Brian Moore, geniale autore irlandese, ha mostrato in un romanzo profetico il futuro del cattolicesimo, ridotto a club dei buoni sentimenti. Lo scontro sulle accuse dell'ex nunzio dimostra che non è solo fantasiaLa forza di un'eresia. In un futuro anteriore del tutto plausibile il Concilio Vaticano IV ha appena sancito la contaminazione del cristianesimo con il buddismo; le confessioni sono soltanto collettive come sedute di autocoscienza degli alcolisti anonimi; la Chiesa new-age ha preso il sopravvento sulla dottrina tradizionale. E, del tutto impermeabile al memoriale di Carlo Maria Viganò (si potrebbe tranquillamente aggiungere), la lobby gay che condiziona il Vaticano continua ad occuparsi principalmente del Grande Abbraccio planetario. Ma in un'abbazia abbarbicata sulla roccia di una piccola isola al largo dell'Irlanda una comunità di monaci tiene accesa la fiammella, conserva la fede dei padri, replica il culto nelle forme millenarie. Un villaggio di Asterix ai confini dell'impero globalizzato, dedito all'eresia. Questi disobbedienti dell'abbazia di Muck diventano una notizia pittoresca. La Bbc e le Tv americane inviano le troupe a riprendere le confessioni individuali, le messe in latino invece che quelle tradotte nelle lingue di ogni popolo del globo. E ciò che è stato espunto dalla nuova dottrina cattolica sempre più secolarizzata diventa affascinante per i fedeli che vedono in questo ritorno alle origini la strada della salvezza. E che sempre più numerosi chiedono informazioni sui traghetti giù al porto, affittano natanti, cercano un passaggio per riabbracciare la tradizione, per rivivere la liturgia stabilita dal Concilio di Trento. In una frase, «per tornare a fare i conti con Dio».Non si tratta di un delirio notturno dopo un'abbondante porzione di fagioli con le cotiche, ma di un libro mai così moderno, mai così attuale. S'intitola Cattolici, lo ha scritto nel 1972 un profeta della letteratura come Brian Moore, nordirlandese testardo che durante la Seconda guerra mondiale aveva partecipato alla campagna d'Africa con le truppe del generale Bernard Montgomery. Sceneggiatore (Il sipario strappato di Alfred Hitchcock), autore di teatro poi trasferitosi in Canada e in California. Un rivoluzionario della parola controcorrente come David Foster Wallace lo portava in palmo di mano. Ha rivelato la scrittrice Zadie Smith: «Dave prendeva la fede sul serio. Il libro che tra tutti mi ha consigliato con maggiore entusiasmo è Cattolici di Moore, e chiunque consideri Dave innanzitutto un ironista dovrebbe far caso alla scelta».Ecco che, con una tempistica perfetta, l'editore Lindau, a fine agosto, ha ripubblicato il potente romanzo breve, intercettando un fremito, una distonia e la necessità di mettere a confronto ancora una volta la Chiesa pietra angolare della vita con quella che neanche troppo lentamente si trasforma in agenzia sociale dal respiro terzomondista. Nel libro la dottrina finisce in sacrestia, il Vangelo viene messo ai voti e giudicato di volta in volta da una grottesca Commissione della fratellanza ecumenica. Contro tutto questo, nel villaggio di Asterix viene esaltata la fede semplice e profonda dei monaci e il mondo sembra riavvicinarsi con sorpresa a una forza sovrannaturale che sembrava non esistere più.La genialità di Moore si esprime soprattutto nell'evoluzione della storia, quando Oltretevere i vertici curiali si accorgono del sussulto mondiale a favore della Tradizione e decidono di inviare su quel roccione remoto e battuto dai venti un inquisitore con il compito di riportare l'obbedienza fra i pii ribelli dediti all'eresia. Il sacerdote designato è americano e si chiama James Kinsella, si muove come Guglielmo da Baskerville ne Il nome della rosa, è accompagnato con diffidenza dall'abate della comunità Tomàs O'Malley, che di suo vede annacquarsi la fede nella ripetitività del gesto quotidiano. Sulle prime il plenipotenziario s'indigna perché le confessioni sono ancora individuali («Non quelle pubbliche nelle quali la comunità si raduna prima della messa e produce un atto di contrizione? Vergogna»). Ma dopo due giorni di permanenza rimane abbagliato dalla profondità e dalla semplicità della preghiera dei monaci. La chiave di volta del libro sta nel rapporto e nel confronto fra i due preti. «Sapete come chiamiamo un posto come questo in Irlanda?», domanda aggressivo l'emissario della Santa Sede. «Un posto dimenticato da Dio. Ecco dove vi trovate ora, in un posto dimenticato da Dio». Eppure il giovane prete mandato dal Papa scopre che duemila anni non sono trascorsi invano, che non c'è bisogno di adeguare la dottrina alle mode del momento, che modificando i sacramenti il volto del cattolicesimo inevitabilmente cambia. E la potenza del Vangelo raccontato nell'abbazia di Muck ha qualcosa di salvifico che la modernità fine a se stessa non riesce più a restituire.I temi sono enormi, i dubbi sono quelli di oggi. Dice padre Kinsella: «Penso che la messa sia, per me come per la maggior parte dei cattolici oggi, un fatto simbolico. Non credo che il pane e il vino vengano trasformati sull'altare nel corpo e nel sangue di Cristo, se non in senso puramente simbolico. Di conseguenza non credo che Dio sia davvero presente nel tabernacolo come si pensava una volta. È la fede di oggi». L'abate risponde: «O la mancanza di fede».Non c'è risposta e non c'è una fine nota nel capolavoro premonitore di Moore. In conclusione, agitate dalle onde di burrasca, fra gli spessi muri dell'abbazia di Muck rimangono in piedi le domande di sempre. La tradizione va conservata o deve sciogliersi nella modernità? Il mistero dell'Eucaristia ha bisogno di essere tradotto per essere compreso? Aggiornare le regole significa aggiornare anche l'amore per quelle regole? Cerchiamo la fede per trovare un'identità profonda o una fede qualsiasi per stare dentro un club? Cattolici, ma fino a un certo.
Antonio Scurati (Ansa)
Eccoli lì, tutti i «veri sapienti» progressisti che si riuniscono per chiedere all’Aie di bandire l’editore «Passaggio al bosco» dalla manifestazione «Più libri più liberi».
Sono tutti lì belli schierati in fila per la battaglia finale. L’ultima grande lotta in difesa del pensiero unico e dell’omologazione culturale: dovessero perderla, per la sinistra culturale sarebbe uno smacco difficilmente recuperabile. E dunque eccoli, uniti per chiedere alla Associazione italiana editori di cacciare il piccolo editore destrorso Passaggio al bosco dalla manifestazione letteraria Più libri più liberi. Motivo? Tale editore sarebbe neofascista, apologeta delle più turpi nefandezze novecentesche e via dicendo. In un appello rivolto all’Aie, 80 autori manifestano sdegno e irritazione. Si chiedono come sia possibile che Passaggio al bosco abbia trovato spazio nella fiera della piccola editoria, impugnano addirittura il regolamento che le case editrici devono accettare per la partecipazione: «Non c’è forse una norma - l’Articolo 24, osservanza di leggi e regolamenti - che impegna chiaramente gli espositori a aderire a tutti i valori espressi nella Costituzione italiana, nella Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea e nella Dichiarazione universale dei diritti umani e in particolare a quelli relativi alla tutela della libertà di pensiero, di stampa, di rispetto della dignità umana? Poniamo quindi queste domande e preoccupazioni all’attenzione dell’Associazione italiana editori per aprire una riflessione sull’opportunità della presenza di tali contenuti in una fiera che dovrebbe promuovere cultura e valori democratici». Memorabile: invocano la libertà di pensiero per chiedere la censura.
Olivier Marleix (Ansa)
Pubblicato post mortem il saggio dell’esponente di spicco dei Républicains, trovato impiccato il 7 luglio scorso «Il presidente è un servitore del capitalismo illiberale. Ha fatto perdere credibilità alla Francia nel mondo».
Gli ingredienti per la spy story ci sono tutti. Anzi, visto che siamo in Francia, l’ambientazione è più quella di un noir vecchio stile. I fatti sono questi: un politico di lungo corso, che conosce bene i segreti del potere, scrive un libro contro il capo dello Stato. Quando è ormai nella fase dell’ultima revisione di bozze viene tuttavia trovato misteriosamente impiccato. Il volume esce comunque, postumo, e la data di pubblicazione finisce per coincidere con il decimo anniversario del più sanguinario attentato della storia francese, quasi fosse un messaggio in codice per qualcuno.
Roberto Gualtieri (Ansa)
Gualtieri avvia l’«accoglienza diffusa», ma i soldi andranno solo alla Ong.
Aiutiamoli a casa loro. Il problema è che loro, in questo caso, sono i cittadini romani. Ai quali toccherà di pagare vitto e alloggio ai migranti in duplice forma: volontariamente, cioè letteralmente ospitandoli e mantenendoli nella propria abitazione oppure involontariamente per decisione del Comune che ha stanziato 400.000 euro di soldi pubblici per l’accoglienza. Tempo fa La Verità aveva dato notizia del bando comunale con cui è stato istituito un servizio di accoglienza che sarà attivo dal 1° gennaio 2026 fino al 31 dicembre 2028. E ora sono arrivati i risultati. «A conclusione della procedura negoziata di affidamento del servizio di accoglienza in famiglia in favore di persone migranti singole e/o nuclei familiari o monogenitoriali, in possesso di regolare permesso di soggiorno, nonché neomaggiorenni in carico ai servizi sociali», si legge sul sito del Comune, «il dipartimento Politiche sociali e Salute comunica l’aggiudicazione del servizio. L’affidamento, relativo alla procedura è stato aggiudicato all’operatore economico Refugees Welcome Italia Ets».
2025-12-03
Pronto soccorso in affanno: la Simeu avverte il rischio di una crisi strutturale nel 2026
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iStock
Secondo l’indagine della Società italiana di medicina d’emergenza-urgenza, dal 2026 quasi sette pronto soccorso su dieci avranno organici medici sotto il fabbisogno. Tra contratti in scadenza, scarso turnover e condizioni di lavoro critiche, il sistema di emergenza-urgenza rischia una crisi profonda.
Il sistema di emergenza-urgenza italiano sta per affrontare una delle sue prove più dure: per molti pronto soccorso l’inizio del 2026 potrebbe segnare una crisi strutturale del personale medico. A metterne in evidenza la gravità è Alessandro Riccardi, presidente della Simeu - Società italiana di medicina d’emergenza-urgenza - al termine di un’indagine che fotografa uno scenario inquietante.





