2022-04-14
È sbagliato abrogare la dura legge del gol
Una partita di pallone fra ragazzini finisce 40-0 e la Federazione minaccia provvedimenti: «È contro la normalità del calcio». Le batoste però fanno parte della vita: ai giovani andrebbe insegnato a gestirle per diventare adulti (e magari andare ai Mondiali). Vietato dormire sulle squadre materasso. È l’ultima frontiera del conformismo planetario, anche un 40-0 a calcio fra ragazzini diventa uno scandalo da cancellare. Subirlo fa male, chi lo nega? Se una volta bastavano due bicchieri di coca cola per digerire i tanti gol sul groppone, oggi c’è chi vuole abolire la sconfitta per decreto. Ma solo quella pesante; forse un 4-1 è più gentile, un 9-2 puoi giocarlo al Lotto. Il buonismo ecumenico delle coscienze ha intaccato anche lo sport giovanile, il più formativo, e dopo la partita dei Giovanissimi under 15 del campionato sardo tra Fanum Orosei e La Caletta è scoppiato l’allarme sociale.Venuti a conoscenza del punteggio da game tennistico, la federazione è insorta («A quell’età conta il divertimento»), la procura sportiva ha aperto un’inchiesta, i media in coro hanno stigmatizzato la vessazione aritmetica degli sconfitti («Un’inutile umiliazione») e le società interessate hanno chiesto di cambiare le regole. A margine dell’insurrezione dialettica dei buoni sentimenti l’unico aspetto importante è l’indagine federale, utile per sapere se dietro il risultato ipertrofico ci sia qualche «biscotto» come quelli che talvolta vanno in scena ai mondiali (Argentina-Perù 6-0 nel 1978). I cattivi esempi arrivano sempre dall’alto. In questo caso, con gli elementi in nostro possesso, la ricostruzione non è difficile. Il Fanum, in testa al torneo a pari merito con la Lupi del Goceano, per vincere il campionato aveva una sola chance: superare i ragazzini della Caletta di 35 gol. Anche perché la settimana scorsa i Lupi li avevano battuti 22-0 (senza che nessuno si scandalizzasse), facendo esplodere la differenza reti. Servono 35 gol? Per sicurezza facciamone 40. Poiché fra i Giovanissimi la partita dura 70 minuti, significa uno ogni minuto e trequarti: dev’essere stata una gran fatica. La Caletta è una squadra simpatica e bohémienne, di quelle che solo nei film di Hollywood finiscono per vincere il campionato perché arriva ad allenarli un ex campione perduto nelle ipocondrie dell’esistenza o un filosofo sartriano a sua insaputa. Nella realtà, invece, è ultimissima con zero punti e in 18 partite ha segnato 6 gol subendone 179. Normale: i suoi giocatori sono ancora Esordienti, mediamente di due anni più piccoli. Per la sfida della disfatta la Caletta si è presentata con soli 10 giocatori e con una ragazzina come undicesima. Molto pittoresco. Queste scelte in teoria non vanno contro il regolamento; il limite di calciatori previsto per scendere in campo è di sette e sono concessi slot per i fuori quota. Tutto questo ha una ragione e la spiega Nicolò Selis, responsabile giovanile del club: «Ci siamo iscritti al campionato anche per non perdere quei pochi ragazzini che abbiamo nella nostra piccola frazione». Sugli obiettivi era stato chiaro con i genitori: «Giocare e divertirsi senza l’ossessione della vittoria».Per evitare la disfatta a suon di gol, i dirigenti delle capoliste Fanum e Lupi avevano chiesto alla Figc di potersi disputare lo scudetto con uno spareggio. Risposta: «Impossibile, non si cambiano le regole durante la stagione. In caso di perdurante parità, il vincitore sarà deciso dalla differenza reti generale». Ora lo stesso firmatario di quel diktat, il presidente della Federcalcio regionale Gianni Cadoni, si straccia le vesti per l’indignazione. «Quanto accaduto è gravissimo perché va contro la normalità del calcio. Lo sport a questo livello deve andare oltre il risultato, va vissuto in modo ludico, con rispetto, divertimento e cultura al primo posto. Già qualche settimana fa in un campionato femminile regionale c’è stato un 21-0. Anche in quel caso mi sono molto alterato. Su questa storia è necessario fare chiarezza». Pur sfuggendoci il senso profondo della «normalità del calcio» (forse un 8-8 assolve tutti tranne i portieri), riteniamo che tentare di cancellare con la coda di paglia una sonora sconfitta sia meno formativo che perdere 40-0. Senza voler vergare un bigino di pedagogia, chiederemmo una mano a due signori che sul tema hanno qualcosa da dire. «Penso che sia necessario educare le nuove generazioni al valore della sconfitta. Alla sua gestione. All’umanità che ne scaturisce. Si può fallire e ricominciare senza che il valore e la dignità ne siano intaccati» (Pier Paolo Pasolini). «Si riflette sulla sconfitta, non sulla vittoria. Si cercano i perché della sconfitta e si finisce per ritenerla inevitabile. Sulla vittoria invece semplicemente si festeggia» (Giuseppe Pontiggia).È normale che una società di parastatali nell’anima - sempre pronti a piallare ogni emozione e ogni avversità in nome dell’eterno riposo delle menti - si scandalizzi per un 40-0 e pretenda di cancellarlo dalla storia (Cancel culture, cominci con le statue e finisci con gli autogol di Comunardo Niccolai). Ma è doveroso prendere le distanze dello sdegno color pastello che va contro le più banali leggi dello sport, qualcosa che i ragazzini interiorizzano all’oratorio. Se una batosta non ha ragion d’essere perché crea traumi psicologici, in Italia dopo il 53-10 incassato dalla Scozia e il 62-10 dall’Irlanda nessuno dovrebbe più giocare a rugby. Dice, ma i professionisti vivono su un altro pianeta. Chi si appiattisce sulla filosofia dello 0-0 da adolescente, ai mondiali non ci va né oggi né domani. In attesa di eventuali risultati dell’inchiesta la storia sembra semplice. Il Fanum era molto più forte, la Caletta le aveva perse tutte. Il Fanum doveva segnarne almeno 35 per vincere il campionato e li ha segnati. Ma nessuno di quei ragazzini ha esultato. Alla fine hanno chiesto scusa per la regola folle che li ha costretti alla mattanza. E hanno mangiato tutti insieme una pizza.