2020-09-18
Emiliano distribuisce assunzioni elettorali
Il governatore della Puglia, a rischio sconfitta, porta sul palco del teatro Fusco di Taranto 200 precari per la firma del contratto a tempo indeterminato in una controllata della Regione. Giorgia Meloni: «Il metodo Pd prevede di aspettare le urne per stabilizzare?»Il presidente uscente della Puglia, Michele Emiliano, attore protagonista, seduto alla scrivania sul palco (non Lopalco, del quale parleremo dopo) del teatro Fusco di Taranto. Insieme a lui, attore non protagonista, l'assessore regionale allo Sviluppo economico Mino Borraccino. Va in scena la firma dei contratti di assunzione a tempo indeterminato di circa 200 lavoratori del Centro unico di prenotazione e dei servizi informatici con la società «in house», ovvero privata ma controllata dalla Regione, Sanità service. Sfilano come comparse i neoassunti: lavoratori precari che ricevono la pergamena che significa per loro la tanto agognata stabilità.La fotografia che immortala la scena, però, non può non provocare perplessità: il contratto a tempo indeterminato arriva a quattro giorni dalle elezioni regionali, che vedono Emiliano, ricandidato, assai in difficoltà. Il candidato del centrodestra, Raffaele Fitto, viene segnalato in vantaggio dagli ultimi sondaggi pubblicati prima del black out; la candidata del M5s, Antonella Laricchia, continua a macinare chilometri in campagna elettorale; Ivan Scalfarotto, di Italia viva, sottrae altri preziosi voti a Emiliano. La battaglia si annuncia all'ultima scheda, e la Puglia ha un significato nazionale: se il centrodestra la conquisterà, per il governo guidato da Giuseppe Conte, pugliese, sarà un colpo durissimo. «Dietro a questo risultato», gongola l'assessore Borraccino, «ci sono stati mesi e mesi di lavoro e di grande impegno. Cancelliamo, con questa firma, il precariato e le incertezze occupazionali per questi lavoratori che oggi possono guardare con maggiore fiducia e serenità al loro futuro. Intendiamo proseguire su questa strada per internalizzare anche i lavoratori impegnati in altri importanti servizi in tutte le Asl della Puglia».Dal centrodestra, inevitabilmente, arrivano attacchi al vetriolo: «Voglio sapere da Nicola Zingaretti», azzanna la leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, ieri a Bari per sostenere il suo candidato Raffaele Fitto, «se lui ritiene che questi metodi rappresentino il Partito democratico. Poiché sento che ogni volta che Zingaretti viene qui dice: noi risolviamo i problemi e gli altri non hanno proposte», aggiunge la Meloni, «ci può dire se intende che loro i problemi li risolvono così? Ci può dire se secondo loro risolvere i problemi è tenere la gente precaria per anni e poi aspettare la campagna elettorale per stabilizzarla? Ci può dire se i metodi del Pd prevedono che una persona per avere un contratto di stabilizzazione deve baciare l'anello del presidente della Regione, con i parenti davanti? Ci possono dire se questa è la loro idea di sviluppo di questo territorio, perché non è la mia. La mia idea è che questa terra ha bisogno di essere libera, non di dipendere dalla politica. E che le persone vengono assunte quando serve e possibilmente con concorso, fuori dalla campagna elettorale e perché se lo meritano e non perché serve in cambio qualcosa».«Nella settimana del voto», sottolinea il deputato Gianfranco Chiarelli, vice segretario regionale della Lega, «presso il teatro Fusco di Taranto vengono sottoscritti i contratti di assunzione di oltre 200 dipendenti che verranno stabilizzati a tempo indeterminato presso i servizi ausiliari Asl, ovvero nella società in house Sanità service, aggirando i concorsi. Se i dipendenti del Cup sono stati stabilizzati ci sono quelli del 118 che dovranno aspettare che la promessa si realizzi dopo il voto. Il fatto grave è che accanto a Emiliano, a consegnare le pergamene del posto fisso ci sono anche i suoi consiglieri e assessori regionali ricandidati, che da giorni si vantano di queste internalizzazioni per racimolare voti».Lasciamo il palco e passiamo a Lopalco, inteso come Pier Luigi, epidemiologo, ex capo della task force regionale anti coronavirus, carica dalla quale si è dimesso per candidarsi nelle liste di Emiliano. «Abbiamo un signore», attacca la Meloni, «che è stato nominato a capo della task force, Lopalco, che oggi è candidato e va in giro a fare comizi. Ai malati oncologici di questa regione sono arrivati i biglietti elettorali di Lopalco con allegato un invito a partecipare a un convegno su Covid e tumori. Per questo abbiamo depositato un'interrogazione parlamentare e abbiamo scritto al garante della privacy perché i dati dei malati sono dati sensibili che non possono essere divulgati».«Sono completamente estraneo», replica Lopalco all'Adnkronos, «all'invio di materiale elettorale ai pazienti oncologici. Ho letto anch'io quello che ha scritto una signora su Facebook, ovvero di aver ricevuto un invito a un convegno su Covid e tumori dove ero stato invitato a parlare di assistenza ai malati oncologici durante l'emergenza. Chi ha organizzato questo convegno ha probabilmente usato una mailing list di qualche associazione di pazienti», aggiunge Lopalco, «e ha mandato l'invito al convegno con anche materiale elettorale di cui io non sapevo nulla».
Il presidente di Generalfinance e docente di Corporate Finance alla Bocconi Maurizio Dallocchio e il vicedirettore de la Verità Giuliano Zulin
Dopo l’intervista di Maurizio Belpietro al ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, Zulin ha chiamato sul palco Dallocchio per discutere di quante risorse servono per la transizione energetica e di come la finanza possa effettivamente sostenerla.
Il tema centrale, secondo Dallocchio, è la relazione tra rendimento e impegno ambientale. «Se un green bond ha un rendimento leggermente inferiore a un titolo normale, con un differenziale di circa 5 punti base, è insensato - ha osservato - chi vuole investire nell’ambiente deve essere disposto a un sacrificio più elevato, ma serve chiarezza su dove vengono investiti i soldi». Attualmente i green bond rappresentano circa il 25% delle emissioni, un livello ritenuto ragionevole, ma è necessario collegare in modo trasparente raccolta e utilizzo dei fondi, con progetti misurabili e verificabili.
Dallocchio ha sottolineato anche il ruolo dei regolamenti europei. «L’Europa regolamenta duramente, ma finisce per ridurre la possibilità di azione. La rigidità rischia di scoraggiare le imprese dal quotarsi in borsa, con conseguenze negative sugli investimenti green. Oggi il 70% dei cda delle banche è dedicato alla compliance e questo non va bene». Un altro nodo evidenziato riguarda la concentrazione dei mercati: gli emittenti privati si riducono, mentre grandi attori privati dominano la borsa, rendendo difficile per le imprese italiane ed europee accedere al capitale. Secondo Dallocchio, le aziende dovranno abituarsi a un mercato dove le banche offrono meno credito diretto e più strumenti di trading, seguendo il modello americano.
Infine, il confronto tra politica monetaria europea e americana ha messo in luce contraddizioni: «La Fed dice di non occuparsi di clima, la Bce lo inserisce nei suoi valori, ma non abbiamo visto un reale miglioramento della finanza green in Europa. La sensibilità verso gli investimenti sostenibili resta più personale che istituzionale». Il panel ha così evidenziato come la finanza sostenibile possa sostenere la transizione energetica solo se accompagnata da chiarezza, regole coerenti e attenzione al ritorno degli investimenti, evitando mode o vincoli eccessivi che rischiano di paralizzare il mercato.
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Intervistato da Maurizio Belpietro, direttore de La Verità, il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin non usa giri di parole: «Io non sono contro l’elettrico, sono convinto che il motore elettrico abbia un futuro enorme. Ma una cosa è credere in una tecnologia, un’altra è trasformarla in un’imposizione politica. Questo ha fatto l’Unione Europea con la scadenza del 2035». Secondo Pichetto Fratin, il vincolo fissato a Bruxelles non nasce da ragioni scientifiche: «È come se io oggi decidessi quale sarà la tecnologia del 2040. È un metodo sovietico, come le tavole di Leontief: la politica stabilisce dall’alto cosa succederà, ignorando il mercato e i progressi scientifici. Nessuno mi toglie dalla testa che Timmermans abbia imposto alle case automobilistiche europee – che all’epoca erano d’accordo – il vincolo del 2035. Ma oggi quelle stesse industrie si accorgono che non è più sostenibile».
Il motore elettrico: futuro sì, imposizioni no. Il ministro tiene a ribadire di non avere pregiudizi sulla tecnologia: «Il motore elettrico è il più semplice da costruire, ha sette-otto volte meno pezzi, si rompe raramente. Pensi al motore del frigorifero: quello di mia madre ha funzionato cinquant’anni senza mai guastarsi. È una tecnologia solida. Ma da questo a imporre a tutti gli europei di pagare la riconversione industriale delle case automobilistiche, ce ne corre». Colonnine e paradosso dell’uovo e della gallina. Belpietro chiede conto del tema infrastrutturale: perché le gare per le colonnine sono andate deserte? Pichetto Fratin replica: «Perché non c’è il mercato. Non ci sono abbastanza auto elettriche in circolazione, quindi nessuno vuole investire. È il classico paradosso: prima l’uovo o la gallina?». Il ministro racconta di aver tentato in tutti i modi: «Ho fatto bandi, ho ripetuto le gare, ho perfino chiesto a Rfi di partecipare. Alla fine ho dovuto riconvertire i 597 milioni di fondi europei destinati alle colonnine, dopo una lunga contrattazione con Bruxelles. Ma anche qui si vede l’assurdità: l’Unione Europea ci impone obiettivi, senza considerare che il mercato non risponde».
Prezzi eccessivi e mercato bloccato. Un altro nodo è il costo delle auto elettriche: «In Germania servono due o tre annualità di stipendio di un operaio per comprarne una. In Italia ce ne vogliono cinque. Non è un caso che fino a poco tempo fa fossero auto da direttori di giornale o grandi manager. Questo non è un mercato libero, è un’imposizione politica». L’errore: imporre il motore, non le emissioni. Per Pichetto Fratin, l’errore dell’Ue è stato vincolare la tecnologia, non il risultato: «Se l’obiettivo era emissione zero nel 2035, bastava dirlo. Ci sono già veicoli diesel a emissioni zero, ci sono biocarburanti, c’è il biometano. Ma Bruxelles ha deciso che l’unica via è l’elettrico. È qui l’errore: hanno trasformato una direttiva ambientale in un regalo alle case automobilistiche, scaricando il costo sugli europei».
Bruxelles e la vicepresidente Ribera. Belpietro ricorda le dichiarazioni della vicepresidente Teresa Ribera. Il ministro risponde: «La Ribera è una che ascolta, devo riconoscerlo. Ma resta molto ideologica. E la Commissione Europea è un rassemblement, non un vero governo: dentro c’è di tutto. In Spagna, per esempio, la Ribera è stata protagonista delle scelte che hanno portato al blackout, puntando solo sulle rinnovabili senza un mix energetico». La critica alla Germania. Il ministro non risparmia critiche alla Germania: «Prima chiudono le centrali nucleari, poi riaprono quelle a carbone, la fonte più inquinante. È pura ipocrisia. Noi in Italia abbiamo smesso col carbone, ma a Berlino per compiacere i Verdi hanno abbandonato il nucleare e sono tornati indietro di decenni».
Obiettivi 2040: «Irrealistici per l’Italia». Si arriva quindi alla trattativa sul nuovo target europeo: riduzione del 90% delle emissioni entro il 2040. Pichetto Fratin è netto: «È un obiettivo irraggiungibile per l’Italia. I Paesi del Nord hanno territori sterminati e pochi abitanti. Noi abbiamo centomila borghi, due catene montuose, il mare, la Pianura Padana che soffre già l’inquinamento. Imporre le stesse regole a tutti è sbagliato. L’Italia rischia di non farcela e di pagare un prezzo altissimo». Il ruolo del gas e le prospettive future. Il ministro difende il gas come energia di transizione: «È il combustibile fossile meno dannoso, e ci accompagnerà per decenni. Prima di poterlo sostituire servirà il nucleare di quarta generazione, o magari la fusione. Nel frattempo il gas resta la garanzia di stabilità energetica». Conclusione: pragmatismo contro ideologia. Nelle battute finali dell’intervista con Belpietro, Pichetto Fratin riassume la sua posizione: «Ridurre le emissioni è un obiettivo giusto. Ma un conto è farlo con scienza e tecnologia, un altro è imporre scadenze irrealistiche che distruggono l’economia reale. Qui non si tratta di ambiente: si tratta di ideologia. E i costi ricadono sempre sugli europei.»
Il ministro aggiunge: «Oggi produciamo in Italia circa 260 TWh. Il resto lo importiamo, soprattutto dalla Francia, poi da Montenegro e altri paesi. Se vogliamo davvero dare una risposta a questo fabbisogno crescente, non c’è alternativa: bisogna guardare al nucleare. Non quello di ieri, ma un nuovo nucleare. Io sono convinto che la strada siano i piccoli reattori modulari, anche se aspettiamo i fatti concreti. È lì che dobbiamo guardare». Pichetto Fratin chiarisce: «Il nucleare non è un’alternativa alle altre fonti: non sostituisce l’eolico, non sostituisce il fotovoltaico, né il geotermico. Ma è un tassello indispensabile in un mix equilibrato. Senza, non potremo mai reggere i consumi futuri». Gas liquido e rapporti con gli Stati Uniti. Il discorso scivola poi sul gas: «Abbiamo firmato un accordo standard con gli Stati Uniti per l’importazione di Gnl, ma oggi non abbiamo ancora i rigassificatori sufficienti per rispettarlo. Oggi la nostra capacità di importazione è di circa 28 miliardi di metri cubi l’anno, mentre l’impegno arriverebbe a 60. Negli Usa i liquefattori sono in costruzione: servirà almeno un anno o due. E, comunque, non è lo Stato a comprare: sono gli operatori, come Eni, che decidono in base al prezzo. Non è un obbligo politico, è mercato». Bollette e prezzi dell’energia. Sul tema bollette, il ministro precisa: «L’obiettivo è farle scendere, ma non esistono bacchette magiche. Non è che con un mio decreto domani la bolletta cala: questo accadeva solo in altri regimi. Noi stiamo lavorando per correggere il meccanismo che determina il prezzo dell’energia, perché ci sono anomalie evidenti. A breve uscirà un decreto con alcuni interventi puntuali. Ma la verità è che per avere bollette davvero più basse bisogna avere energia a un costo molto più basso. E i francesi, grazie al nucleare, ce l’hanno a prezzi molto inferiori ai nostri».
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