2023-09-07
Brigate verdi, sbarco a Milano. E arrivano gli insulti al Papa
La politica li legittima e questi sono i risultati: nel capoluogo lombardo il convegno dei «resistenti climatici». Tra proclami deliranti e promesse di lotta, ce n’è pure per Francesco: «Pregare è inutile, abbia più coraggio».Lo scopo dichiarato è piuttosto ambizioso: «Costituire il fronte radicale del movimento climatico mondiale». A realizzarlo dovrebbero essere le principali sigle dell’ecoattivismo italiano: Xr, Ultima generazione, Scientist rebellion, Ecologia politica e Piano Terra, in collaborazione «con la rete dei centri sociali» di Milano. Si riuniranno, come abbiamo già avuto occasione di raccontare, dal 12 al 15 ottobre nel capoluogo lombardo per il World Congress for Climate Justice, ovvero il «Congresso Mondiale per la Giustizia Climatica» (scritto così, con tutte le roboanti maiuscole). Finora le informazioni a riguardo sono circolate in gruppi e chat che abbiamo avuto occasione di scorrere nel corso delle settimane, e di cui daremo conto in seguito. Ma ora il comitato organizzatore dell’evento - rigorosamente anonimo - ha deciso di esprimersi pubblicamente tramite intervista concessa alla testata online Rewriters. Ciò che emerge ondeggia tra il grottesco e l’inquietante. «Il Congresso Mondiale per la Giustizia Climatica», leggiamo, «è una chiamata per un’alleanza transnazionale tra movimenti climatici esplicitamente rivoluzionari, attivist* e intellettuali di tutto il pianeta, con l’ambizione di definire un’agenda e un orizzonte ideologico comuni». Niente male. Il comitato procede poi a chiarire come sia nato il progetto del congresso mondiale: «Attivist* europee di Liegi, Milano, Berlino hanno sentito la necessità di un’Internazionale che congiungesse i nuovi movimenti di resistenza climatica nati dopo il 2018 con l’ecologismo radicale di matrice anarcoautonoma dei climate camp e della resistenza al capitalismo fossile. È nato così il progetto di un congresso mondiale per la giustizia climatica, a partire da una prima assemblea nell’inverno scorso alla Statale di Milano, in cui sono confluiti i principali gruppi di climattivismo italiani». A quanto risulta, gli ecologisti utilizzano un linguaggio piuttosto inquinato dalla burocrazia del politicamente corretto, e non ci si poteva aspettare nulla di diverso. Colpisce che il luogo di fondazione della loro iniziativa sia un’università pubblica, ma anche a questo purtroppo siamo abituati. Per altro, la Statale di Milano, le sue aule e i suoi chiostri ospiteranno alcuni degli appuntamenti clou del congresso. Spiegano infatti gli organizzatori: «Il primo giorno, giovedì 12 ottobre, è dedicato a workshop e incontri su arte e attivismo climatico, ovvero come possiamo sovvertire la narrazione dominante e generare un’immaginazione radicalmente altra a partire dallo zadismo e le comunità urbane e rurali resistenti. Quella sera daremo il benvenuto alle più di 200 delegate e ai delegati dai cinque continenti con un aperitivo postcoloniale al Piano Terra all’Isola. Il venerdì 13 ottobre è dedicato ai seminari nei chiostri di Festa del Perdono, dove i diversi movimenti e collettivi presenti spiegheranno le loro pratiche e i loro punti di vista in incontri aperti a tuttə lə attivist* e a tutta la cittadinanza. Quella sarà altresì la giornata di azione e protesta nonviolenta contro il sistema neoliberale che depreda territori e fa bollire il pianeta». Molto interessante. Dai chiostri di Festa del Perdono si passerà direttamente nelle aule: «Sabato 14 ottobre», continuano gli attivisti, «il congresso entra nel vivo con le assemblee tematiche nelle aule della Statale dove le numerose delegazioni dai vari movimenti/Paesi entreranno in discussione fra loro riguardo la tattica delle lotte e la risposta alla repressione, l’impostazione teorica delle diverse tradizioni dell’ecologismo rivoluzionario e i principali temi intersezionali che delimitano il territorio della giustizia climatica quali l’ecotransfemminismo, le migrazioni, il dominio patriarcale, le guerre, l’agroecologia, l’antispecismo, la decrescita e l’impatto su transizione ecologica e giustizia sociale. Avremo anche molto sindacalismo biosociale su lavoro essenziale/precario, e le lotte nei luoghi di lavoro per la settimana di quattro giorni come misura di riduzione delle emissioni oltre che miglioramento del benessere sociale». Beh, in effetti una volta che hai organizzato tutto questo circo vuoi non parlare di ecotransfemminismo e dominio patriarcale? E poi lo sanno tutti: senza il sindacalismo biosociale mica ci si diverte. Aspettate però che non è finita. Domenica 14 ottobre la degna conclusione, ovviamente al centro sociale Leoncavallo (ed è suggestiva la naturale continuità fra l’ateneo milanese e lo spazio occupato), dove si parlerà di come «praticare un rapporto fra umano, animale, ecosistema vivente e modo di produzione energetico, che rigetti il neoliberismo e combatta il fascismo risorgente» e di come svolgere «una pratica intersezionale fra antispecisti, agroecologia, fonti energetiche alternative al petrolio, accesso all’acqua come bene comune, trasfemminismi e approcci decoloniali».Come facilmente visibile, la fuffa è tanta e anche vagamente ridicola. Tuttavia lo sfoggio di retorica è piuttosto indicativo e costituisce un segnale. Ultima generazione e soci, che vengono a ripetizione giustificati dai giornali e coccolati dalle televisioni stanno di fatto procedendo a una riorganizzazione del fronte antagonista. Stavolta si presentano con il vestito verde, e attirano consensi cavalcando l'onda della difesa ambientale. Ma nemmeno troppo sotto ci sono i soliti movimenti di sempre, e dalle chat si evince in un lampo. Negli scambi tra attivisti non c'è nulla di illecito, ma i toni e gli schemi mentali sono quelli già visti ere geologiche fa ai tempi delle tute bianche di Luca Casarini. Anche questa volta, inevitabilmente, il discorso «radicale» si presenta come avversario spietato del «sistema», ma a ben vedere ne costituisce l’avanguardia. Nei fatti, gli ecofanatici fanno apparire più moderate e accettabili le imposizioni verdi sostenute dagli organismi europei e dall’intero circuito politico-mediatico. Le due parti in commedia sono dunque coperte e si sdoganano a vicenda. E intanto che sui media si ciancia di transizione e net zero, i centri sociali - finora smarriti nel deserto dell'ideologia - ritrovano una ragion d’essere nella proverbiale forma del cocomero: verde fuori, marcio dentro.
(Totaleu)
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