2021-08-11
«Eliminare la morte è un’illusione dannosa»
Lo storico Franco Cardini: «Un tempo addomesticavamo la dipartita, oggi la cancelliamo, ma così ci esponiamo alle superstizioni. Il certificato verde è inaccettabile, così come il livello del dibattito in corso: chi dissente è oggetto di attacchi, offese e risatine». È difficile che Franco Cardini -uno dei più grandi storici italiani ed europei viventi – si lasci andare alle banalità e alle semplificazioni. E risulta subito evidente come il suo pensiero riguardo al green pass sia frutto di attenta riflessione. Ciò non significa che non sia diretto. «Temevamo da tempo», ha scritto sul suo sito francocardini.it, «il profilarsi effettivo di un "panorama orwelliano" di questo genere, per quanto troppi di noi se lo figurassero secondo schemi desueti, da “totalitarismo classico": ebbene, ci siamo. Solo che ci siamo arrivati sulle ali di un “totalitarismo" di tipo nuovo, consumistico e liberal-liberista. E a colpi di politically correct». Il ragionamento non fa una grinza: «In linea di principio, ogni cittadino dovrebbe poter scegliere tra il pieno godimento della libertà individuale nei limiti stabiliti dalle istituzioni e la rinunzia sia pur temporanea ed eccezionale ad alcune di esse in vista di un “pubblico bene" avvertito come superiore: ad esempio la sicurezza», spiega Cardini. Poi attacca: «Il punto è che il problema che ci sta dinanzi non si pone affatto in tali termini: dal momento che da una parte il vaccino è ben lungi - allo stato attuale delle cose - dal costituire una difesa assolutamente sicura contro il contagio (che sarebbe unica condizione per legittimamente prescriverne l'obbligatorietà), mentre dall'altra è evidente che una discriminazione ufficiale tra detentori e non detentori del green pass, con relativa limitazione delle libertà dei secondi, è costituzionalmente parlando improponibile». Insomma, per andare al cuore della questione, per Cardini «non si può tollerare che nel nome di una discriminazione de facto, della quale il governo non si assuma responsabilità, siano sospesi ai non titolari di green pass il godimento di pubblici servizi e l'esercizio sia pur temporaneo della propria professione». Il dato che più salta agli occhi dello storico è la confusione. Parlando al telefono con La Verità, Cardini spiega che avrebbe desiderato vedere «una organizzazione almeno un po' coerente, anche da parte dell'Unione europea, che è molto presente su alcuni temi ma in questo caso è stata latitante». Il giudizio sulla gestione italiana dell'epidemia è ancora più severo: «In questa situazione mi pare che continuare ad accumulare divieti e obblighi serva soltanto ad aumentare la confusione e l'insicurezza», dice. «Far capire, come ha fatto il generale Figliuolo giorni fa, che sono allo studio sistemi di confinamento per chi non si vaccina mi pare cosa gravissima». Il punto centrale è la responsabilità. «Quando si prescrive qualcosa», spiega Cardini, «bisogna anche assumersene la responsabilità. Se si vuole imporre un obbligo, si fa una legge. Ma per fare una legge bisogna passare dal Parlamento, e senza questo passaggio non si possono imporre provvedimenti che di per sé stessi sono insicuri, incoerenti, impugnabili. Io sono sempre stato legalitario, ma mi rendo conto che oggi bisogna scegliere tra infrangere le leggi arrangiandosi un po' all'italiana, cosa che non mi piace, oppure obbedire alle regole avendo però nell'intimo la coscienza che si sta subendo un sopruso». Di fronte all'obbligo surrettizio, meglio un obbligo esplicito? Cardini, al riguardo, è dubbioso. «Per imporre l'obbligo vaccinale bisognerebbe avere la certezza assoluta riguardo al vaccino, che in questo momento non c'è. Io sono vaccinato con due dosi, e ovviamente ci tengo a campare, ho da qualche giorno 81 anni e sono cosciente di come sia fatta la vita. Capisco però che ai più giovani possa suscitare inquietudine l'essere obbligati a fare un vaccino che ha - non altissima ma ce l'ha - possibilità di reazioni avverse. Se fossi io al potere, lo dico sinceramente, non mi sentirei di imporre l'obbligo vaccinale. Non stiamo parlando del vaccino contro il vaiolo, o di quello per le influenze stagionali di cui abbiamo ormai una lunga pratica e ragionevoli certezze. Per imporre un obbligo servirebbe maggiore sicurezza. Da cittadino, tuttavia, potrei accettare l'imposizione dell'obbligo a patto che lo Stato si assumesse le sue responsabilità, facendosi carico di tutte le eventuali conseguenze. In assenza di ciò, meglio astenersi. Per come stanno attualmente le cose, in ogni caso, non si può dire che chi non si vaccina deve essere sottoposto a limitazioni della libertà, non è accettabile». Contro le limitazioni alla libertà, nelle ultime settimane, hanno preso la parola prima Giorgio Agamben e poi un altro filosofo di fama, Massimo Cacciari. Costoro, per essersi schierati contro il green pass, hanno subito attacchi anche feroci. Del resto lo strabordare dei toni è, purtroppo, una caratteristica della discussione pubblica sul virus. «È un guaio originato dall'incontro un po' infame tra sviluppo tecnologico e la presunzione di avere l'impunità assoluta, il tutto unito a una spaventosa caduta della cultura», dice Cardini, che è intervenuto su La Stampa a sostegno di Cacciari. «Cacciari può anche sbagliare, per carità, ma che gli si risponda con offese o con le risatine di qualche virologo televisivo mi sembra un sintomo della regressione della società civile, non certo un avanzamento delle libertà. Va bene l'ironia, ma ricordo che per uno studioso sentirsi oggetto di ironia è anche un'umiliazione».Secondo lo storico, negli ultimi tempi si nota «una diffusa mancanza di libertà di discussione, ed è una cosa gravissima a cui si dovrebbe porre rimedio. Nel nome del politicamente corretto assistiamo ad attacchi indecorosi alla libertà individuale e comunitaria». Difficile dare torto a Cardini. Viene da pensare, però, che l'inasprimento dei toni sia dovuto anche alla paura, che ormai domina il dibattito. Una paura che nasce anche da un cambiamento del nostro rapporto con la morte e con il dolore. «Da quando è iniziata l'ubriacatura dei diritti», spiega Cardini, «abbiamo cominciato a pensare di avere il diritto di liberarci di tutte le cose che non ci piacciono. Dopo la libertà di (di pensare o parlare, ad esempio), bisogna acquistarsi la libertà da. L'ultima in ordine di tempo è la libertà dalla paura della morte, o addirittura dalla morte stessa. L'idea di vincere la morte poteva andare bene quando si trattava di una utopia che si sapeva irrealizzabile. Ma oggi ci si pone davvero la prospettiva di vivere fino a 100 anni sempre perfettamente funzionanti. Abbiamo progressivamente perso la cultura del limite, e cercato di nascondere la morte e tutti i simboli che la riguardano. La morte non viene più addomesticata: i morti non stanno più in casa, si nasce e si muore all'ospedale, ad esempio. Ma se le cose non si addomesticano, poi tornano in modo selvaggio, in forma di superstizione». E in effetti, osservando il livello del dibattito sui vaccini, la parola superstizione appare piuttosto adeguata.