Domani e lunedì si scelgono i governatori, il centrodestra sfida il campo larghissimo.
Domani e lunedì si scelgono i governatori, il centrodestra sfida il campo larghissimo.Dopo il voto in Liguria di fine ottobre, domani e lunedì si vota per il rinnovo dei governatori in altre due Regioni: Emilia-Romagna e Umbria. In Umbria il centrodestra spera di bissare il trionfo ligure e gli ultimi sondaggi ufficiali fanno ben sperare, mentre la sfida nella rossa Emilia-Romagna, al voto anzitempo per le dimissioni di Stefano Bonaccini ormai europarlamentare, appare più incerta. Qui, però, si teme la bassa affluenza come accadde dieci anni fa proprio quando fu eletto Bonaccini: andò a votare soltanto il 37,7% degli emiliani.A sfidarsi ci sono quattro candidati: Michele De Pascale, sostenuto dal centrosinistra; Elena Ugolini, candidata civica sostenuta da tutto il centrodestra; Luca Teodori per la lista Lealtà, coerenza e verità; Federico Serra, che corre con una lista che rappresenta Potere al popolo, Rifondazione comunista e Partito comunista. Elly Schlein, che ha riunito il campo di sinistra (si va dal Pd ad Avs per poi arrivare a Italia viva - nella lista civica del candidato -, Azione, Più Europa, Psi e Pri), dopo aver poco parlato di programmi ma molto di fascisti e onda nera montante, rischia abbastanza avendo detto, prima della Liguria, che avrebbe vinto la partita delle regionali 3-0. Ora è sotto di uno, perderne un’altra le creerebbe un bel problema. De Pascale ha parlato con gli elettori soprattutto delle quattro alluvioni, delle case distrutte e dei rimborsi. La maggioranza, invece, punta sulla civica Elena Ugolini. Secondo Matteo Salvini, potrebbe rappresentare quella «voglia di cambiare» che in Regione manca da 70 anni.Vittoria apparentemente più alla portata in Umbria dove si scontrano la leghista Donatella Tesei, che cinque anni fa mise fine ai decenni «rossi» e che crede nel bis, e il sindaco di Assisi, Stefania Proietti, sostenuta da tutto il centrosinistra, renziani compresi. Il Pd nel «cuore verde dell’Italia» teme la presenza del M5s considerato «zavorra territoriale». Gli altri sette nomi in lizza per la carica di presidente sono: Martina Leonardi, sostenuta da Insieme per l’Umbria resistente, Marco Rizzo di Democrazia sovrana popolare e Alternativa riformista, Moreno Pasquinelli del Fronte del dissenso, Fabrizio Pignalberi, sostenuto da Più Italia sovrana e Quinto polo per l’Italia, Elia Francesco Fiorini di Alternativa per l’Umbria, Giuseppe Paolone, proveniente dalle frange di Forza del popolo e Giuseppe Tritto della lista Umani insieme liberi.Ieri c’è stato il flashmob del Pd davanti l’ospedale di Terni perché l’accusa maggiore alla governatrice uscente è di aver «distrutto la sanità». Tesei replica: «Abbiamo trovato macerie e uno scandalo (Concorsopoli, ndr) che aveva annientato la sanità umbra. Siamo ripartiti nonostante il Covid, abbiamo abbattuto le liste d’attesa e l’88% del sistema sanitario è rimasto pubblico». Poi le infrastrutture, con al centro Alta velocità, aeroporto e nodo di Perugia. Infine il lavoro e le opportunità per i giovani.Insieme al centrodestra, a sostegno della Tesei c’è il patron di UniCusano e sindaco di Terni, Stefano Bandecchi, che ha ritirato la sua candidatura perché «Giorgia Meloni ha bisogno di me, sennò perde». Le urne in Umbria ed Emilia-Romagna saranno aperte domani, domenica 17 novembre, dalle 7 alle 23 e lunedì 18 novembre dalle 7 alle 15. Non è previsto il ballottaggio, dunque verrà eletto nuovo presidente il candidato che riuscirà ad ottenere anche solo un voto in più rispetto agli altri.
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Alice ed Ellen Kessler nel 1965 (Getty Images)
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Il principe saudita Mohammad bin Salman Al Sa'ud e il presidente americano Donald Trump (Getty)
Il progetto del corridoio fra India, Medio Oriente ed Europa e il patto difensivo con il Pakistan entrano nel dossier sulla normalizzazione con Israele, mentre Donald Trump valuta gli effetti su cooperazione militare e stabilità regionale.
Le trattative in corso tra Stati Uniti e Arabia Saudita sulla possibile normalizzazione dei rapporti con Israele si inseriscono in un quadro più ampio che comprende evoluzioni infrastrutturali, commerciali e di sicurezza nel Medio Oriente. Un elemento centrale è l’Imec, ossia il corridoio economico India-Medio Oriente-Europa, presentato nel 2023 come iniziativa multinazionale finalizzata a migliorare i collegamenti logistici tra Asia meridionale, Penisola Arabica ed Europa. Per Riyad, il progetto rientra nella strategia di trasformazione economica legata a Vision 2030 e punta a ridurre la dipendenza dalle rotte commerciali tradizionali del Golfo, potenziando collegamenti ferroviari, marittimi e digitali con nuove aree di scambio.
La piena operatività del corridoio presuppone relazioni diplomatiche regolari tra Arabia Saudita e Israele, dato che uno dei tratti principali dovrebbe passare attraverso porti e nodi logistici israeliani, con integrazione nelle reti di trasporto verso il Mediterraneo. Fonti statunitensi e saudite hanno più volte collegato la normalizzazione alle discussioni in corso con Washington sulla cooperazione militare e sulle garanzie di sicurezza richieste dal Regno, che punta a formalizzare un trattato difensivo bilaterale con gli Stati Uniti.
Nel 2024, tuttavia, Riyad ha firmato in parallelo un accordo di difesa reciproca con il Pakistan, consolidando una cooperazione storicamente basata su forniture militari, addestramento e supporto politico. Il patto prevede assistenza in caso di attacco esterno a una delle due parti. I governi dei due Paesi lo hanno descritto come evoluzione naturale di rapporti già consolidati. Nella pratica, però, l’intesa introduce un nuovo elemento in un contesto regionale dove Washington punta a costruire una struttura di sicurezza coordinata che includa Israele.
Il Pakistan resta un attore complesso sul piano politico e strategico. Negli ultimi decenni ha adottato una postura militare autonoma, caratterizzata da un uso esteso di deterrenza nucleare, operazioni coperte e gestione diretta di dossier di sicurezza nella regione. Inoltre, mantiene legami economici e tecnologici rilevanti con la Cina. Per gli Stati Uniti e Israele, questa variabile solleva interrogativi sulla condivisione di tecnologie avanzate con un Paese che, pur indirettamente, potrebbe avere punti di contatto con Islamabad attraverso il patto saudita.
A ciò si aggiunge il quadro interno pakistano, in cui la questione israelo-palestinese occupa un ruolo centrale nel dibattito politico e nell’opinione pubblica. Secondo analisti regionali, un eventuale accordo saudita-israeliano potrebbe generare pressioni su Islamabad affinché chieda rassicurazioni al partner saudita o adotti posizioni più assertive nei forum internazionali. In questo scenario, l’esistenza del patto di difesa apre la possibilità che il suo richiamo possa essere utilizzato sul piano diplomatico o mediatico in momenti di tensione.
La clausola di assistenza reciproca solleva inoltre un punto tecnico discusso tra osservatori e funzionari occidentali: l’eventualità che un’azione ostile verso Israele proveniente da gruppi attivi in Pakistan o da reticolati non statali possa essere interpretata come causa di attivazione della clausola, coinvolgendo formalmente l’Arabia Saudita in una crisi alla quale potrebbe non avere interesse a partecipare. Analoga preoccupazione riguarda la possibilità che operazioni segrete o azioni militari mirate possano essere considerate da Islamabad come aggressioni esterne. Da parte saudita, funzionari vicini al dossier hanno segnalato la volontà di evitare automatismi che possano compromettere i negoziati con Washington.
Sulle relazioni saudita-statunitensi, la gestione dell’intesa con il Pakistan rappresenta quindi un fattore da chiarire nei colloqui in corso. Washington ha indicato come priorità la creazione di un quadro di cooperazione militare prevedibile, in linea con i suoi interessi regionali e con le esigenze di tutela di Israele. Dirigenti israeliani, da parte loro, hanno riportato riserve soprattutto in relazione alle prospettive di trasferimenti tecnologici avanzati, tra cui sistemi di difesa aerea e centrali per la sorveglianza delle rotte commerciali del Mediterraneo.
Riyadh considera la normalizzazione con Israele parte di un pacchetto più ampio, che comprende garanzie di sicurezza da parte statunitense e un ruolo definito nel nuovo assetto economico regionale. Il governo saudita mantiene l’obiettivo di presentare il riconoscimento di Israele come passo inserito in un quadro di stabilizzazione complessiva del Medio Oriente, con benefici economici e infrastrutturali per più Paesi coinvolti. Tuttavia, la gestione del rapporto con il Pakistan richiede una definizione più precisa delle implicazioni operative del patto di difesa, alla luce del nuovo equilibrio a cui Stati Uniti e Arabia Saudita stanno lavorando.
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