2021-06-18
L’Ema demolisce Speranza e il suo cocktail di vaccini
Calo delle iniezioni dopo il pasticcio sui richiami. L'Agenzia ci scarica: «Decidano i Paesi che fare». Ira dei medici di base.Che strano scherzo del destino. Mercoledì, proprio nel giorno in cui il ministro Roberto Speranza ha ricevuto il primo shot di vaccino (Pfizer), con immancabili foto ricordo sui social, le somministrazioni in Italia hanno cominciato a scendere: nella giornata del 16 giugno, infatti, sono state inoculate 535.982 dosi (con un piccolo giallo sull'aggiornamento dei dati sul contatore del ministero, che fino al primo pomeriggio faceva segnare attorno alle 319.000 dosi). Un calo non indifferente rispetto allo scorso mercoledì, quando sono state 584.361. Di certo, ci siamo bruscamente allontanati dal target per giugno che, secondo quanto annunciato dal generale Francesco Paolo Figliuolo alle Regioni, avrebbe dovuto essere di 550-600.000 somministrazioni al giorno. Poi è scoppiato il caos sul vaccino Astrazeneca, tra stop agli under 60 e richiami «eterologhi». Ed ecco che si cominciano a vedere i primi effetti.Il rischio ora è che con il nuovo stop al vaccino anglosvedese per gli under 60, anche gli altri preparati possano fare i conti con un aumento della sfiducia nei vaccini in generale soprattutto da parte di chi deve ancora fare la prime dose. Per altro, nel momento più delicato della campagna vaccinale, con le ferie alle porte. E proprio adesso che scoppia il nuovo allarme per la variante delta (l'indiana) e il numero dei tamponi crolla, mettendo in difficoltà il tracciamento dei virus mutati. Non solo. Se guardiamo le curve delle singole fasce d'età sono tutte in preoccupante discesa: quella dei 60-69enni, già in sofferenza perché oltre 3 milioni di ultrassessantenni mancano ancora all'appello delle vaccinazioni e sta diventando difficile recuperarli, ma anche le categorie degli under 50 e under 40 da quasi una settimana stanno cominciando a rallentare in maniera evidente. Così come è praticamente piatta la curva dei 12-19enni, un po' perché molti sono già partiti per le vacanze, ma anche per i timori dei genitori a vaccinare i giovanissimi. Il caos del mix per i richiami è quindi solo l'ultima onda della tempesta perfetta che ci siamo creati artificialmente da soli. E che dovremo risolvere da soli. Perché ieri, in una conferenza stampa, i vertici dell'Ema, l'Agenzia europea del farmaco, hanno confermato quello che La Verità scrive ormai da giorni. «Sembra che sia una strategia che potrebbe essere adottata. Ma dobbiamo ancora raccogliere tutte le informazioni. Dal punto di vista dell'Ema non è facile in questo momento fornire una raccomandazione a causa dei dati limitati», anche perché non è chiaro se» le aziende che hanno vaccini autorizzati «sono interessate a presentare qualche richiesta di cambiamento nelle informazioni di prodotto», ha dichiarato Marco Cavaleri, responsabile della strategia vaccinale dell'Agenzia europea. Che scarica così la responsabilità sui singoli Stati. «Astrazeneca è approvato un Ue in due dosi, in un intervallo tra quattro e 12 settimane. Spetta agli Stati membri decidere se vogliono usarlo in due dosi o preferire, per qualche ragione, dare la seconda dose con un vaccino Rna messaggero», ha aggiunto Cavaleri, ricordano comunque che «le evidenze sono limitate e serve un monitoraggio attento». Riassumendo: l'Aifa ha autorizzato il mix sostenendo l'elevata sicurezza della vaccinazione eterologa senza evidenze sperimentali solide circa i rischi e i benefici tanto che la stessa Ema ha preso tempo per esprimersi e ha lasciato il cerino nelle mani dei singoli Stati. Intanto il ministro della Salute l'ha addirittura imposto, con una circolare, scavalcando le Agenzie. Di chi è la responsabilità se succede qualcosa mescolando i vaccini per i richiami? Di Speranza? Dei presidenti delle Regioni che continuano a procedere in ordine sparso? O dei vaccinatori? L'ultimo anello di questa catena, ovvero i medici, temono che alla fine a pagare sarà la categoria. «Se da un lato», sottolinea Pier Luigi Bartoletti, segretario provinciale della Fimmg Roma, I' Ema ad oggi conferma che il vaccino dell' Astrazeneca è somministrabile dai 18 anni in su, dall'altro «è l'Aifa che precisa come i casi di trombosi siano rari nelle prime dosi, ma nulli nelle seconde. Contestualmente però ordina di completare il ciclo vaccinale delle persone sopra i 60 anni con Pfizer o Moderna e utilizzare Az solo per i cittadini oltre i 60 anni». I cosiddetti bugiardini, cui i medici devono attenersi, dicono invece che il ciclo vaccinale va completato con lo stesso prodotto iniziale vietando il mix delle seconde dosi. Più duro il segretario generale della Fimmg, Silvestro Scotti, che ieri a Radio 24 ha definito sconcertante la decisione della Regione Lazio di lasciare libera la scelta agli under 60 su quale seconda dose ricevere dopo la prima di Astrazeneca: «In tutti i casi in cui i cittadini si sono immunizzati con questi vaccini, la scelta rimane del paziente, la vaccinazione è volontaria. Dall'altra parte c'è bisogno di un consenso informato, quindi lascio la scelta al cittadino. Quello che non si capisce è come sia possibile vaccinare un paziente sotto i 60 anni con Astrazeneca a fronte di un elemento regolatorio pubblicato in Gazzetta Ufficiale, quindi mi dà l'idea che il paziente possa solo rifiutarlo, non che possa scegliere di fare diversamente», conclude. Caos aggiunto al caos. E intanto la tempesta perfetta rischia di far naufragare la campagna per l'immunità, anche perché, dagli ultimi dati dell'Eurobarometro, sembra risultare che l'entusiasmo degli italiani verso la vaccinazione sia molto legato a questioni pratiche, come l'andare in ferie.
C’è anche un pezzo d’Italia — e precisamente di Quarrata, nel cuore della Toscana — dietro la storica firma dell’accordo di pace per Gaza, siglato a Sharm el-Sheikh alla presenza del presidente statunitense Donald Trump, del presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, del turco Recep Tayyip Erdogan e dell’emiro del Qatar Tamim bin Hamad al-Thani. I leader mondiali, riuniti per «un’alba storica di un nuovo Medio Oriente», come l’ha definita lo stesso Trump, hanno sottoscritto l’intesa in un luogo simbolo della diplomazia internazionale: il Conference Center di Sharm, allestito interamente da Formitalia, eccellenza del Made in Italy guidata da Gianni e Lorenzo David Overi, oggi affiancati dal figlio Duccio.
L’azienda, riconosciuta da anni come uno dei marchi più prestigiosi dell’arredo italiano di alta gamma, è fornitrice ufficiale della struttura dal 2018, quando ha realizzato anche l’intero allestimento per la COP27. Oggi, gli arredi realizzati nei laboratori toscani e inviati da oltre cento container hanno fatto da cornice alla firma che ha segnato la fine di due anni di guerra e di sofferenza nella Striscia di Gaza.
«Tutto quello che si vede in quelle immagini – scrivanie, poltrone, arredi, pelle – è stato progettato e realizzato da noi», racconta Lorenzo David Overi, con l’orgoglio di chi ha portato la manifattura italiana in una delle sedi più blindate e tecnologiche del Medio Oriente. «È stato un lavoro enorme, durato oltre un anno. Abbiamo curato ogni dettaglio, dai materiali alle proporzioni delle sedute, persino pensando alle diverse stature dei leader presenti. Un lavoro sartoriale in tutto e per tutto».
Gli arredi sono partiti dalla sede di Quarrata e dai magazzini di Milano, dove il gruppo ha recentemente inaugurato un nuovo showroom di fronte a Rho Fiera. «La committenza è governativa, diretta. Aver fornito il centro che ha ospitato la COP27 e oggi anche il vertice di pace è motivo di grande orgoglio», spiega ancora Overi, «È come essere stati, nel nostro piccolo, parte di un momento storico. Quelle scrivanie e quelle poltrone hanno visto seduti i protagonisti di un accordo che il mondo attendeva da anni».
Dietro ogni linea, ogni cucitura e ogni finitura lucidata a mano, si riconosce la firma del design italiano, capace di unire eleganza, funzionalità e rappresentanza. Non solo estetica, ma identità culturale trasformata in linguaggio universale. «Il marchio Formitalia era visibile in molte sale e ripreso dalle telecamere internazionali. È stata una vetrina straordinaria», aggiunge Overi, «e anche un riconoscimento al valore del nostro lavoro, fatto di precisione e passione».
Il Conference Center di Sharm el-Sheikh, un complesso da oltre 10.000 metri quadrati, è oggi un punto di riferimento per la diplomazia mondiale. Qui, tra le luci calde del deserto e l’azzurro del Mar Rosso, l’Italia del saper fare ha dato forma e materia a un simbolo di pace.
E se il mondo ha applaudito alla firma dell’accordo, in Toscana qualcuno ha sorriso con un orgoglio diverso, consapevole che, anche questa volta, il design italiano era seduto al tavolo della storia.
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Silvia Salis (Imagoeconomica)