2020-12-18
E l’Oms indottrina i suoi funzionari. «Niente critiche al governo di Roma»
Hans Kluge (Serhat Cagdas/Anadolu Agency via Getty Images)
Vademecum interno riservato spiega come insabbiare le questioni scomode: il report sull'Italia contiene «inesattezze fattuali» da togliere «per evitare» imbarazzi all'esecutivo «che ha reagito con sforzi enormi».Se non eravamo attrezzati per fronteggiare il Covid la colpa non è solo dei dirigenti, ma pure dei ministri.Lo speciale contiene due articoli.Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore dell'Oms, a gennaio 2020 ringraziava il governo cinese per la sua «trasparenza» sul coronavirus. Ecco, se il modello è la Repubblica popolare, non stupisce poi tanto l'atteggiamento adottato dall'Organizzazione mondiale della sanità riguardo al report sulla gestione italiana della pandemia poi censurato. Sulla questione, tutti tengono le bocche cucite o, peggio, quando parlano raccontano bugie. Ranieri Guerra, accusato di essere il mandante della censura, da giorni fornisce ricostruzioni ogni volta differenti. A un certo punto sembrava che l'Oms fosse in procinto di silurarlo, ma è ancora al suo posto. Di più: sembra l'Oms si sia in qualche modo appiattita sulla sua linea, arrivando a fornire ai giornalisti risposte preconfezionate sul piano pandemico. Su Health policy watch, Elaine Ruth Fletcher e Nicoletta Dentico hanno rivelato che l'Oms ha distribuito al suo staff delle linee guida per schivare le domande scomode dei cronisti sulla vicenda. Il documento, marcato in rosso con la dicitura «Internal - do not share» («Interno - non condividere»), s'intitola, appunto, Reactive Q&A in case of media questions (Domande e risposte reattive in caso di quesiti da parte dei media). In sostanza è una velina a cui tutti i dipendenti si devono attenere quando parlano con i media. La direttiva di partenza punta a sminuire la qualità della relazione sull'Italia curata da Francesco Zambon: l'Oms sostiene di averla ritirata dopo aver «trovato alcune inesattezze fattuali legate alla cronologia della pandemia - e poiché i dati non sono stati accuratamente verificati». Insomma, nessuna pressione da parte di Guerra, nessun tentativo di risparmiare al ministro Roberto Speranza e al governo italiano un grande imbarazzo. Come abbiamo scritto, tuttavia, i famosi «errori» resta ancora da chiarire quali siano, tanto più che la catena di controllo interna dell'Oms aveva approvato il report di Zambon prima di pubblicarlo. Il manualetto dell'insabbiamento prosegue esaminando una questione spinosa: l'Oms ha in qualche modo «coperto» il governo italiano? Ai membri dello staff dell'organizzazione viene detto di negare tutto e di rispondere così: «L'Oms intraprende regolarmente franche e dirette comunicazioni con i governi», senza «paura di rappresaglie o aspettative di favori». Eppure, in un'email a Zambon, Hans Kluge, direttore della sezione europea dell'Oms, sembra proprio brandire le sovvenzioni concesse all'organizzazione dal nostro Paese, per convincere il ricercatore a edulcorare il documento: «Ora», scriveva Kluge, «abbiamo bisogno che il ministero della Salute sia soddisfatto e di firmare per Venezia», rinnovando così l'accordo per la sede della città lagunare, dove lavora Zambon. Ma anche sulle mail sospette, l'Oms offre al suo staff una via di fuga: «Quei messaggi si riferiscono all'opportunità di evitare critiche superflue all'Italia, nel periodo più complicato di risposta (al virus, ndr)». Dunque, niente occultamenti: i misericordiosi Guerra e Kluge volevano solo che non s'infierisse sul nostro martoriato Paese.L'Oms insiste anche sull'immunità diplomatica di cui godono sia Zambon sia Guerra, i quali, pertanto, non potrebbero parlare davanti ai pm di Bergamo. In realtà, entrambi sono stati in Procura. Guerra «a titolo personale» (dice lui). Zambon si è presentato martedì nonostante i suoi capi si fossero sempre opposti. Bisognerà vedere se, per questo, il ricercatore andrà incontro a qualche sanzione da parte dei suoi datori di lavoro. Sulla questione Procura, non solo l'Oms non fornisce spiegazioni, ma prova a ribaltare la frittata. E lamenta di aver «chiesto informazioni al procuratore e al ministero degli Esteri italiano», di essersi «offerta di replicare per iscritto a domande tecniche», ma di non aver ricevuto «alcuna risposta». Ma torniamo al vademecum. Alla domanda: «Ranieri Guerra ha censurato il report?», l'Oms suggerisce di rispondere che quella di ritirare la relazione è stata «una decisione interna, presa a livello dell'Ufficio regionale (europeo, ndr)». Palla in tribuna anche sul piano pandemico, mai aggiornato dal ministero: «La sfida del Covid-19 non aveva precedenti, l'Italia è stata il primo Paese europeo a essere duramente colpito», è il commento precotto fornito dall'Oms. Che arriva addirittura a correggere il report di Zambon. In quel testo, infatti, la risposta iniziale dell'Italia alla pandemia veniva definita «caotica e creativa». Nel vademecum, invece, viene definita «particolarmente complessa». E si precisa che il giudizio di Zambon e soci «non rende giustizia agli enormi sforzi del governo e delle Regioni». Che le risposte preconfezionate siano in effetti utilizzate possiamo confermarlo poiché ne abbiamo ricevuta una anche noi. Avevamo chiesto se il Kuwait, finanziatore della ricerca di Zambon, fosse irritato dalla censura del report. Ci è stato detto - come indicato dal breviario a uso interno - che quei fondi erano stati stornati su altri progetti dell'Oms Europa. Ma basta andare sulla pagina dei ringraziamenti del report per leggere che esso «non sarebbe stato possibile» senza il denaro del Kuwait. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/e-loms-indottrina-i-suoi-funzionari-niente-critiche-al-governo-di-roma-2649533745.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="senza-misure-preventive-si-va-allo-sbaraglio" data-post-id="2649533745" data-published-at="1608236638" data-use-pagination="False"> Senza misure preventive si va allo sbaraglio La mancanza di un piano pandemico è stata alla base dell'impreparazione, del disorientamento, della confusione con cui l'Italia ha risposto all'epidemia da Covid-19 nel febbraio 2020 e rimane una delle principali cause dell'elevata mortalità che il nostro Paese ha registrato. Ma perché l'Italia avrebbe dovuto avere un piano pandemico? Perché l'Oms nei primi anni del 2000 aveva richiamato gli Stati sulla necessità di organizzare un piano di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale che, secondo gli esperti, sarebbe sicuramente avvenuta. Pandemia influenzale è completamente altra cosa rispetto a influenza stagionale, differenza - a quanto pare - non conosciuta dal nostro ministro, Roberto Speranza, stando almeno alle risposte date a Bruno Vespa nell'intervista a Porta a Porta. Le pandemie influenzali, la più grave delle quali è stata senza dubbio la Spagnola del 1918-19, sono dovute a virus influenzali del tutto nuovi rispetto ai ceppi circolanti dell'influenza stagionale, i quali mutano ogni anno, ma di poco (antigenic drift), però richiedono comunque la preparazione ogni anno di nuovi vaccini per prevenire l'infezione. Ogni tanto si selezionano in natura virus influenzali dovuti al riassortimento, al rimescolamento tra virus animali (aviari o suini) e virus influenzali umani che fanno emergere virus influenzali con caratteristiche antigeniche del tutto nuove (antigenic shift), contro i quali non esiste alcuna immunità nella popolazione e che sono capaci dunque di provocare un'elevata morbilità e mortalità. Predisporre un piano pandemico significa attrezzarsi per un evento catastrofico, per una malattia contagiosa nuova capace di fare milioni di malati e migliaia di vittime. L'Oms temette per un certo periodo che l'influenza aviaria da H5N1 - che fece centinaia di vittime in Cina, Indonesia, in altri Paesi asiatici e anche in Egitto e che aveva un elevato tasso di mortalità (introno al 70%) - potesse divenire pandemica, ma fortunatamente quel terribile virus non acquisì la capacità di trasmettersi da uomo ad uomo e i casi mortali si dovettero solo allo stretto contatto tra uomo e pollame. L'epidemia di Sars nel 2004-2005, dovuta a un coronavirus, fu un altro forte stimolo per richiamare gli Stati a predisporre un piano di preparazione e risposta ad eventi pandemici. Predisporre un piano pandemico significa fare scorte di dispositivi di protezione individuale, di letti aggiuntivi nelle terapie intensive, significa formare il personale sanitario nel campo dell'infettivologia e della sanità internazionale. Significa sapere chi fa cosa e come si devono distribuire i compiti tra le istituzioni per fronteggiare la pandemia. Se, come sembra, nessun piano pandemico è stato preparato dall'Italia e se l'ultimo risale al 2006, probabilmente a risponderne dovrebbero essere non solo i direttori generali alla prevenzione del ministero della Salute, ma i ministri della Salute che si sono succeduti dal 2006 ad oggi.
Giancarlo Giorgetti (imagoeconomica)