2024-05-29
Le elezioni fanno scoprire che il Pnrr è un cavallo di Troia carico di tagli
Matteo Salvini ha assicurato: «Non ci saranno tagli» (Imagoeconomica)
Per racimolare voti alle Europee si fa esplodere la polemica sulla riduzione dei fondi ai Comuni collegata al vincolo Ue. La sinistra prima festeggiava, ora protesta. Col Patto di stabilità la situazione peggiorerà.Proseguono le polemiche tra Comuni, Anci (guidata dal sindaco piddino di Bari, Antonio Decaro) e il governo per i tagli alla spesa corrente e la presunta scelta di penalizzare i più virtuosi. Cioè quelli che meglio avrebbero usato i fondi a debito del Pnrr. Alla diatriba opposizione-maggioranza si è aggiunta anche la posizione di Matteo Salvini che, pur rigettando le accuse e indicando la malagestio di molti amministratori soprattutto al Sud, ha stigmatizzato il concetto di tagli in generale.«Oggi», è il messaggio uscito dalla cabina di regia dell’altro giorno, «entriamo nella fase 2 del Pnrr, la più importante, quella della concreta attuazione delle riforme e della messa a terra di tutti gli investimenti strategici». I rappresentanti degli enti locali hanno a loro volta risposto provando a capire se c’è spazio per riscrivere lo schema. Il ministro Raffaele Fitto non ha preso impegni, ma ha assicurato che un confronto ci sarà. È a questa «apertura» che i Comuni si sono aggrappati per provare quantomeno ad affacciare la proposta alternativa al decreto a cui stanno lavorando diversi sindaci sotto la regia dell’Anci. L’obiettivo è superare le norme che muovono le forbici sulla spesa corrente - questa è la versione della stessa Anci - necessaria ad alimentare i servizi delle opere Pnrr: asili, biblioteche, centri per anziani e disabili, oltre che per l’accoglienza di soggetti fragili. «I danni che provocherebbe il decreto sono stati già messi nero su bianco: il Sud pagherebbe il conto maggiore», scriveva ieri Repubblica accentuando la polemica. «Insieme a tutti i piccoli Comuni, senza distinzione territoriale: sono loro ad avere in gestione il maggior numero dei progetti Pnrr». Per questo il premier ha affidato sempre a Fitto la scrittura e la firma di un comunicato in cui il ministro sottolinea che «non ci sarà nessun taglio alla spesa sociale» perché la «missione 12 dei bilanci» per le politiche sociali e familiari è esclusa. L’obiettivo è fare chiarezza e contenere l’assalto dei dem di chiara impronta elettorale: «Una domanda», ha scritto Fitto, «vorrei rivolgere al segretario del Partito democratico e ai numerosi esponenti delle opposizioni che hanno attaccato il governo sui presunti tagli ai fondi per gli asili nido finanziati dal Pnrr: si scuseranno e diranno che hanno sbagliato?». Dalle paginate di giornale dedicate a questa polemica, un po’ come è accaduto per il redditometro pubblicato in Gazzetta e dopo solo due giorni sospeso, si comprende che i tecnici del Mef dovrebbero tenere maggiormente presente il calendario politico. Ha senso a pochi giorni dalle Europee esporsi a speculazioni e critiche, per di più difficili da maneggiare visto la natura tecnica dei decreti? La risposta è no. Sarebbe sicuramente stato più opportuno attendere almeno metà giugno e probabilmente così avverrà. Possibile ma difficile che il decreto sui tagli entri nel prossimo cdm, quello che potrebbe essere dedicato alla riforma della giustizia. Ciò però non cancella due dati ed elementi. Primo. La finanziaria approvata lo scorso dicembre prevede nero su bianco un contributo alla spendig review da parte dei Comuni e degli enti locali di almeno 200 milioni. Secondo. Il testo è stato approvato dall’Aula e le opposizioni non sono insorte. Non avrebbero potuto farlo per due motivi. I tagli si rendono necessari vista la natura stessa del Pnrr. Si tratta di un vincolo interno di spesa che esclude altre spese esterne al perimetro. Quando quasi in solitudine il nostro giornale denunciava i rischi, gran parte dell’opinione pubblica stappava bottiglie di champagne al grido: «Pioggia di miliardi». Adesso si tocca con mano che la realtà è diversa. Ancor più complicata perché da luglio entrerà in vigore il nuovo Patto di stabilità (anch’esso osannato dal Pd) che costerà all’Italia più o meno 70 miliardi di tagli in dieci anni. Il problema dei 200 milioni inquadrato in questa ottica diventa risibile. Semmai a preoccupare deve essere la liquidità che manca. Gli enti locali incassano pochi soldi perché i cittadini sono troppo spremuti. E ora sono costretti a garantire gli anticipi per le opere del Pnrr. È un circolo vizioso che non porta crescita. Eppure il Pnrr doveva essere la panacea. A questo punto vale poco indignarsi per una briciola di tagli quando nei prossimi anni il protagonista non sarà il bisturi ma il machete. Capiremo che i finanziamenti Ue avremmo dovuto affidarli alle banche e ai fondi di venture capital chiedendo di usarli a garanzia e in cambio raddoppiare il capitale investito. Avremmo fatto crescere un comparto e non avremmo imbrigliato così le finanze pubbliche. Difficile immaginare soluzioni nel breve termine. Una è la speranza che il voto delle Europee possa cambiare le prospettive e le regole. L’altra è che l’economia riparta. lasciando libere le aziende con meno tasse di investire e fa crescere il Pil. Arriverà più gettito e più liquidità anche per gli enti locali. Facile a dirsi, difficile a realizzarsi. E allora attenzione perché non è detto che l’Europa prima o poi non ci chieda di tagliare le pensioni che ogni anno assorbono circa 320 miliardi degli oltre 800 di spesa corrente. E i diritti acquisiti addio...
Ursula von der Leyen (Ansa)