2023-10-22
Effetti avversi, infranto il tabù nella Chiesa
Il gruppo «Verità e riconciliazione», formato da preti, suore e laici, rompe il silenzio con una lettera alla stampa cattolica, silente sulle vittime dei sieri. Ma l’appello, sebbene coerente con il discernimento e la cura dei deboli richiesti dal Papa, è caduto nel vuoto.Sugli eventi avversi provocati dai vaccini Covid e sulla sofferenza di chi li patisce si squarcia finalmente uno dei silenzi più sconcertanti e incomprensibili: quello della Chiesa. Un gruppo formato da sacerdoti, religiosi, suore e laici di tutta Italia e denominato «Verità e riconciliazione», rompe le fila e testimonia ciò che, sulla vicenda, è mancato in questi tre anni: la Chiesa che c’è.In ossequio al principio di realtà e alla ricerca della verità, in applicazione di quell’atto della ragione pratica che è il discernimento e in nome della «prossimità» tanto cara a papa Francesco - il quale all’inizio del suo pontificato esortò i membri del clero ad essere «pastori con l’odore delle pecore» - il gruppo ha preso carta e penna e si è rivolto ai tre principali organi di informazione cattolici italiani (ai quotidiani Avvenire e Osservatore Romano, rispettivamente il giornale dei vescovi e quello della Santa Sede, e al settimanale Famiglia Cristiana) per capire come mai, sulle loro pagine, «dopo le campagne vaccinali anti-Covid 19 non si è data sufficiente documentazione delle reazioni avverse e delle morti causate da quello che ormai, per stessa ammissione delle case produttrici, si può chiamare un farmaco sperimentale». Nella lettera, inviata alle testate alcune settimane fa e della quale si chiedeva la pubblicazione, si precisava di non voler criticare la «passione di chi ha sostenuto in buona fede le campagne vaccinali e si è fidato di ogni proposta più o meno testata», ma piuttosto di cercare di «stimolare una informazione il più completa possibile, e per questo amante della verità tutta intera», nella consapevolezza che una stampa che comunichi i vari aspetti del problema realizza quel «diritto all’informazione» che la Chiesa da sempre proclama sulla scia delle parole del suo Maestro: «La verità vi farà liberi».A tutt’oggi però, l’appello rivolto ai media cattolici affinché siano «luogo di ampio dibattito per pervenire alla dovuta completezza dell’informazione», realizzando così quel «dovere di rendere la carità della verità a tutti i nostri fratelli», è rimasto inascoltato: fatta eccezione per una mail da parte di Famiglia Cristiana in cui si assicura di «prendere in seria considerazione la lettera sulla questione delle conseguenze postume del vaccino Covid», né la stessa lettera è stata pubblicata, né è mutata la consegna del silenzio sull’argomento. Un atteggiamento che, di fatto, rappresenta una risposta negativa a un interrogativo importante posto nella missiva, ovvero: il dovere morale di servire la verità e di difendere i più deboli e smarriti, è stato realmente esercitato da vari organi e media cattolici? Questa forma di autocensura giornalistica disattende tra l’altro i chiari mandati contenuti nei più recenti messaggi per la Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali che, istituita dal Concilio Vaticano II, ogni anno istruisce i fedeli sui doveri nel settore della comunicazione, dando input che valgono a maggior ragione per le testate cattoliche. Per dare un’idea, negli ultimi anni, attraverso questi documenti papa Francesco ha esortato ad «andare e vedere per scoprire la realtà e poterla raccontare a partire dall’esperienza degli eventi e dall’incontro con le persone»; a «non temere di proclamare la verità, anche se a volte scomoda»; a «consumare le suole delle scarpe, incontrare persone per cercare storie o verificare de visu certe situazioni». Tutti inviti buoni e giusti ma rimasti tristemente lettera morta quando si è trattato di affrontare un tema così delicato, che impatta sulla vita di tante persone.Non solo: l’indifferenza verso questa realtà costituisce anche un comportamento incoerente con quell’invito che Francesco ripete spesso ai cattolici, a «farsi prossimi», «a mettersi in ascolto dello smarrimento, delle angosce, del grido di dolore di ciascuno» con una vicinanza che diventa «tanto più importante quando ci si trova nella malattia e nella sofferenza» (discorso ai dirigenti della Confederazione Federsanità, giugno 2022).Come ricorda la lettera di preti e religiosi, «molte persone che hanno visto scomparire rapidamente alcuni loro cari si domandano se non sarebbe giusto informare di tutte le morti per malori improvvisi, oltre che fermare ogni deriva di controllo autoritario della società civile su base sanitaria». Sono domande, precisano, che «finché resteranno senza risposta, non lasceranno in pace noi e molte persone che il nostro ministero pastorale ci fa incontrare e che chiedono conforto e sostegno, spesso sentendosi isolate e talora persino abbandonate dalla Chiesa».Parole forti e inedite, finora, in ambito ecclesiale, dove l’allineamento con la narrazione dominante è stato cieco e assoluto e dove si sono distinti solo alcuni presuli che hanno parlato con La Verità, riconoscendo gli errori commessi: Giampaolo Crepaldi, ora vescovo emerito di Trieste, aveva ammesso che durante la pandemia «la Chiesa ha un po’ perso il senso della sua presenza, tanto che molti dicono di non prenderla più in considerazione»; mentre della necessità di fare un «esame di coscienza» avendo «esagerato nell’enfatizzare alcune cose» aveva parlato il vescovo di Albenga-Imperia, Guglielmo Borghetti, per il quale «si è evidenziato l’aspetto della rimozione della malattia, non della salute integrale». Ancora più esplicito era stato il vescovo di Pavia, Corrado Sanguineti: «Come Chiesa non sempre abbiamo saputo dire parole nuove, diverse dal mainstream culturale» aveva detto in un’intervista, esortando a «uscire da una comunicazione ansiogena sul Covid e superare una politica sanitaria fondata sulle limitazioni e tarata solo sui vaccini, che ha creato attese esagerate e favorito divisioni e tensioni nelle famiglie, nelle relazioni sociali, negli ambienti di lavoro».A queste voci oggi si aggiungono quelle di sacerdoti e religiosi, sostenuti da monsignor Giovanni D’Ercole, vescovo emerito di Ascoli Piceno: resta da vedere se coloro che dovrebbero veicolarla - a partire dai media cattolici - vorranno ascoltarle.