Persino chi accusava i critici di strizzare l'occhio ai no vax si sta rendendo conto che l'inaudito provvedimento del governo porta a sbattere e bisogna trovare una soluzione prima che sia troppo tardi. Come? «Tamponi gratis per tutti». Non è detto che basti. Portuali e camionisti non cedono: «Ritirate subito il green pass o blocchiamo il Paese».
Persino chi accusava i critici di strizzare l'occhio ai no vax si sta rendendo conto che l'inaudito provvedimento del governo porta a sbattere e bisogna trovare una soluzione prima che sia troppo tardi. Come? «Tamponi gratis per tutti». Non è detto che basti. Portuali e camionisti non cedono: «Ritirate subito il green pass o blocchiamo il Paese». Anche intelligentoni del calibro di Giuliano Ferrara e Claudio Cerasa, all'improvviso, si sono accorti che l'obbligo del green pass è una boiata pazzesca. Parimenti, i medesimi intelligentoni si sono resi conto che trasformare in fascisti tutti i renitenti al vaccino è una porcata inaudita, oltre che un'operazione con qualche conseguenza politica. Dunque, ieri, dalle pagine del Foglio, in coppia come due bravi corazzieri del Quirinale, o se preferite come due agenti in servizio effettivo a Palazzo Chigi, si sono esibiti in un invito alla pacificazione nazionale. Il primo, cioè il fondatore del giornale, da suddito disciplinato (la definizione è sua, non nostra) si è messo a riflettere sul paradosso di una libertà di scelta che ti mette davanti all'alternativa di non vaccinarti, e di conseguenza di perdere il lavoro insieme con lo stipendio, oppure di sottoporsi a tamponi a catena. «Una cosa spessa», l'ha definita. «Un portato delle cose in certo senso e in altro una soluzione dubbia e isolatamente italiana». Dunque? «Andiamoci piano e finiamola lì, nel senso di un comportamento flessibile che elimini il disdicevole aut aut: o vaccino o lavoro & stipendio». Conclusione: «Sarà un bel giorno quando tutti gli zelatori indefessi, che chiedono punizioni esemplari per centinaia di migliaia o milioni di lavoratori fermi alle porte della ditta privata o pubblica decideranno di prendersi un momento di respiro e chiuderanno la boccuccia rosa». Anche se sono passate solo poche settimane, sembrano lontani i tempi in cui i no vax erano definiti in maniera sprezzante «una minoranza chiassosa e furibonda di antagonisti che rifiutano la scienza e rigettano le tecnologie mediche», così come pare dimenticato il periodo in cui chiunque esprimesse perplessità era liquidato come un arruffapopoli. Archiviate anche le stilettate dell'altro corazziere, il direttore ereditario, il quale, se un mese fa accusava chi criticava il green pass di strizzare l'occhio ai no vax, spiegando come i non vaccinati non potessero avere la libertà di infettare quelli che il siero lo avevano ricevuto, adesso ritiene che sarebbe sbagliato iscrivere a Forza nuova chiunque non abbia offerto il braccio alla Patria. Dunque? «Avere scelto la linea intransigente sul green pass», scrive Cerasa, «anche se non ha portato all'accelerazione finale che il governo sperava, è stata una scelta molto saggia che ha contribuito a rendere l'Italia uno dei Paesi più vaccinati d'Europa e uno dei Paesi più all'avanguardia nel contenimento della pandemia. Ma scegliere di trattare il partito dei no green pass come se fosse una semplice costola di Forza nuova sarebbe un modo molto pericoloso di affrontare i mesi che verranno». Conclusione: arretriamo sul green pass? No, ovviamente: non sia mai che si riconoscano gli errori. «Però bisogna costruire una pacificazione». Ah, sì e come? «Mettendo le aziende in condizione di pagare i tamponi a coloro che non si sono vaccinati». Insomma, il metodo Lamorgese, quella che pur sapendo che si sta per commettere un reato e si stanno per violare le circolari di ordine pubblico, non lo impedisce per «motivi di ordine pubblico», cioè una che non arresta i ladri perché c'è pericolo che reagiscano. Comunque, tra i convertiti sulla via di Damasco, anzi del green pass e delle altre disposizioni di Speranza e compagni, non c'è solo la coppia Ferrara & Cerasa. Un'inversione a U si registra anche dalle parti del Trombettiere della Sera, che dopo aver spiegato per la millesima volta che contro il Covid non esistono cure e chi dice il contrario è in malafede, ieri ha pubblicato un articolo online in cui si rivela l'esistenza di un protocollo dell'Istituto Mario Negri (cioè non dell'antennista di fiducia) che consente, con le cure domiciliari, di abbattere i ricoveri in ospedale e, di conseguenza, i costi. Riporto senza aggiungere una virgola: «Partendo da farmaci comuni come l'Aulin (nimesulide), sono state definite in un algoritmo delle linee guida, che sono state messe in pratica da otto medici di famiglia tra le Ats o Asl di Bergamo, Varese e Teramo per le cure domiciliari di 108 pazienti. Risultato: uno solo ha avuto necessità di ricovero in ospedale». Gli studiosi hanno anche messo a confronto il percorso clinico di altri malati di Covid, casi «perfettamente analoghi e comparabili per età, sesso, patologie pre esistenti e iniziale sviluppo dei sintomi». Risultato: 12 sono finiti in ospedale. Non solo, il paziente curato con il protocollo Mario Negri è stato ricoverato per 19 giorni, con un costo per la collettività di circa 9.000 euro, mentre i costi complessivi degli altri, cioè di quelli trattati con tachipirina e vigile attesa, hanno pesato per oltre 60.000 euro. Conclusione: «Nella lotta alla pandemia, le cure domiciliari sono un aspetto decisivo». Una terapia che non prevedeva paracetamolo e vigile attesa, ossia il protocollo Speranza, ha dunque evitato il peggio. Lo studio è così dirompente, perché smentisce una tale montagna di balle, che ieri, dopo essere apparso in home page sul sito del Corriere è stato subito rimosso e declassato alle pagine interne, scomparendo tra migliaia di altre notizie. Eh, sì, perché agli intelligentoni e ai giornaloni costa molto ammettere che la ragione sta dalla parte di chi secondo loro ha torto.
Sullo sfondo Palazzo Marino a Milano (iStock). Nei due riquadri gli slogan dell’associazione Mica Macho
Bufera sul «Tavolo permanente» dedicato alla correzione degli uomini, annunciato dal Consiglio comunale. Critica Forza Italia: «Impostazione woke». Mentre i dati dicono che queste attività sono inutili. E resta il mistero sui fondi impiegati da Palazzo Marino.
A Milano il nuovo Tavolo permanente sulla «rieducazione maschile», annunciato dal Consiglio comunale, si apre tra polemiche e dubbi sulla sua reale utilità. Le critiche del centrodestra sono arrivate subito, mentre le ricerche internazionali mostrano da anni risultati incerti sui percorsi rivolti agli uomini.
Nel primo pomeriggio sul sito del «Corriere» esce la notizia che Caltagirone, il numero uno di Delfin e l’ad del Monte sono indagati per aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza per l’Opa su Mediobanca. Scattano forti vendite in Borsa. Uno sgambetto anche al Tesoro.
In Italia c’è sempre un istante preciso in cui la giustizia decide di scendere in campo con un provvedimento a orologeria. Non è mai un caso, mai un incidente: è una coreografia. E così, nel giorno in cui Mps perde il 4,56%, Mediobanca scivola di un altro -1,9%, e il mercato si chiede cosa stia succedendo, arriva il colpo di teatro: la Procura di Milano notifica avvisi di garanzia a Borsa aperta, come se si trattasse di un profit warning. Tempismo chirurgico. L’effetto è devastante: Mps affonda a 8,330 euro, Mediobanca scivola a 16,750. E tutto perché la notizia - trapelata prima da Corriere.it e poi confermata da un comunicato di Rocca Salimbeni - corre come una scintilla tra gli operatori: Francesco Gaetano Caltagirone, Francesco Milleri e il ceo Luigi Lovaglio sono indagati nell’inchiesta sulla scalata che ha portato l’istituto senese a conquistare l’86,3% di Mediobanca.
2025-11-28
Stefano Boni: «Le nostre società “libere” abusano di psicofarmaci ma vietano la vita rurale»
L’antropologo riflette sul caso abruzzese della famiglia con casa nel bosco: «Paradossale condannare un modello che fa riscoprire fatica e spiritualità».
Stefano Boni è un antropologo dell’università di Modena e Reggio Emilia che da tempo si dedica a osservare le conseguenze della tendenza occidentale alla rimozione della fatica e del rapporto con la natura. Ne scrisse un bellissimo saggio intitolato Homo comfort (Eleuthera) e di certo il tema torna oggi di attualità con la vicenda dei bambini tolti ai genitori a Chieti.
Professore, il caso della cosiddetta «famiglia nel bosco» ha coinvolto molto gli italiani. Tanti hanno preso le parti dei genitori, ma sembra che per il tribunale e pure per vari commentatori non sia ammissibile compiere quella scelta di vita.
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Ancora oggi non sappiamo con precisione quanti bambini siano stati allontanati da casa né dove si trovino. Il ddl proposto da Nordio e Roccella non demonizza la magistratura ma garantisce trasparenza al sistema.
Il timore è che la storia della famiglia nel bosco finisca come sono finite tutte le analoghe vicende precedenti. Ogni volta che l’opinione pubblica viene a conoscenza di un caso piuttosto clamoroso di sottrazione di bambini o di allontanamento dalla famiglia si scatena un gran vespaio, se ne parla per un po’ sui giornali e nei talk show, interviene la politica, poi il baccano cala e serenamente ci si dimentica di tutti i problemi emersi.




