
Roberto Vannacci punta il dito su Giuseppe Cavo Dragone, allora al Comando operativo interforze: «I soldati in Iraq furono esposti a uranio impoverito. Dopo le mie denunce ci sono stati atteggiamenti prevaricatori e vessanti nei miei confronti».Generale dell’esercito sottoscritto, generale di brigata Roberto Vannacci […] espongo quanto segue: nel periodo ricompreso tra il 12/09/2017 e il 29/08/2018 ero impiegato in Iraq quale comandante del contingente nazionale e Deputy commanding general for training della coalizione anti Isis. […] nessuna informazioneDurante il mio impiego, peraltro: riscontravo che l’intero Contingente – per tutto il periodo precedente al mio ingresso in teatro operativo – era stato continuativamente esposto all’uranio impoverito, impiegato nei precedenti conflitti e massicciamente in tutta l’area sin dal 1991, senza che alcun provvedimento di prevenzione e mitigazione dei rischi fosse stato attuato sino alla data del 08/05/2018 e senza che alcuna formazione/informazione riguardo lo specifico rischio fosse stata impartita al personale del contingente; preso atto di quanto sopra, premettendo come anche da fonti aperte la circostanza fosse di dominio pubblico, provvedevo ad informare il personale dipendente e il comando superiore della presenza del pericoloso agente inquinante [...]; in tale contesto, riscontravo che il comando superiore, ovvero il Comando operativo di vertice interforze (Coi) – comando deputato, tra l’altro, alla pianificazione, predisposizione e condotta delle operazioni della Difesa – aveva proceduto alla pianificazione, allo schieramento e alla progressiva occupazione delle basi nelle quali si era articolato nel tempo il dispositivo militare italiano in Iraq, senza effettuare le necessarie, peculiari ed approfondite caratterizzazioni ambientali volte a rilevare l’eventuale presenza di uranio impoverito[...]; lo stesso Coi, nelle sue varie articolazioni, ometteva, negli ultimi anni della missione militare in Iraq denominata Prima Parthica, di pianificare e valutare il rischio conseguente alla presenza della pericolosa sostanza e di attuare le dovute misure di mitigazione, prevenzione e riduzione dei rischi; le informazioni circa l’uso su larga scala di uranio impoverito in Iraq, come detto, erano peraltro di dominio pubblico, essendo state oggetto di numerose pubblicazioni ufficiali reperibili anche su fonti aperte, di cui, fra le più conosciute, spicca lo «Studio impatto genotossico nelle unità militari», meglio conosciuto come progetto «Signum», ricerca promossa dal ministero della Difesa in collaborazione con il ministero della Sanità e di alcune prestigiose università italiane, pubblicato ufficialmente sin dal 2011. Inoltre, la presenza di uranio impoverito in Iraq è talmente nota da rientrare tra una delle cause e dei fattori determinanti il manifestarsi dell’altrettanto nota patologia denominata «Sindrome del Golfo».In ordine proprio a quest’ultima questione – avendo il sottoscritto segnalato il pericolo di esposizione all’uranio impoverito – con comunicazione ufficiale, il generale di divisione aerea Roberto Boi (Capo reparto supporto operativo del Coi), esponente di alta dirigenza dello staff dell’ammiraglio di squadra Giuseppe Cavo Dragone (Comandante del Coi), firmando «d’ordine», asseriva che non sussistevano allo stato indicazioni/informazioni e/o documenti che attestassero come certa la presenza di uranio impoverito in Iraq, nonostante il palese e comprovato uso che di tale metallo fosse stato fatto nell’area a partire dal 1991. Con medesima comunicazione il generale Roberto Boi richiedeva al sottoscritto, al fine di attivare correttamente tutte le misure previste dalla normativa di settore, di trasmettere, con urgenza, ogni atto utile al riguardo, a riprova della sussistenza della situazione di criticità ambientale di tipo radioattivo. Una simile affermazione costituiva la riprova che nessuna misura di mitigazione dei rischi specifici era stata presa in precedenza e che nessuna attività di specifica caratterizzazione ambientale era stata svolta dal Coi, sul territorio iracheno, al fine di evidenziare, per tempo, una siffatta contaminazione dell’ambiente sottoponendo quindi le migliaia di militari che si erano avvicendati sino ad all’ora in Iraq a non valutato rischio e ponendo così in pericolo la pubblica incolumità. Le predette affermazioni erano fatte nonostante la IV Commissione d’Inchiesta parlamentare nel corso degli anni 2016-2017 […]pressioni dall’altoSubivo pressioni da parte del proprio superiore diretto, ammiraglio di squadra Giuseppe Cavo Dragone, affinché sottoscrivessi una dichiarazione unilaterale volta ad attribuirmi responsabilità e accettazioni di incarichi/nomine non previste/richieste dalla legge. […]notizie riservate (o no?)Il Comandante del Coi, in alcune circostanze relative a comunicazioni inoltrate dal sottoscritto dal teatro iracheno, che includevano informazioni esclusivamente connesse alle condizioni ambientali e ai rischi per la salute del personale del contingente – quali quella della presenza di uranio impoverito – riteneva di assegnare una classifica di riservato a informazioni di dominio comune e che per legge devono essere oggetto di informazione a tutti i militari/lavoratori impiegati in teatro iracheno. Una simile circostanza dovrà essere oggetto di attenta valutazione da parte di questa illustrissima Procura in ordine alle finalità da parte del comandante del Coi, avendo lo stesso formato nei confronti dello scrivente, e in senso accusatorio, un messaggio per non avere comunicato con classifica almeno di riservato la stessa notizia in ordine alla presenza della pericolosa sostanza nel territorio iracheno; […]Un report già notoAppare quindi incomprensibile che il Coi non abbia avuto conoscenza della presenza in teatro iracheno di uranio impoverito, dello studio Signum e degli altri citati, tutti reperibili facilmente su fonti aperte, sia per le funzioni specifiche allo stesso attribuite sia perché, lo stesso studio Signum è stato citato in data 28/04/2016 dal capo di Stato naggiore della Difesa, Generale Claudio Graziano, in occasione dell’audizione alla Commissione d’inchiesta sull’uranio impoverito istituita in ambito della XVII legislatura. Tale documento veniva definito dallo stesso capo di Stato maggiore della Difesa «di particolare rilievo». Occorre inoltre sottolineare, come tra i compiti e attività che il Coi conduce, lo stesso ammiraglio Cavo Dragone evidenzi incontrovertibilmente, nell’ambito delle audizioni alla Commissione d’inchiesta citata: «Dal momento in cui il Coi pianifica l’operazione, quindi ne gestisce la fase di missione preliminare, al momento in cui si lascia il teatro a missione ultimata, questa è l’area di competenza del Coi. In questo ambito, ovviamente, c’è tutta una serie di predisposizioni, preparazioni e gestioni della sicurezza e tutela nel corso della missione, cosa che dal mio punto di vista operativo è uno degli elementi che garantiscono la sicurezza del nostro personale. Come noi studiamo, prima di spiegare un dispositivo, le abitudini, gli atteggiamenti, le ricorrenze delle forze opponenti, cercando di capire quali siano le loro tattiche, le loro procedure, le loro tecniche per fornirle come elemento di conoscenza al nostro personale schierato in teatro, approfondiamo anche l’aspetto ambientale, l’aspetto medico, perché ovviamente un teatro può essere conosciuto o nuovo, quindi lo studio a priori del teatro operativo viene fatto tramite fonti aperte che sono pregne di informazioni e tramite medical intelligence, quindi capacità di intelligence medica tramite reparti informativi dello Stato maggiore della Difesa. […] Prima di schierare il dispiegamento vengono mandate squadre di specialisti per analizzare nel dettaglio l’ambiente operativo interessato, quindi terreno, acqua, atmosfera zone limitrofe, perché a volte non si conosce cosa ci sia nei dintorni». La pericolosità dell’uranio impoverito era peraltro ben conosciuta da parte del comandate del Coi, come comprovato da quanto asserito dallo stesso alto dirigente durante l’audizione del 18 maggio 2017: «Non so adesso a quanto risalga la conoscenza della pericolosità dell’uranio impoverito. Risale, penso, a più di dieci o quindici anni fa […]». Né potrà egli avocare a giustificazione, come sembrerebbe aver fatto per il tramite del suo collaboratore generale di divisione aerea Roberto Boi, [...] di non essere al corrente dell’uso di uranio impoverito in Iraq o dell’esistenza di documenti ufficiali che comprovino tale uso in quanto, lo stesso ammiraglio Cavo Dragone nell’audizione del 18 maggio 2017 asserisce: «Io voglio dire che, se non ci è stato detto che nel teatro X, per non fare nomi, è stato usato un tipo di armamento nocivo, che possa dare questi tipi di effetti, e ribadisco e sottolineo nel mio mandato, perlomeno, dal 1° luglio 2016 in avanti, io assumo che questo non sia stato usato. Questo deve essere ben chiaro. Io non è che non so cosa usano gli americani, gli inglesi, i francesi. Lo so benissimo, ma è un materiale che si va a reperire anche su fonti aperte. Comunque, nell’ambito dell’attività di coalizione si sa eccome, questo glielo garantisco». polveri che ristagnanoInoltre, in aggiunta allo studio Signum, pubblicazione specialistica oltre che sponsorizzata dal ministero della Difesa, vi sono altre numerose pubblicazioni ufficiali nazionali che riportano dell’uso su larga scala del pericoloso inquinante in Iraq. Fra queste ne cito una di origine governativa, ossia il resoconto stenografico della 12° seduta della commissione parlamentare d’inchiesta sui casi di morte […]: «Tra Balcani ed Iraq la prima differenza sta nella quantità di uranio impoverito utilizzato: nei Balcani, nel 1999, è stata utilizzata una quantità di uranio impoverito che oscilla, a seconda delle stime, fra le 15 e le 30 tonnellate. In Iraq ne sono state usate dalle 350 alle 400 tonnellate nel 1991 ed intorno alle 1.500 tonnellate nella guerra del 2003, ovvero un quantitativo 100 volte superiore a quello usato nei Balcani. Questo dato è molto importante ai fini dei risultati che otterremo nella nostra simulazione» per poi continuare ancora più significativamente a pag. 11 con «i motivi della grossa differenza tra Iraq e Balcani sono due. In primo luogo, occorre considerare che in Iraq è stata utilizzata una quantità di uranio 100 volte maggiore che non nei Balcani; il secondo motivo è che in Iraq, diversamente dai Balcani, si ha il fenomeno della risospensione di polveri. Ancora oggi, anche se sono passati 16 anni dalla guerra del 1991 e quattro da quella del 2003, la principale via di esposizione, cioè l’inalazione di polveri radioattive, può essere attiva in Iraq a causa del fenomeno della risospensione». [...] Per completezza di informazione è ancora più corretto esplicitare che l’autorità incaricata delle responsabilità datoriali in precedenza alla nomina del sottoscritto ha omesso di esercitare tale incarico sottraendosi dall’effettuazione, per il contingente nazionale terrestre schierato in Iraq, di ogni azione prevista e stabilita dalla normativa inerente la tutela della salute e della sicurezza e l’infortunistica fra cui, le più importanti risultano essere: la valutazione dei rischi, l’attuazione di cautele antinfortunistiche, la nomina del Rspp, del medico competente e di tutte quelle figure previste dalla normativa di settore.
Leone XIV (Ansa)
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«Haunted Hotel» (Netflix)
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Ansa
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