Nardella, Gori, Decaro: all’Europarlamento infornata di ex sindaci dem. Entrano anche Zan, Cecilia Strada e l’ex presidente Inps Tridico, che fa il pieno di voti al Sud. Bocciati il duo Santoro-Vauro, la sardina Cristallo, Cecchi Paone. Tarquinio tra i sospesi.
Nardella, Gori, Decaro: all’Europarlamento infornata di ex sindaci dem. Entrano anche Zan, Cecilia Strada e l’ex presidente Inps Tridico, che fa il pieno di voti al Sud. Bocciati il duo Santoro-Vauro, la sardina Cristallo, Cecchi Paone. Tarquinio tra i sospesi.«Né marziano né conte di Montecristo». Ignazio Marino aveva spiegato di non essere certo il vecchio sprovveduto o il solito vendicativo. In compenso, ha raggiunto il seggio in camicia da spiaggia, braghe corte e sandaletti. Gli elettori dell’Alleanza Verdi Sinistra, ovviamente, l’hanno trovato delizioso. L’ex sindaco di Roma è così uno dei valorosi inviati a Bruxelles per conto della premiata coppia Bonelli&Fratoianni. Al suo fianco siederà un altro indomabile: Mimmo Lucano, già bonzo di Riace. Ha preso oltre 190.000 voti.È arrivato quel momento, insomma. Conteggi, vittorie e disfatte. Chi sono i promossi e i bocciati dell’ultima, rutilante, tornata europea? Restiamo in fondo a sinistra, allora. Proprio mentre i turbo ambientalisti sfiorano un miracoloso 7%, gli antibellicisti soccombono: Pace, terra, dignità, impegnativa lista ideata da Michele Santoro, ottiene il 2,21%o: la metà del chimerico quattro necessario per entrare nell’europarlamento. La disfatta travolge pure i due candidati di punta del giornalista: la scrittrice Ginevra Bompiani e l’attore Paolo Rossi.Certo: a dispetto della matura età, scontano tutti il noviziato politico. Che dire però delle truppe centriste? Tutti volponi finiti in pellicceria. Tipo l’evocativo rassemblement rinominato Stati Uniti d’Europa, pullulante di renziani, radicali e apolidi. Niente seggio per l’ex commissaria europea Emma Bonino, presidente di PiùEuropa. E rimarrà nel suo feudo beneventano, dove impera l’inossidabile consorte, Sandra Lonardo, moglie di Clemente Mastella. Anche se, nel capoluogo campano, la first lady sannita raccoglie più preferenze di Giorgia Meloni. Assai più modesto il risultato del giornalista Alessandro Cecchi Paone, presentatosi invano come l’«anti-Vannacci», il generale leghista che sbaraglia ovunque.In quota arcobaleno, trionfa invece nel Pd Alessandro Zan, vessillifero della segretaria, Elly Schlein. Sempre in area dem, strappa il seggio Sandro Ruotolo, già inviato speciale proprio delle truppe d’assalto santoriane. Anche la collega e conterranea, Lucia Annunziata, viene eletta dopo una scoppiettante campagna al fianco di Elly. Nella nutrita compagine di giornalisti aspiranti onorevoli, non è però esaltante l’attesa prova di Marco Tarquinio, ex direttore di Avvenire, schierato ispirandosi ai versi di Enzo Jannacci: «Per vedere di nascosto l’effetto che fa». Dunque, contro ogni bellicismo e diritto per le coppie omosessuali. Risultato: Tarquinio non sfonda nelle preferenze, sopravanzato da sei battaglieri compagni. Insomma, rischia grosso.Gli elettori dem premiano invece l’altra, antitetica, candidatura «esterna»: quella di Cecilia Strada. La figlia del fondatore di Emergency raccoglie 283.000 voti e supera persino il sindaco uscente di Bergamo, Giorgio Gori. Che però ben rappresenta la folta pattuglia degli ex primi cittadini dem trionfanti. Vedi Dario Nardella, che ha lasciato Palazzo Vecchio a Firenze. Ma, tra i navigatissimi, l’inarrivabile exploit è quello di Antonio Decaro, già sindaco di Bari e presidente dell’Anci. Nonostante la Suburra pugliese, ottiene un risultato memorabile: quasi mezzo milioni di voti nel nelle Regioni meridionali, il doppio di Annunziata. Suggello della leggendaria infornata di ex amministratori locali eletti. A cui si aggiunge anche l’ex governatore del Lazio e segretario del Pd, Nicola Zingaretti.Resta, al contrario, tribolata la sorte di Pierfrancesco Maran, assessore milanese alla Casa, vessillifero del radicalchicchismo di Beppe Sala. E sempre tra le fila democratiche, sarebbe fuori Pietro Bartolo, ex medico di Lampedusa ed europarlamentare uscente. Non ce l’ha fatta nemmeno l’ex sardina Jasmine Cristallo, solo settima al Sud. Per meglio comprendere la carica creativa a cui Bruxelles dovrà rinunciare: è colei che, per evitare di insozzare l’ambiente, rivelava di non uscire mai «senza il posacenere da borsa». Dopo vent’anni e quattro legislature, non viene eletta nemmeno Patrizia Toia, nonostante l’ennesima deroga ai due mandati. Lei, invece, simbolo di immarcescibile continuità.Per i Cinque stelle, ormai si sa, la disfatta è straziante. L’unico a risplendere è l’ex presidente Inps, Pasquale Tridico: già padre del reddito di cittadinanza e degli assegni a ufo. In nome e per conto del leader, Giuseppe Conte, ha girato in lungo e in largo il sud per rassicurare gli inconsolabili vecchi percettori. Missione compiuta: quasi 118.000 preferenze. Prima del Movimento nella circoscrizione Centro è poi Carolina Morace, campionessa di calcio femminile. Mentre a Sud il più votato è un campione dell’antimafiosità come Giuseppe Antoci, secondo per preferenze nel partito. L’assise continentale resterà, invece, un sogno per un altro siciliano illustre: Cateno De Luca. Nonostante il quasi 6% nelle Isole, la sua lista Libertà fallisce l’approdo visto l’1,2% a livello nazionale. Come l’incontenibile sindaco di Terni, Stefano Bandecchi. Nella sua circoscrizione, Alternativa popolare ha lo 0,83%.Veniamo, dunque, alla straripante Fratelli d’Italia. Tutti i big sono promossi: da Nicola Procaccini, copresidente del gruppo dei Conservatori, a Carlo Fidanza, capogruppo dei meloniani a Bruxelles. Unico perdente di successo è l’ex sottosegretario alla Cultura, Vittorio Sgarbi. Nella Lega, non centra l’elezione il senatore Claudio Borghi, recente protagonista di singolar tenzone con il Quirinale. Mentre viene trionfalmente eletta il sindaco di Monfalcone, Anna Maria Cisint, minacciata dagli estremisti islamici e per questo sotto scorta. Conquista circa 42.000 preferenze. Più o meno le stesse raccolte, nel Nord Ovest, dall’ex sindaco di Milano, Letizia Moratti, per Forza Italia. Non ce la fanno invece gli ex leghisti reclutati dagli azzurri. L’endorsement dell’ultima ora di Umberto Bossi, fondatore del Carroccio, non fa risalire la china alla all’ex pupillo: Marco Reguzzoni. Appena 7.293 voti. Ancora peggio fa un’altra gloriosa camicia verde del passato: Roberto Cota, già governatore del Piemonte, si ferma a 3.851 preferenze. Niente da fare neanche per la parlamentare uscente, Alessandra Mussolini, schierata in due circoscrizioni. E resta fuori pure l’ex presidente della Lazio: la coriacea Renata Polverini. Non le è bastato il soprannome che ha recentemente trasformato il suo nomen in omen: «Rinata», appunto. L’ascensione, anche per lei, non sarà nei cieli di Bruxelles.
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