un po' di pasta, e la cima alla genovese. Noi liguri un tocco di pesto lo mettiamo ovunque. In questo caso un Pigato della Riviera di Ponente ci sta benissimo». Edoardo Raspelli, giornalista e gastronomo famoso, è fedele allo slogan delle tre T, slogan depositato anni fa: Terra, Territorio, Tradizione. «Per Pier Paolo Pasolini erano i dialetti a identificare un territorio, per me sono i piatti. Il consiglio che do per l'estate è di approfittare delle vacanze per scoprire cose buone. Facciamo turismo gastronomico intelligente per scoprire il territorio e i suoi giacimenti gastronomici. Non dimentichiamo chi siamo. Un piatto che per me rappresenta l'estate, emblematico, sono gamberi con formaggio: mozzarella oppure burrata di Andria, in Puglia, e gamberi rossi di Mazara del Vallo. Ma vanno bene anche quelli di Santa Margherita Ligure: crudi, sgusciati freschi».Paolo Massobrio, giornalista, enogastronomo, è il creatore del Club di Papillon, associazione di consumatori con oltre 6.000 soci. «Adoro la carne salata», dice. «Fredda, naturalmente. La preferisco condita con levistico e olio buono. In Valle d'Aosta l'ho mangiata recentemente condita con olio di noci. Una squisitezza. La carne salata la si trova, molto buona, anche in Trentino, in Lombardia, Veneto, Friuli. È un tesoro gastronomico che nasce dalla cucina eroica di conservazione. In giardino, col caldo, mangio sempre volentieri un'insalata di trippa bianca assolutamente più saporita della bresaola. La si taglia più spessa e la si abbina con un Grignolino del Monferrato Casalese. O con un Cerasuolo d'Abruzzo. Provare per godere».