2020-05-08
È meglio che il Guardasigilli torni a fare il dj
La Procura di Roma ha aperto un'indagine sulla faccenda dei boss scarcerati con la scusa dell'epidemia di coronavirus. I pm vogliono capire se tra le rivolte scoppiate nelle prigioni italiane all'inizio dell'emergenza e la decisione di liberare alcune personcine per bene al 41 bis, tra le quali un tizio che ha partecipato allo scioglimento nell'acido del figlio dodicenne di un pentito, ci sia una correlazione. Ricordate? All'inizio di marzo, quando il governo decise di rinchiudere in casa gli italiani, i detenuti di una mezza dozzina di penitenziari si ribellarono, bruciando ogni cosa trovata dietro le sbarre, sfondando [...][...] le porte delle celle e svaligiando anche le infermerie. Ci furono dei morti, quasi tutti per overdose, perché dopo essersi iniettati o aver fumato i farmaci rubati, alcuni dei rivoltosi ci restarono secchi. Le devastazioni durarono un paio di giorni, giusto il tempo di salire sul tetto e di fare un po' di rumore, con i parenti sotto a chiedere una scarcerazione a furor di popolo per evitare il contagio in cella. La sceneggiata ebbe però come risultato la promessa di un dietro front sulle disposizioni carcerarie. Niente blocco delle visite dei familiari, niente stop ai volontari che portano conforto dietro le sbarre, ma soprattutto la disponibilità ad allentare un po' il regime di carcere duro, quello a cui sono soggetti i criminali più pericolosi, vale a dire terroristi e mafiosi, i quali, a differenza dei detenuti comuni, sono in isolamento e hanno una serie di divieti. In effetti, una volta rientrata la rivolta e tornato in cella, un certo numero di delinquenti ha ottenuto il beneficio degli arresti domiciliari. Sulla base di una circolare del direttore del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria Francesco Basentini, il magistrato che il ministro Alfonso Bonafede ha messo alla guida delle prigioni italiane, sono state infatti disposte dai giudici di sorveglianza una serie di scarcerazioni. Per ora (ma la lista rischia di allungarsi) fanno poco meno di 400 persone, tra i quali boss al 41 bis, dunque pericolosi, e narcotrafficanti. Tutti a casa, anche se condannati per reati gravissimi. Tutti ai domiciliari per Covid con meno vincoli di quelli imposti a un povero cristo messo in quarantena perché tornato da fuori regione. Sì, ai boss è stata garantita la libertà e anche l'ora d'aria, mentre agli incensurati no. Ma questo è il meno.Perché il sospetto della Procura di Roma è che quelle rivolte in carcere e anche le proteste dei famigliari fuori dai penitenziari fossero organizzate e non una reazione spontanea. Le devastazioni delle celle, i materassi dati alle fiamme, le contestazioni dei parenti, sarebbero state parte di un disegno finalizzato a ottenere proprio la scarcerazione di decine di malavitosi e lo Stato, accogliendo le richieste di alleggerire il rigore in cella, avrebbe assecondato il disegno criminale. Insomma, i capi mafia avrebbero fatto incendiare le celle per tornare liberi e avrebbero raggiunto il loro scopo. Ma come è noto, anche perché noi ne abbiamo fatto addirittura dei titoli di prima pagina de La Verità, la libertà concessa a pericolosi criminali non è passata inosservata e lo scandalo di centinaia di mafiosi rimessi fuori nonostante le pesanti condanne ha travolto il direttore del Dap, cioè l'uomo scelto dal ministro Bonafede, l'ex dj di Mazara del Vallo assurto grazie ai 5 stelle al vertice della Giustizia. E qui, a proposito del capo delle prigioni italiane, si apre un altro e ancor più inquietante capitolo. Giorni fa Nino Di Matteo, il pm della trattativa Stato-mafia, ha rivelato che il Guardasigilli gli offrì di guidare i penitenziari italiani, ma dopo 48 ore cambiò idea. Guarda caso, dice il procuratore antimafia, in quei giorni fu registrata una conversazione in carcere in cui alcuni boss si rivelavano preoccupati per la sua nomina al Dipartimento delle carceri. Ovviamente nessuno, quindi nemmeno noi, ha la certezza che la nomina di Di Matteo sia saltata su pressione dei capi mafia; di certo c'è però che la toga siciliana invisa alle cosche quel posto non l'ha ottenuto e al suo posto è stato scelto Basentini. Bonafede ha provato a spiegare perché si rimangiò l'offerta fatta a Di Matteo, ma nessuno è riuscito a capirne le ragioni. Soprattutto, nessuno ha ancora compreso se Francesco Basentini, cioè colui che ha firmato la circolare libera tutti, una volta dimessosi dal Dap sia finito fra i consulenti di Giuseppe Conte, come alcuni siti riportano. Il presidente del Consiglio ha forse bisogno di rimpolpare le sue numerose task force? In attesa di risposta una cosa è certa: tra rivolte, nomine mancate, boss tornati liberi e altri che lo saranno presto perché la circolare è ancora in vigore e il decreto che cancella le scarcerazioni non c'è, Bonafede dovrebbe fare le valigie e tornare a fare l'avvocato delle cause perse. Da quel che abbiamo capito dopo averlo visto al lavoro, gli riuscirebbe meglio.