2024-08-15
Scacco matto di Elodie al patriarcato: si fa fotografare nuda sul calendario
Elodie. Nel riquadro, la cantante nel backstage del Calendario Pirelli 2025 (Getty Images)
La cantante annuncia il suo atto rivoluzionario «nell’Italia di Meloni, che mette in pericolo i diritti». Posare senza veli è «queer» perché chi scatta è gay. Ma per la sinistra non si trattava di maschilismo da camionisti? Esultate compagni: la lotta di Elodie contro il patriarcato ha fatto un altro notevole passo avanti. Dopo la dura battaglia combattuta in nome della dignità delle donne mostrando le chiappe al vento; dopo la lap dance, le tute aderenti, i body di pizzo e le minigonne con spacco che hanno aperto l’epico dibattito di preclaro impegno femminista sulle sue esibizioni («mutande sì o mutande no?»); dopo l’ostentazione delle forme del corpo usate (se non ora quando?) per mascherare forme assai meno perfette della voce, la nota cantante progressista ha compiuto un altro gesto clamoroso per la difesa della donna dalla mercificazione e dalla reificazione, un atto concreto per ribadire il suo fermo no a ogni sessismo e a ogni machismo. Ebbene sì: la compagna femminista Elodie ha posato nuda per un calendario. Seno al vento, lato B in vista, sensualità e sessualità. Un duro colpo per tutti i maschilisti. E forse anche per i camionisti. E nessuno provi a dire, come al solito, che c’è qualcosa di incoerente nel lottare contro il patriarcato mostrando il fondoschiena perché quello di Elodie, cari compagni, è chiaramente un gesto rivoluzionario. Anzi, come dice lei, «un inno alla libertà nell’Italia di Meloni» dove, come è noto, i «diritti sono minacciati». Il calendario in questione, il mitico Pirelli, infatti, non è solo un passaggio fondamentale nella lotta al patriarcato ma è anche un «omaggio al mondo queer», e dunque un momento decisivo nella difesa del movimento Lgbtq+ oppresso come non mai dal duro regime di centrodestra. Nel suddetto calendario Pirelli, che sarà disvelato a fine novembre, ci saranno infatti anche foto di «uomini e di transgender». E soprattutto gli scatti sono stati realizzati da un «fotografo dichiaratamente gay». Dunque, cari compagni, imparate la lezione e ripetetela a coro unificato ovunque voi siate: se il fotografo è gay la fotografia di un culo all’aria non è più la foto di un culo all’aria. Diventa un inno di libertà. E soprattutto uno strumento di lotta per il diritti del mondo queer. Chissà perché Giorgia Meloni si ostina a non mettere nel calendario del governo un fotografo gay, un transgender o almeno la foto di un nudo. Chiaramente è retrograda e oscurantista. Infatti, come spiega Elodie commentando la sua ultima performance, in Italia «è evidente il problema dei diritti». I diritti sono minacciati e la cosa grave «è che sia una donna a farlo». Come può Giorgia Meloni «non accorgersi di lavorare per gli interessi degli uomini?». Già: come fa a non accorgersi il nostro premier che sta lavorando per gli interessi degli uomini? E soprattutto, perché non prende esempio da Elodie, che gli interessi degli uomini al contrario li osteggia fortemente, mostrandosi nuda come mamma l’ha fatta davanti all’obiettivo del fotografo? Non è difficile immaginare la fuga inorridita degli uomini di fronte a quegli scatti appesi alle pareti. «Guarda Elodie come ci osteggia», si lamenteranno i maschi prevaricatori. Si sa: non c’è modo di osteggiare gli uomini più convincente che mostrare loro tette e culi. È quello l’unico vero modo di scontentare quegli arrapati. E, nel contempo, di fare «un omaggio al mondo queer». Ora, cari compagni, qualcuno potrebbe anche obiettare che noi fino a ieri dicevamo che i calendari erano da bruciare. Da eliminare. Da proibire. Dicevamo che erano uno strumento del bieco maschilismo, una turpe mercificazione del corpo della donna, un simbolo arcaico di quella cultura del patriarcato da abbattere. Qualcuno potrebbe ricordare le nostre battaglie contro il nudo, anche se usato per sostenere cause civili, figurarsi quando è usato nel mondo dello spettacolo. Ma è del tutto evidente che la risposta è facile: se il nudo è a Ciao Darwin è patriarcato, se è sul calendario Pirelli è «omaggio al mondo queer». Se Madre Natura mostra le sue grazie è sessismo. Se lo fa Elodie è «un manifesto politico», un «inno alla libertà» e pure un «elogio della diversità». Basta leggere i giornaloni per capirlo. Del resto è la stessa cantante a spiegare bene qual sia la differenza fra il suo nudo e gli altri: «Io sono onesta», dice. Ora, cari compagni, potrebbe apparire difficile capire il grado di onestà dall’esibizione del fondoschiena, potrebbe apparire difficile cioè capire se un fondoschiena appartiene a una donna onesta oppure no, essendo che i fondoschiena in genere si differenziano per altri fattori, e non precipuamente dall’onestà. Ma tant’è. Bisogna sostenere la compagna Elodie senza se e senza ma, soprattutto quando dice che lei è una «brava persona», che la mamma le ha insegnato «valori importanti» e che le «donne sono intelligenti» tanto che «gli uomini vorrebbero essere come noi». In effetti: quale uomo guardando sul calendario Pirelli l’intelligenza di Elodie, non vorrebbe essere come lei? E quale uomo non ringrazia la sua mamma, ancor prima che per i valori che le ha insegnato, per averla messa al mondo? «Io mi sento tanto caruccia, molto dolce», continua Elodie. E poi aggiunge: «Una patata». La patata, in effetti, pare proprio che manchi in questo calendario: che sia una promessa per la prossima azione di lotta contro il patriarcato?
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)